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Margiotta Italy VenezuelaGetty Images

Margiotta, l'oriundo 'al contrario' che scelse il Venezuela

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Omar Sivori è stato probabilmente il più forte, ma la lista è lunga e al suo interno vanno aggiunti anche altri campioni tra i quali Schiaffino, Ghiggia, Altafini, Angelillo, Montuori e Camoranesi. Quello dell’Italia con gli oriundi è sempre stato, e continua ancora oggi ad essere, un rapporto speciale.

Ad alcuni di loro il destino ha riservato grandi gioie in Azzurro, altri invece hanno recitato il ruolo di semplici comparse, ma quello che è certo è che si tratta di una storia nella storia, fatta di vicende spesso straordinarie ed arricchite da una quantità enorme di talento.

Sono tanti i calciatori di origine italiana più o meno lontana che nel corso dei decenni hanno dato il loro contributo in Nazionale, ma per tanti che sono arrivati a vestire la maglia con il tricolore sul petto, c’è anche chi, come Massimo Margiotta, che è stato sì oriundo, ma al contrario.

L’attaccante, che nel 2011 ha appeso gli scarpini al chiodo dopo una lunga carriera, l’Italia l’ha rappresentata, ma non è mai riuscito ad arrivare alla Nazionale maggiore. Ha giocato nell’Under 18, nell’Under 21 ed ha anche preso parte alle Olimpiadi del 2000, competizione nella quale ha totalizzato quattro presenze senza goal, ma non ha mai compiuto l’ultimo grande salto, forse anche perché ‘reo’ di aver giocato in un periodo storico nel quale i commissari tecnici azzurri in attacco potevano contare su gente come Vieri, Toni, Del Piero, Gilardino, Inzaghi, Montella, Totti, Di Natale - solo per citarne alcuni - ovvero alcuni tra giocatori dell’intero panorama calcistico europeo e mondiale.

Margiotta di goal ne ha sempre garantiti tanti, ma senza mai guadagnarsi la chiamata di una vera big. La sua è stata la carriera da ottimo ‘bomber di provincia’ ma, a differenza di altri suoi colleghi che a torto o a ragione si sono guadagnati un’etichetta simile alla sua, lui ha avuto la possibilità di vivere un grande sogno. L’ha fatto prendendo parte ad una delle competizioni più importanti al mondo, un torneo che si disputa dall’altra parte dell’oceano Atlantico: la Copa America.

Nato e cresciuto a Maracaibo, Margiotta ha scoperto in Venezuela l’amore per il calcio. Da bambino era il più alto del suo gruppo di amici e per questo è stato fin da subito posizionato in attacco. Chi per primo l’ha schierato da centravanti non poteva saperlo, ma stava in realtà facendo molto di più: stava disegnando il futuro di un ragazzo che quel posto lì, davanti a tutti, dove conta molto essere forte fisicamente, non l’avrebbe più lasciato.

Quando la sua famiglia decide di far ritorno in Italia, il piccolo Massimo, che all’epoca ha otto anni, porta con se non solo un bagaglio fatto di ricordi che anni più tardi torneranno a farsi sempre più vivi nella sua mente, ma anche quell’istinto del bomber che poi gli consentirà di fare del calcio il proprio lavoro.

La sua avventura parte da Raiano, un piccolo comune in provincia dell’Aquila, e da lì si sviluppa inizialmente proprio in Abruzzo dove trova nel Pescara il primo club importante pronto a puntare su di lui. Ha la possibilità di vedere da vicino e di imparare da altri ‘bomber di provincia’ come Artistico e Luiso, oltre che da un grande attaccante come Andrea Carnevale che, dopo anni trascorsi al fianco del più forte di tutti, Diego Armando Maradona, sceglie la società biancazzurra per chiudere la sua gloriosa carriera.

Le tappe successive parlando di tanti trasferimenti e tante maglie vestite, compresa quella dell’Udinese, con la quale debutta in Serie A nel 1999 e con la quale si toglierà anche la soddisfazione di realizzare una doppietta in Coppa UEFA contro il Bayer Leverkusen di Ballack, Ze Roberto ed Emerson.

Nel 2004 Margiotta è già un giocatore che ha alle spalle tanta Serie B, molta Serie A e anche della Serie C, quando arriva una delle chiamate più importanti della sua carriera. Il commissario tecnico del Venezuela, Richard Páez, ha infatti messo nel mirino da tempo quell’attaccante di 26 anni che a Vicenza sta vivendo un’esperienza condita di tanti goal e prestazioni importanti, al fianco di un altro bomber di razza: Stefan Schwoch.

Quella dei ‘Vinotinto’ non è propriamente una Nazionale dalla grande tradizione, ma l’occasione è di quelle importanti. E’ l’unica rappresentativa sudamericana a non aver mai vinto la Copa America, non si è mai qualificata ad un Mondiale e, come se non bastasse, deve fare i conti con una realtà quasi insolita per il Sud America: il calcio non è lo sport più popolare nel Paese. Da quelle parti amano il baseball.

A Margiotta viene tuttavia data la possibilità di sfidare alcuni tra i migliori calciatori al mondo, oltre che quello di rivestire un ruolo importante all’interno del gruppo, e la cosa val bene anche l'affrontare una delle sue più grandi fobie: volare.

“Io ho una paura tremenda di volare e per uno che soffre l’aereo come me, fare dei viaggi di otto o nove ore è stata una violenza. Non capita però tutti i giorni di poter affrontare il Brasile o l’Argentina, parliamo di partite indimenticabili per un giocatore”.

Quello che trova in Venezuela è un calcio diverso da quello al quale è abituato: non ci sono pressioni, il risultato conta il giusto e alla partita si arriva con uno stato d’animo totalmente sereno. C’è quindi la possibilità di godersi appieno l’avventura.

L’esordio in Nazionale è datato 18 febbraio 2004. Si gioca in amichevole a Caracas contro l’Australia e il goal non arriva, ma i minuti in campo sono 90’. Per fare ‘sul serio’ bisogna attendere le gare di qualificazione ai Mondiali del 2006 contro Cile e Perù, ma l’apice dell’esperienza è rappresentata dalla partecipazione alla Copa America 2004.

Il Venezuela, come da molti ampiamente previsto, si ferma già alla fase a gironi con un solo punto messo in cascina in tre partite, ma Margiotta si toglie la soddisfazione gonfiare la rete contro il Perù padrone di casa (gran destro e con il numero 10 sulle spalle), anche se il suo è il più classico dei ‘goal della bandiera’.

La sua parentesi con i ‘Vinotinto’ si chiuderà nel marzo del 2005 nella sua Maracaibo dopo 74’ giocati in un match di qualificazione ai Mondiali contro la Colombia finito 0-0. Un’intera avventura racchiusa in un solo anno, poco più di dodici mesi fatti di undici partite (tre delle quali in Copa America), due goal ed una sfida contro il Brasile di Ronaldo, Ronaldinho, Kakà ed Adriano persa 5-2.

La sua carriera si chiuderà lontano dai palcoscenici più importanti e scivolerà via tra le esperienze con Piacenza, Frosinone, ancora Vicenza e Barletta, ma nella memoria di molti resterà soprattutto quella breve parentesi internazionale vissuta tutta d’un fiato, tra i grandi del calcio mondiale.

“Per me è stato facile dire di sì al Venezuela. Sono cresciuto a Maracaibo, lì c’erano i miei familiari ed i miei amici, quella è sempre stata una seconda patria per me. Ho accettato quella proposta perché sentivo un legame forte con quella terra e vestire la maglia dei Vinotinto ha rappresentato una responsabilità enorme. Non avrei mai potuto giocare le grandi competizioni con l’Italia e quella fu un’esperienza irripetibile. Quei momenti saranno per sempre nel mio cuore”.

Margiotta è rimasto nel mondo del calcio. E’ infatti il responsabile del settore giovanile del Verona e l’esperienza maturata, anche a livello internazionale, gli serve oggi per scovare quei talenti che poi possano dare il loro contributo alla causa gialloblu.

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