Mika Aaltonen

Mika Aaltonen, dalla Serie A all'università: il calciatore diventato professore

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Quante volte, soprattutto negli ultimi anni, abbiamo sentito definire “Maestro” o “Professore” questo o quell’allenatore o calciatore: a volte in maniera azzeccata (chi si sogna di discutere il soprannome di Maestro per l’Andrea Pirlo giocatore?), in altri casi con una retorica e una deferenza degne di miglior causa. Non avrà fatto la storia del calcio – anzi – ma Mika Aaltonen una volta chiusa la carriera è diventato professore per davvero, e ad altissimi livelli.

Una storia che merita di essere raccontata partendo dalla stagione 1987/88. AI tempi il calcio finlandese era puramente dilettantistico, ben lontano dai guizzi della vicina Svezia, che con Malmoe e soprattutto IFK Goteborg riuscì a costruirsi nei primi anni’80 una solida reputazione internazionale. Per le italiane, essere sorteggiate contro una finlandese significava passaggio del turno garantito: tutt’al più qualche ansia poteva arrivare dal clima freddo che si sarebbe trovato in trasferta, ma suvvia! L’Italia è il Paese del campionato più bello del mondo, non sarà certo l’inverno finlandese a spostare così tanto gli equilibri.

Anche perché spesso la UEFA imponeva alle squadre finlandesi di giocare le gare in casa… all’estero, in caso di condizioni meteo proibitive. Per questo l’Haka Valkeakoski “ospitò” la Juventus a Strasburgo (dove non è che facesse proprio caldo) nei quarti di Coppa delle Coppe 1983/84. Ancora più surreale la soluzione che scelse il Rovaniemi, incredibilmente spintosi fino ai quarti di Coppa delle Coppe 1987/88 e sorteggiato contro l’Olympique Marsiglia. Ebbene, la squadra della città di Babbo Natale decise di giocare la gara in casa… a Lecce, a oltre 4000 km di distanza: probabilmente il “campo neutro” più lontano della storia del calcio europeo.

Sempre in quella stagione, relativamente “di grazia” per il calcio finlandese, gli austriaci dell’Admira Wacker erano stati clamorosamente eliminati al primo turno di Coppa UEFA dal Turun Palloseura. Breve spiegazione del nome: “Palloseura” vuol dire più o meno “Il club dei giochi con la palla”, Turun non è altri che il genitivo di Turku, la città più antica della Finlandia, un centinaio di km a ovest di Helsinki. Anche in virtù di un nome non esattamente immediato, il giorno del sorteggio dei sedicesimi di finale in pochi capirono contro chi doveva giocare l’Inter.

Al contrario, per i finlandesi il sorteggio fu visto come una benedizione, un’occasione storica per un club che prima di eliminare gli austriaci aveva giocato 12 partite nelle coppe, perdendone 11 e vincendo solo una volta, per 1-0, contro i maltesi dello Sliema Wanderers. La TV finlandese andò ad Appiano Gentile a intervistare Trapattoni, Passarella e Altobelli, ma al di là delle dichiarazioni di facciata era evidente il retropensiero in casa Inter: per l’andata a San Siro ci porteremo il pallottoliere.

La storia si compì così il 21 ottobre 1987, in una giornata nera per le italiane in Coppa UEFA: nel pomeriggio il Milan di sacchi aveva perso 0-2 in casa (ma a Lecce) contro l’Espanyol, il Verona non era andato oltre l’1-1 a Utrecht e la Juventus aveva trovato ancora una volta indigesto l’Olimpico di Atene, perdendo 0-1 contro il Panathinaikos e una gran botta da fuori area di Saravakos. “Almeno l’Inter vincerà facile”, pensavano tutti. E invece all’11’, il numero 10 del Turun, unico coi capelli castani della squadra, prese palla dai 25 metri e con un calcio perfetto fece centro nel “sette” alle spalle di Zenga. Telecronista finlandese impazzito, San Siro incredulo, Inter traumatizzata – oltretutto il Turun aveva pure la maglia bianconera: quanto a Mika Aaltonen, beh con quel goal si assicurò a suo modo l’immortalità calcistica.

Poco importa se al ritorno al vecchio stadio Kupittaa una doppietta di Altobelli ristabilì le gerarchie, mandando avanti l’Inter: Mika Aaltonen (nota bene: si pronunciano distinte entrambe le “a”, su cui va l’accento) aveva conquistato il presidente nerazzurro Ernesto Pellegrini, che gli propose un contratto da straniero in sovrannumero, essendoci a quell’epoca il limite dei due stranieri (Passarella e Scifo). Affare fatto, figuriamoci, anche se significò per il giovane finlandese vestire il nerazzurro solo in qualche allenamento alla Pinetina. Prima un prestito positivo in Svizzera, al vicino Bellinzona, poi il salto di qualità al Bologna di Maifredi, appena tornato in Serie A.

Calcisticamente non andò esattamente come previsto, anzi: anche un allenatore spregiudicato come Maifredi intuì che quel ragazzo non aveva la cilindrata per la Serie A del tempo, regalandogli spazio più che altro in Mitropa Cup (dove peraltro segnò pure un goal al Ferencvaros) e schierandolo in campionato lo stretto necessario per muovere le statistiche: 3 presenze per un totale di 45’ minuti giocati, troppo poco per pensare a una riconferma.

Mika Aaltonen Bologna

Aaltonen la prese con filosofia, nel vero senso della parola, visto che approfittò dell’esperienza bolognese per fare il “visiting student” e frequentare l’Università locale. Ma questo è niente rispetto al percorso che gli riservò la vita una volta chiusa, senza troppi rimpianti la carriera da calciatore. Una scelta dovuta a persistenti problemi alla caviglia ma anche al fatto che, molto semplicemente, nonostante 18 presenze in Nazionale e una buona esperienza in Germania all’Hertha Berlino i suoi interessi erano diventati altri.

Tornato nella sua Turku, Mika Aaltonen completò un dottorato in economia, intraprendendo successivamente la carriera di ricercatore. Il suo profilo LinkedIN è abbastanza impressionante: tralasciando qui tutte le sue pubblicazioni (anche perché i titoli sono tutti in finlandese…), ci limitiamo a dire quello che sta facendo adesso: è CEO della Research and Analysis Corporation of Finland, è membro del comitato scientifico del National Audit Office e presidente e fondatore della AI Strategy Company, una start-up nel campo dell’intelligenza artificiale. Insomma, se c’è una persona che può diventare il primo premio Nobel per l’economia ad aver segnato a San Siro, quello è Mika Aaltonen…

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