
Due anni e 63 presenze gli sono bastati per scrivere il suo nome nella storia bianconera. Michele Padovano, torinese di nascita e tifoso granata, è stato uno dei protagonisti nell’ultimo trionfo della Juventus in Champions League realizzando il terzo dei cinque rigori al termine della finale contro l’Ajax giocata all’Olimpico di Roma. Ma non solo. Un suo goal aveva permesso alla squadra allenata da Marcello Lippi di eliminare il Real Madrid ai quarti di finale ribaltando la sconfitta subita all’andata. Il tutto senza essere un titolare inamovibile, dato che davanti a lui c’erano campioni del calibro di Vialli e Ravanelli oltre a un giovane Alex Del Piero.
Attaccante completo, forte fisicamente, veloce e dal sinistro potente che spesso non lascia scampo ai portieri avversari. Nonostante non fosse altissimo Padovano era in possesso di un ottimo stacco di testa, oltre ad essere bravo in acrobazia e quasi infallibile dal dischetto come ricordano bene i tifosi bianconeri. Deve il suo soprannome, Harley Davidson, alla grande passione per le moto.
Padovano arriva alla Juventus nell’estate del 1995 dopo un paio di stagioni più che buone con la Reggiana. In carriera, tra le altre, ha vestito anche le maglie di Napoli e Genoa mentre non è mai riuscito a coronare il sogno di indossare quella del 'suo' Torino, come raccontato a 'Tuttosport'.
"Ci sono andato vicino. Quando giocavo nel Napoli e sapevo che sarei andato via mi presentai negli uffici prima di Borsano e poi di Goveani dicendo: “Sono tifoso granata, mi fate giocare nel Toro?”. Mi dissero “Sì, grande!”. In realtà non chiamarono mai nè il mio procuratore Beppe Bonetto nè il sottoscritto. Andai così al Genoa e il destino volle che sfidando il Toro feci gol, tra l’altro mi capitò spesso anche in seguito con altre maglie".
Nonostante la sfegatata passione granata dire no alla chiamata della Juventus è impossibile. L’occasione di una vita che Padovano non vuole farsi sfuggire, come spiegato da lui stesso durante la conferenza di presentazione.
“Sono felicissimo di essere qui, è ovvio. Questa è la più grossa occasione della mia carriera e spero di riuscire a sfruttarla al meglio. Il mio primo traguardo è quello di farmi trovare pronto, quando Lippi avrà bisogno di me; so di avere davanti attaccanti fortissimi e che hanno disputato una stagione eccezionale ed è giusto che partano titolari. Starà a me riuscire a farmi valere ed apprezzare, quando sarò chiamato in causa. Questa situazione non mi penalizza, anzi mi fornisce una motivazione in più, da aggiungere alle tante legate al semplice fatto di giocare nella Juventus”.
L’esordio in Champions è da sogno. Padovano, che gioca al posto degli squalificati Vialli a Ravanelli, firma il momentaneo 1-1 di testa contro il Borussia Dortmund prima che Del Piero e Antonio Conte completino la rimonta bianconera. Una bella soddisfazione condita anche dalla prima battuta dell’Avvocato Agnelli a lui dedicata.
“Quando tornammo dalla trasferta Champions di Dortmund, alla ripresa degli allenamenti venne a complimentarsi con noi, come spesso accadeva, l’Avvocato. Si avvicinò a me e disse: “Caro Padovano, se ci fossi stato io in porta quel goal non l’avresti fatto”. Beh, all’Avvocato tutto era permesso. Lui sì che era carismatico. Il più carismatico che abbia mai conosciuto”.
Se in campionato le cose non si mettono per il meglio, in Champions quell’anno la Juventus è praticamente inarrestabile almeno fino alla trasferta di Madrid quando i bianconeri vengono sconfitti 1-0 al ‘Bernabeu’ nell’andata dei quarti di finale. Poco male perché, come detto, Padovano (schierato al posto di Ravanelli) diventerà l’eroe capace di guidare la Vecchia Signora siglando il goal del 2-0 che vale la qualificazione. Il meglio però arriverà nella notte di Roma quando Padovano, stavolta subentrato a gara in corso come terzo cambio sempre al posto di Ravanelli, sigla uno dei rigori decisivi per il successo finale.
“Effettivamente non ero male a tirare i rigori. In serie A ne ho sbagliato solamente uno. Quella sera a Roma, è vero che Van der Sar intuì il mio calcio di rigore, ma io ero talmente sicuro di fare goal che non mi sono preoccupato per niente, perché in quei momenti ciò che più conta è la sicurezza che hai sul viso e a me non mancava. A livello professionale è stata sicuramente la più importante della mia carriera ma quando mi chiedono di descrivere cosa ho provato mi rendo conto che non riesco ad esprimere le mie emozioni, perché sono sensazioni troppo personali per poterle raccontare”.
Padovano, nonostante la fortissima concorrenza nel reparto offensivo, chiude la prima stagione alla Juventus con 7 goal in 30 presenze ma farà ancora meglio l'anno successivo quando dopo le cessioni di Vialli e Ravanelli di fatto diventa un titolare. Tanto da essere protagonista pure nel trionfo in Supercoppa Europea, con i bianconeri che travolgono il PSG per 6-1 in cui lui firma due dei goal di Madama. Sembra l'inizio di una lunga storia d'amore, invece l'avventura di Padovano alla Juventus viene interrotta bruscamente nel marzo 1997 quando subisce un serio infortunio in Nazionale proprio calciando un rigore durante gli allenamenti. Il ginocchio cede di schianto: è l'inizio della fine.
"Era la vigilia dei Mondiali del 1998 ed il Mister Maldini mi teneva in grande considerazione. Dai, diciamo che sono stato la fortuna di Vieri. Perché, probabilmente, se ci fossi stato anch’io avrebbe giocato meno".
Padovano rientra in tempo per la Supercoppa Italiana contro il Vicenza ad agosto ma il ginocchio fa ancora male e non gli permette di scattare come sempre, così domenica 14 settembre gioca la sua ultima partita con la maglia della Juventus che qualche giorno dopo lo cede al Crystal Palace dove imboccherà il viale del tramonto prima di una breve esperienza al Metz e del ritorno in Italia col Como in Serie C1. Travolto da uno scandalo giudiziario, a Padovano oggi resta il ricordo di un biennio d'oro che lo ha portato ad alzare al cielo quella che resta l'ultima Champions League conquistata dalla Juventus, ma anche di vincere uno Scudetto, una Supercoppa Europea e una Supercoppa Italiana. Il tutto totalizzando 18 goal in 63 presenze.
"Cosa aveva di speciale quella Juve? Il gruppo. Io ho girato tantissimo ma il gruppo che ho trovato in quella Juventus non l’ho trovato mai da nessun’altra parte. L’allenamento era alle 15:00? Beh, alle 13:30 eravamo già tutti nello spogliatoio, con una voglia incredibile di migliorarci. Quando affrontavamo le partite gli avversari perdevano già nel tunnel che portava al campo; leggevano nei nostri occhi la voglia di vincere e non ce n’era per nessuno".
Il sogno, come raccontato qualche tempo fa a 'Il Corriere della Sera', adesso resta quello di rientrare in qualche modo nel mondo del calcio. Ovvero quello che Padovano non ha mai smesso di considerare il suo mondo, nonostante qualche delusione.
"Mi manca lo spogliatoio, la complicità e la chimica che si creano con i compagni di squadra. La mia vita è racchiusa in un pallone, certe passioni sono stampate nel Dna. Rinunciare è stato difficile e vorrei avere la possibilità di riscattarmi, di riguadagnare tutto ciò che ho perso. In molti mi hanno voltato le spalle. Ho provato a rientrare: c’era chi si rifiutava di darmi un appuntamento e altri che mi facevano accomodare nei loro uffici per poi dirmi che non c’era posto. Nessuno però ha mai avuto il coraggio di dirmi in faccia perché mi tenessero a distanza. L’avessero fatto, l’avrei apprezzato. Non giudico questi comportamenti, ne prendo semplicemente atto".
