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Marco Giampaolo GFXGoal

Marco Giampaolo, una vita sulle montagne russe: applausi ed esoneri

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Chiunque, con eccezioni che confermano la regola, ha dovuto andare avanti accettando la possibilità di incappare in annate negative. I più grandi condottieri, fischietto in bocca e ultrasuoni per rimproverare i propri giocatori, hanno dovuto fare i conti con stagioni da incubo, figlie di squadre ormai bollite, di presidenti difficili da reggere, di un amalgama non trovato o ritornato indietro per colpire in maniera negativa. Comunque vada, un allenatore non può essere sempre al top, anche con i più grandi campioni, le idee maggiormente rivoluzionarie, il tappeto rosso davanti a sé grazie alla bontà di dirigenti (propri) e avversari. Capita che i Ferguson, i Mourinho, i Capello, abbiano dovuto accettare questa legge pallonara. Dall'Olimpo dei manager, a quello dei mister partiti dal basso e ben considerati nel proprio paese, ma comunque sempre sull'orlo del precipizio o ad un passo dal cielo. Scendere e salire, in stile montagna russa, giostra da fiera di paese. Marco Giampaolo, emblema.

Un ventennio o quasi in panchina, per un allenatore che a più riprese è stato definito maestro. Girando la faccia del Giano bifronte, però, mister Giampaolo ha dovuto anche subire attacchi che terminano con la parola flop, nonché delusione. Perché per quante volte abbia stupito, concludendo ottime annate in provincia, il ragazzo italiano nato a Bellinzona, mentre la famiglia si trovata in terra elvetica per questioni lavorative, è incappato anche in grandi capitomboli, in piazze calde e sì, nella sua grande opportunità nel tentativo di prendere il Diavolo, mischiando inferno e paradiso.

Dopo un decennio da giocatore (centrocampista) tra serie C2 e C1, alla pari del fratello Federico, che durante la sua carriera ha avuto qualche soddisfazione in più, a 33 anni Giampaolo diventa osservatore del Pescara, cominciando a studiare tattiche e movimenti, giro palla e tocchi di prima, fino a diventare allenatore in seconda. È il 2000/2001 e la squadra abruzzese pregna di ottimi giocatori, ma a metà tra la fine della carriera e l'inizio, retrocede dalla B come ultima della classifica. A Giulianova prima e Treviso poi, Giampaolo ha modo di continuare a far evolvere le sue idee come secondo allenatore, prima dell'opportunità Ascoli, a 37 anni, nel 2004.

L'Ascoli conclude il torneo di Serie B al quarto posto, ottenendo una promozione in Serie A, da ripescata, che secondo gli addetti ai lavori è frutto di un 4-3-1-2 a rombo tutto corsa e tecnica, con una fase difensiva curata nei minimi dettagli, una regia impeccabile da Director's cut su cui nessuno può obiettare. In teoria il capo tecnico è Massimo Silva, ma dietro le quinte c'è lui, burattinaio dei marchigiani senza patentino di prima categoria. Per questo ruolo 'occulto', viene deferito alla alla Commissione Disciplinare, saltando due mesi dell'annata 2005/2006, la sua prima in Serie A. Le grandi cominciano ad osservarlo, giovane, deciso a studiare ogni particolare per vincere e convincere.

Ad avere la meglio è il Cagliari di Cellino, che negli anni ha avuto sotto la sua ala Trapattoni, Tabarez, Mazzone, Ranieri: il gotha dei tecnici. Vede in lui il futuro del calcio, ma nella sua prima piazza calda, simbolo dell'isola, Giampaolo non sfonda. Viene esonerato a dicembre, lascia il posto a Colomba, torna a febbraio, salva i rossoblù per il rotto della cuffia. E' una di quelle occasioni in cui la stagione di Giampaolo non è né bianco né nero, ma solo un grigio totale. Tutto l'opposto rispetto alla seconda annata in Sardegna, in cui, già a novembre, saluta il team isolano (mesi dopo aver ottenuto, finalmente, il patentino di prima categoria).

Cellino scuote la testa, non si dà pace, deluso. Tra Giampaolo e i giocatori del Cagliari il feeling iniziale si è logorato:

"È una decisione che sono stato costretto a prendere. La squadra aveva dato segnali di sofferenza. È una decisione più politica che tecnica, la considero una mia sconfitta personale e la soffro in maniera pesante".

Le idee di Giampaolo non sono però in discussione e Cellino ne è consapevole. Vuole provare a riunire i due amanti, feriti. Sopratutto nell'orgoglio, tanto che il sostituto Sonetti dura un mese e il presidente del Cagliari prova a richiamarlo in sella. Dai, non può andare così male. Ci rimane male, Massimo, considerando la risposta del suo allenatore, ancora sotto contratto, ma in poche ore, subito ex:

"Pur nella consapevolezza del danno economico che ne deriverà, rinuncio a tornare a Cagliari. L'orgoglio e la dignità non hanno prezzo".

Giampaolo è tecnico di gloria momentanea, nel breve periodo, senza reale continuità. Dopo una prima stagione, qualcosa si rompe, vuole provare di più, senza però arrivare al risultato sperato. Ci prova, nel corso delle annate, ma la storia si ripete. Scelto come allenatore del Siena, Giampaolo diventa idolo assoluto. Record di vittorie, dodici, record di punti (44), che portano ad una salvezza tranquilla. Non può non essere confermato: per forza. Peccato che la seconda stagione toscana riporti alla mente vecchi fantasmi sardi. Dieci gare, sette sconfitte, nuovo esonero.

Marco Giampaolo Empoli Serie AGetty

Da qui, qualcosa si rompe. Per tre volte consecutive, ottiene il benservito prima del previsto, fallendo nel chiudere la stagione a Catania e Cesena in Serie A e dunque al Brescia in Serie B. Ha ottimi giocatori sui quali contare, ma spesso non riescono a stare al suo passo al suo maniacale tatticismo della retroguardia, ai suoi movimenti rapidi, richiesti sul terreno di gioco. Trova difficoltà nel trovare la propria dimensione, scivolando nel limbo della mediocrità, di chi sar di dover essere solamente un ripiego. Riparte dal suo vecchio mondo della Serie C, alla Cremonese, si riappropria dei titoli web e cartacei, sta tornando dalle viscere, dalla caduta verticale.

Non è stato un Icaro con le ali bruciate davanti al sole, è partito dalla base della piramide per spingersi in alto, senza mai scorgersi troppo. Si è fermato, ha dovuto tornare in basso, riprendersi, ripartire. Dalla A alla B, dalla B alla C. Quello che serve per riordinare le idee. L'Empoli si accorge di lui, si accorge dell'Empoli. È amore a prima vista:

“Per me è una grande opportunità essere qui: arrivo in una società che fa ancora calcio, in un momento dove sono sempre meno coloro che lo fanno. Empoli è una di queste realtà è il campionato dell´anno scorso lo ha dimostrato. Ho avuto una buona accoglienza e ho notato fin da subito una grande umiltà e soprattutto che al centro del progetto Empoli ho visto subito che c´è il lavoro. E noi non dobbiamo far altro che proseguire su questa strada.

La chiamata dell’Empoli mi ha riempito di soddisfazione: ho avuto questa nuova opportunità e arrivo con tantissime motivazioni. In carriera ho sempre voluto trovare le giuste condizioni di lavoro e questa società si caratterizza per questo: in questa piazza, come detto, la filosofia è quella del lavoro e per me non poteva esserci occasione migliore”.

Il Giampaolo pensiero sta tutto nelle poche frasi di presentazione all'Empoli. Vuole un bel calcio, vuole che la società si impegni nel lasciare libero il proprio tecnico. Con le giuste condizioni, può dire la sua, rimanere aggrappato alla panchina, alla Serie A, evitando di rischiare una giornata sì e l'altra pure la retrocessione. Chiude il campionato al decimo posto e per la prima volta in carriera, dopo un'ottima annata lascia. Decide di accettare la Sampdoria, una rivoluzione da rivoluzionario: non vuole rischiare di vivere ancora una volta una minestra riscaldata, preferisce un nuovo piatto.

Stellato, glorioso: alla Sampdoria non va per niente male, chiude nuovamente nella parte sinistra della classifica e si guadagna una conferma che stavolta sì, vuole accettare. Ha allontanato lo spettro delle conferme mal riuscite e in un triennio blucerchiato non fallisce mai l'appuntamento con la parte mancina della classifica: decimo-decimo-nono. Colpisce al fianco le grandi, batte Atalanta e Juventus, abbatte Napoli e Milan. Piazza con Scudetto, Cagliari. Piazza con Scudetto, Sampdoria. Piazza oltre il mito, Milan.

Marco Giampaolo MilanGetty

Nell'estate 2019, nel calderone dei nomi per il Milan spunta anche lui. E' una società meneghina priva di campioni, con sogni appesi all'albero maestro di una nave che più che andare alla deriva è incagliata. Viene scelto per qualificarsi alla Champions, giocando al calcio con passione, divertimento:

"Sono felicissimo e motivatissimo di essere qui, di allenare il Milan. Penso che attraverso lavoro, ricerca, sacrificio io me la sia meritata, ora devo meritarmela sul campo. Sono contento e motivato di raccogliere questa sfida. Penso di esserci arrivato anche all’età giusta. Cinque anni fa per ripartire sono partito dalla Serie C, una scelta che poteva chiudere la mia carriera professionistica da allenatore. Ho accettato, ho avuto la follia di ripartire da lì, ero risentito e volevo tornare in Serie A partendo dalla categoria più bassa. Cinque anni dopo la chiamata di Paolo Maldini mi ha reso un uomo felice. Sono pronto a raccogliere questa sfida".

Risultato attraverso il gioco? Qualcosa che in tale epoca, però, il Diavolo no può permettersi. Deve vincere, non convincere. Giampaolo non riesce però ad andare oltre l'estetica, orgoglioso, convinto solamente di essere figlio di un calcio da mani stropicciate, da gioia guardioliana, da nemico del catenaccio.

Morale nera della favola? Quattro sconfitte nelle prime sette giornate e tanti saluti. Impossibile confermarlo, il Milan è già anni luce lontano dalle posizioni di testa. Non mangia il panettone, ancora una volta. Ha perso la sua grande opportunità, almeno all'epoca, ma viene comunque chiamato, qualche mese dopo, da un'altra piazza pluriscudettata, quella del Torino. Stavolta mangia tutti i dolci natalizi, cerca di farcene stare quanti più possibili per evitare di sentire le voci di esonero che già a inizio inverno sono nell'aria. Viene sostituito da Nicola, che salverà i granata.

E Giampaolo? Un anno dopo, esattamente a gennaio 2022, è lui a subentrare all'esonerato Roberto D'Aversa. L'obiettivo è centrare una salvezza che appare complicata, lui ci riesce nell'anno in cui i 'cugini' genoani retrocedono in Serie B. Un risultato - quello della permanenza in Serie A - che gli vale la conferma in vista della prossima stagione.

È tornato, con la bocca che parla di bel calcio, con gli occhi che mostrano i movimenti, con il cervello di chi sa di poter cogliere una seconda strada, più facile, del mero risultato. La convinzione della bellezza che salverà il mondo rimane però fissa, imperturbabile.

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