L'accesso ai gironi della Women's Champions League passa dalla gara di ritorno. Dopo l'1-1 dell'andata, Juventus e Köge si sfideranno stasera per compiere il grande balzo. In attesa del big match, GOAL ha intervistato Matilde Lundorf, difensore danese in forza alle bianconere. Una chiacchierata lunga e produttiva, arrivata a toccare vari argomenti.
Sei nata in Inghilterra. Come mai?
"I miei genitori viaggiano molto per lavoro. Per due anni hanno vissuto a Nottingham e io sono nata lì. Non ricordo quando siamo tornati in Danimarca, ero una bambina. ricordo perché ero una bambina quando sono tornati in Danimarca".
La FA inglese ti ha mai proposto di giocare con l'Inghilterra?
"No, ma molti dei miei amici mi dicono: 'Perché non giochi per l'Inghilterra?' Ma non funziona così!".
Come hai iniziato a giocare a calcio?
"Ho un fratello maggiore che ha giocato: l'ho sempre ammirato, abbiamo sempre giocato insieme. Abbiamo un legame stretto. Mi sono innamorata di questo sport fin dall'inizio".
Quanto è più grande di te?
"Ha tre anni più di me".
Adesso sei più brava di lui?
"In realtà me l'ha detto lui... Il giorno in cui ho firmato per la Juventus, mi ha chiamato e mi ha fatto le congratulazioni. E poi mi ha detto tipo: 'Mamma mia, ora la mia sorellina è più brava di me'".
Guardavi tante partite con lui quand'eri più giovane?
"Non lo so, perché lui era più grande e un ragazzo, mentre io ero una ragazzina piccola e fastidiosa. Non credo che gli piacesse stare con me tutto il tempo, ma non lo so. Io ero la sorella fastidiosa che voleva essere come lui, credo. Ma onestamente, non guardo molto calcio in tv e non una squadra da tifare. Adoro solo giocare".
Cerchi di ispirarti alle altre giocatrici per migliorarti?
"Certo. Quando guardo il calcio, guardo come funziona. Non sono come mio padre: quando lui guarda le partite, lo fa solo per divertirsi. Non lo guardo molto in tv, ma amo andare allo stadio. Quando giocavo a Brighton andavo sempre all'AMEX Stadium e qui, se ne avevo la possibilità, guardavo spesso la squadra maschile. Adoro il calcio".
Quindi non vivi di solo calcio. È una buona cosa.
"Amo il calcio, è il mio mondo, ma a volte devo pensare anche ad altro, altrimenti è troppo. Ho anche altri interessi, penso sia una buona cosa. Ci alleniamo ogni giorno e giochiamo sempre. Dobbiamo prepararci per le partite. A volte può essere troppo!".
Hai giocato per il PSG per un anno quand'eri più giovane. Sempre perché la tua famiglia lavorava all'estero?
Sì, era la stessa storia. Mio padre ha trovato un lavoro. Io ero giovane, credo avessi 15 anni, e mi ha chiesto se volessi andare con lui. Ero giovane ma allo stesso tempo credo di essere sempre stata molto avventurosa. Non dico mai davvero di no a un'opportunità. Gli ho risposto: sì, certo. Vediamo come va, proviamo. Per cui ho giocato nelle giovanili del PSG per un anno, e anche con la prima squadra: fantastico arrivarci in così giovane età. Penso che sia stato importante per me, credo che mi abbia aperto molte porte, ma anche per vedere cos'è davvero il calcio femminile. Prima giocavo in Danimarca, lì sono un po' indietro. Tutto ciò mi ha ispirato molto e mi ha dato ancora più sogni e speranze".
Deve regalare fiducia giocare da giovani per un club come il PSG.
"Sì, è davvero fantastico. Io sono una persona molto umile, per cui quando lavori per arrivare a un obiettivo e alla fine lo ottieni, è la miglior sensazione possibile".
Conosci ancora un po' di francese?
"No, ma dopo il mio anno a Parigi sono tornata in Danimarca e l'ho studiato a scuola. All'inizio ero abbastanza brava. Ma poi sono venuta in Italia e ora ho solo l'italiano nella mia testa. Conoscere troppe lingue è difficile".
Quanto ti ha aiutato a crescere quell'anno a Parigi quando sei tornata in Danimarca?
"È stato un bene per me essere andata a Parigi in giovane età, ho avuto un'esperienza diversa, tutto era nuovo. Non è stato sempre facile. Tornare a casa è stato bello tornare a casa e poi fare il passo successivo, ovvero il trasferimento a Brighton".
Quanto ti è piaciuta l'esperienza al Brighton, anche se è durata solo un anno?
"Era la prima volta che firmavo un contratto da professionista, per cui è stata una cosa enorme, fantastica. Il club è fantastico. Le ragazze sono fantastiche. La città è incredibile. Mi è veramente piaciuto. Penso che sia stato il miglior inizio della mia carriera perché conoscevo la lingua, quindi è stato bello potermi concentrare solo sul calcio. È stato un buon anno. A Parigi avevo mio padre, ma questa volta ero da sola. Per cui alla fine è stato meglio aver firmato solo per un anno".
Qual è stata la calciatrice con cui hai trovato più difficoltà in WSL?
"Ci sono diverse giocatrici forti, non lo so: ricordo Miedema, era forte, ma ce ne sono diverse".
Pensavi di rimanere più di un anno o quando è arrivata la Juventus non hai potuto dire di no?
"Andare alla Juventus è stato un dovere, onestamente: è un grande club con una grande storia, non avrei mai potuto dire di no. Avevo sentito il mio agente quest’estate perché mi aveva detto che c’erano alcuni club che mi volevano, ma all’inizio non mi aveva detto della Juventus. Poi quando lo ha fatto ho risposto ‘Aspetta, aspetta, aspetta un attimo. Fermati. Cosa?!’. È un grande club".
Cosa ti piace da difensore della Serie A rispetto al campionato inglese?
"È differente, il Brighton poi era una squadra di metà classifica, quindi difendevamo tanto e dovevo essere molto dura contro gli attaccanti. In Italia teniamo il possesso perché siamo quel club da cui si aspettano le vittorie, quindi il ruolo del difensore è diverso. Tengo palla, posso avanzare: devo anche difendere, ma non nella stessa maniera. In Inghilterra, poi, si difende con più fisico e corsa".
C’è parecchia competizione alla Juventus, come l’hai presa?
"Sì, è dura a volte non essere scelta per andare in campo, ma quando sei in un buon periodo e giochi, ti senti bene perché senti che te lo sei meritato. È una cosa buona per tutti perché in allenamento devi dare il massimo. Certo, è dura, mentalmente è dura, anche perché ho lasciato la mia famiglia e i miei amici in Danimarca. Adoro la Danimarca, ho lasciato tutto per giocare a calcio, quindi quando siedo in panchina nel weekend mi viene da pensare: ‘Oh, no’, perché ho lasciato tutto per sedermi in panchina, ma quando gioco tutto assume un senso”.
Hai dovuto adattarti mentalmente?
"Sì e dopo tre anni sto ancora imparando, ma probabilmente non lo farò mai, perché voglio giocare. Tutti lo vogliono: con il tempo però verrà più semplice. A Brighton ero con meno pazienza, adesso invece dico: ‘Ok, fa parte del viaggio’”.
Qual è la calciatrice più difficile da affrontare in allenamento?
“Penso Bonansea perché ha una buona tecnica, ma è anche molto veloce. Spesso giochiamo contro, nella stessa zona, e lottiamo”.
Sei tornata in Danimarca la scorsa settimana per giocare in Champions League: hai visto la tua famiglia e i tuoi amici?
"Sì ed è stato fantastico. Era un po’ distante, tre o quattro ore da casa mia, ma sia la mia famiglia che i miei amici sono venuti e li ho visti dopo la partita. È stato fantastico perché quando ero più giovane tutta la mia famiglia mi supportava seguendomi in ogni partita quando giocavo in Danimarca. È difficile giocare sapendo che le italiane hanno le loro famiglie qui e io non ho nessuno, quindi quando abbiamo giocato in Danimarca ero molto felice perché è stato come cinque anni fa”.
I giocatori scandinavi dicono sempre che manca loro il cibo della propria terra. Prepari cibo danese?
"No, ma il fatto è che gli italiani ordinano di solito esattamente quello che mangiano in hotel. Quindi non mi sentivo in Danimarca, perché abbiamo mangiato lo stesso cibo che mangiamo in Italia, e sfortunatamente ho dimenticato di dire a mia madre di prepararmi una torta”.
La tua famiglia è venuta in Italia a vederti giocare?
"Sì, sono venuti e mio padre verrà per il ritorno della sfida di Champions League con mia sorella. Vengono spesso anche perché l’Italia è un bel posto, Torino è meravigliosa. Per loro è sia un modo per vedermi che una vacanza".
La scorsa edizione di Champions League ha cambiato la visione della Juventus?
"L’anno scorso abbiamo fatto così bene: abbiamo creduto in noi stesse, ma penso che con lo scorso anno abbiamo capito ciò che possiamo fare. Quindi quest’anno sappiamo che possiamo farlo. Dobbiamo solo rifarlo. So che vinciamo da anni, ma non è facile. Le altre squadre si sono rinforzate con calciatrici internazionali e ogni anno si fa più difficile, ma la gente si aspetta tanto da noi. Vogliamo vincere ancora, ma dobbiamo giocare tante gare in questa stagione. Dobbiamo pensare a una gara alla volta, è il modo migliore per vincere”.
Quali sono i tuoi obiettivi personali?
"È la mia terza stagione alla Juventus, voglio diventare una giocatrice importante in questa squadra. Ho debuttato nella Nazionale danese a febbraio quindi se faccio bene adesso alla Juve sarò ancora in Nazionale. Lo spero. Resto concentrata sulla Juventus, ma quando torno in Nazionale mi sento come se tornassi a casa perché parlo danese. Amo stare qui, ma mi manca casa e giocare per il tuo Paese è una grande cosa. Quando indosso la maglia della Juventus, però, provo una sensazione importante. La Nazionale non è il mio obiettivo più grande: voglio fare bene con il mio club. Durante il mio debutto con la Danimarca in Portogallo la mia famiglia non era lì, ma so che mi hanno seguita in TV. Sono orgogliosi di me”.


