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mara gomez pateando prejuicios 05072022

Mara Gomez a GOAL, la prima calciatrice trans si racconta: "Combattiamo il maschilismo"

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Mara Gomez è diventata la prima calciatrice transgender dell'Argentina il 7 dicembre 2020, il giorno in cui è scesa in campo come attaccante del Villa San Carlos. Professionista, teoricamente, lo era già diventata dopo l’autorizzazione concessa dalla Federcalcio a giocare nel campionato femminile.

Dopo un’ardua lotta per ottenere il via libera, e dopo aver superato molti ostacoli nella sua vita, oggi gioca all’Estudiantes de La Plata: ma più in generale il calcio e la società moderna stanno facendo passi in avanti. All’interno di questo cambiamento giocano un ruolo fondamentale i “game changer”, che permettono di raggiungere nuove mete e rompere le egemonie di genere.

GOAL si è fatto promotore di una serie di interviste a personaggi che promuovono l’inclusione nel mondo del calcio: Mara Gomez compresa.

DISCRIMINAZIONE

“E’ importante avere l’auto-consapevolezza, sapere di essere una ragazza trans e quali siano i limiti all’interno della nostra società per cultura, per religione, e come tutto questo ci esclude da opportunità come lo studio o qualcosa di semplice come lo sport”.

MASCHILISMO

“C’è un rapporto di potere, una questione di genere, sesso e binarismo. Il genere e il sesso dell’uomo sono sempre stati potenziati, superiori: dobbiamo rompere quell'abitudine secondo cui determinati ruoli e comportamenti devono essere rispettati, dettati dalla mentalità con cui nasciamo. Cosa si può e cosa non si può fare. Il maschilismo è qualcosa che non rappresenta nessuno e che deve essere sconfitto”.

DISUGLIAGLIANZA

“È la mancanza di opportunità. La mancanza di miglioramenti delle condizioni per il calcio femminile, come il fatto che gli uomini possono vivere dello sport e le donne non possono farlo, devono lavorare, studiare e fare altre cose oltre a dedicarsi al calcio professionistico. Queste sono alcune delle cose che segnano la disuguaglianza all'interno dello sport professionistico”. 

VIOLENZA

“È ciò che dobbiamo vivere noi persone che apparteniamo alla comunità LGBT. Pagare costantemente perché ci venga data l'opportunità di vivere una vita dignitosa. L'opportunità di studiare, lavorare, avere una famiglia, fare sport. La violenza è intorno a noi, ma soprattutto nelle istituzioni. Un esempio è il prezzo che devo pagare per il mio corpo per poter giocare a calcio: una contro-ormonalizzazione, una terapia ormonale che, a dire il vero, mi porta al di sotto dell'uguaglianza. La violenza è quella, la mancanza di opportunità ed equità che manca all'interno di qualsiasi sfera sociale. Sui social network ricevo molti insulti, aggressioni, che colpiscono emotivamente una persona che cerca di andare avanti e che ogni giorno deve superare molti ostacoli e limiti per una questione di sessualità, e che vuole essere quel che vuole essere”.

TRANSFOBIA

“l giorno in cui ho debuttato ho provato una sensazione di sollievo, ho sentito di essermi tolta un peso dalle spalle e di aver raggiunto qualcosa che non pensavo di poter raggiungere. Qualcosa che mi sembrava impossibile. È molto difficile pensare a una ragazza trans nel mondo del calcio, uno sport che è sempre stato considerato per soli uomini. Essere una ragazza trans in questo ambiente è stato molto difficile. Ha comportato anni di lotta per l'intera comunità ed è il punto di partenza per nuove opportunità destinate alle prossime generazioni. Lo dico sempre: il calcio mi ha salvato la vita: era ed è TUTTO. Al di là della competizione, è qualcosa che si ama e che fa parte della propria vita. Per me la transfobia ha a che fare con la rottura di paradigmi e le prospettive eteroegemoniche e l'inizio di una visione non più strutturata all’interno della società. Smettere di pensare che ci siano solo due generi o due sessi”.

Di Patricio Tarruella

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