GOALNon è ancora chiaro il perché. Anni e anni dopo. Nella stessa giornata autunnale del 2002, precisamente il 17 novembre, in tutta l'Italia calcistica si verificarono incidenti, violenze, episodi condannati in lungo e in largo. Tutti quel giorno di vent'anni fa. I tifosi del Como, ad esempio, cercarono di sfondare i cancelli in seguito ad un goal annullato a Bjelanovic, venendo fermati dai carabinieri. Quelli del Napoli finirono in prima pagina per aver accoltellato un fan del Lecce. Durante Livorno-Ascoli i fumogeni e i razzi lanciati furono il 'minore' dei problemi, vista la guerriglia per le strade tra bombe carta ed auto danneggiate. Ciò che passò maggiormente alla storia, però, avvenne a Cagliari, nel match di Serie B tra rossoblù e Messina. Una domenica in cui il calcio si vergognò, ancora una volta, di se stesso.
Nel vecchio Sant'Elia va in scena la violenza improvvisa, inaspettata e, per completare le i, che portò ad immediata indignazione, da parte di un tifoso del Cagliari. Non è certo la miglior annata della formazione isolana, lontana dai fasti di metà anni '90, senza nemmeno scomodare la fine dei '60 e l'inizio dei '70. La cadetteria è faticosa per tutti. E' un'annata altalenante quella rossoblù, nei primi tre mesi. Non difficile, ma comunque non al top. Una buona dose di vittorie, seppur non sempre convincenti, qualche battuta d'arresto. Fino al 17 novembre e all'incontro con il Messina.
Isolana contro isolana, stadio caldissimo. Cori, insulti, la solita solfa. Il Messina si porta in vantaggio con Riccardo Zampagna alla mezzora, deciso a rispondere - non solo con il dito medio che nei giorni successivi farà infuriare patron Cellino - ai continui canti ricevuti dallo stadio cagliaritano. Il Cagliari ci prova, ci tenta, ma non riesce a raggiungere il pareggio. Reduce da tre pari di fila, in città e in tutta la nazione si discute, si mormora, in attesa di una continuità di successi utile a tornare in Serie A. L'impianto casalingo si lamenta di una squadra con grandi potenzialità, che non riesce a mettere in scena ciò che il tifoso di casa brama: spettacolo e successi.
La frustrazione di un risultato sportivo, però, diventa comportamento inspiegabile e condannato in lungo e in largo dal Cagliari, dalla Serie B, dal calcio italiano ed internazionale. Al minuto 82, con il risultato fissato sull'1-0 in favore del Messina, succede l'impensabile: dalla Curva Nord del Sant'Elia, il 29enne Massimo Meloni scavalca la rete che separa il settore dal campo. La solita vecchia invasione, per mostrare un messaggio, avere i 15 minuti di notorietà firmati Andy Warhol, dimostrare qualcosa? Niente di tutto questo.
L'ingresso in campo è dato dalla rabbia per il risultato negativo che sta maturando in una gara carichissima di tensione. L'avvicinamento al primo giocatore avversario sulla sua strada, Emanuele Manitta, è via via sempre più minaccioso. Mano al collo, pugno al volto, il 25enne estremo difensori giallorosso è a terra. Mani e guantoni sopra il petto, in una foto e un filmato che farà il giro del mondo, mentre Meloni, cappellino sul capo e giacca legata alla vita, scappa - in fuga dai carabinieri - verso il settore più caldo dello stadio cagliaritano. E in un attimo, puff, svanisce. Inglobato dallo spicchio.
Svanito l'aggressore, l'attenzione del pubblico cagliaritano si sposta sul campo. Manitta è a terra, soccorso dal medico sociale del Messina, Ricciardi (scomparso nel maggio del 2021). Attimi di paura, si teme per la lingua che ostruisce la gola. Per fortuna, però, il portiere di Francesco Oddo, tecnico del Messina 2002/2003, si riprende, trasportato in ospedale tra gli applausi della maggior parte (non tutti, duole dirlo) del Sant'Elia. Sotto shock come il resto dello stadio e dei giocatori, il direttore di gara Nucini sospende la gara. Ne inizierà un'altra, lontano dal campo.
Cagliari, e non solo l'aggressore, sono sotto attacco. Cellino, presidente rossoblù, non ci crede:
"In questo momento sono scosso e amareggiato, mi verrebbe voglia di mollare, di vendere tutto. Sono molto stanco. A Cagliari non era mai successa una cosa del genere. Ora ci andrà di mezzo la squadra, la società e un'intera città".
Mentre Cellino parla, Manitta è in viaggio per Messina, dopo essere stato dimesso dall'ospedale cagliaritano in cui è rimasto sotto osservazione. Arrivato nella sua Sicilia nel primo pomeriggio del 19 novembre, due giorni dopo l'accaduto, si dirà sollevato, amareggiato. Un mix di sentimenti ed emozioni contrastanti, sentito da 'La Repubblica':
"Adesso sto bene, la Tac ha dato esito negativo, e sono potuto tornare a casa, a Randazzo. Però non ricordo ancora niente di quanto è accaduto. Le prime immagini che riaffiorano sono quelle dell'ospedale di Cagliari. Poi sono andato in Questura a sporgere denuncia contro i miei aggressori e finalmente la corsa verso casa. Qualcuno è stato fermato? Mi fa piacere, ma questo non cancella un gesto che infanga il mondo del calcio, cui io sono tanto legato. Non ho rivisto le immagini, non ancora ma c'è tempo per questo. Mi sembra fuori dal mondo che un tifoso possa entrare in campo e picchiare una persona senza nessun motivo. Anzi, per favore, non chiamatelo teppista, ma vigliacco. Perché solo un vigliacco può colpire alle spalle un uomo che, fra l'altro, non gli ha fatto nulla. Io non lo avevo né insultato, né provocato in alcun modo. Rancore verso Cagliari? Per colpa di un imbecille, non posso certo provare rancore per un pubblico per la grande maggioranza corretto e per una città ospitale. Figurarsi che qualche anno fa facevo perfino il tifo per i sardi. Anzi mi dispiace moltissimo per la città che non meritava un simile trattamento. Per colpa di un deficiente sarà penalizzata un'intera tifoseria. Una cosa del genere non l'ho mai vista neanche nei campi più turbolenti della serie C. Devo la vita a Ricciardi, lo so e devo ringraziarlo per la sua prontezza. Non respiravo più e non davo segni di vita e solo il suo intervento ha evitato il peggio. Da oggi per me è come un padre. Per fortuna domenica sera la mia famiglia è riuscita a parlare con il dottore e per qualche istante anche con me. La paura comunque per loro è stata tantissima".
Riuscirà anche a scherzarci su:
"Per la prima volta in campionato non stavo subendo goal, è vero. Solo un cazzotto in faccia che non dimenticherò per tutta la vita".
L'episodio non passa certo inosservato ai piani alti del calcio, che puniscono il Cagliari con la sconfitta per 3-0 a tavolino e tre giornate di squalifica al Sant'Elia. E Meloni? Individuato dalle telecamere, dopo essersi scambiato d'abito con due amici, verrà fermato dal questore della città sarda: decreto di interdizione, daspo per il successivo anno. Llibero con una denuncia ma impossibilitato a recarsi nel suo stadio, ammetterà la sua colpa, evidenziando di non essersi reso conto della situazione nel suo complesso:
"Ero fuori di testa".
Il pugno che Meloni rifila a Manitta porta la politica, i fans calcistici e il popolo italiano a chiedere norme più stringenti a proposito della sicurezza negli stadi, soprattutto in confronto a quella inglese, che nel decennio precedente ha attaccato duramente il tifo violento. Prova tv per i violenti. Cellino, nei giorni successivi all'episodio, e in attesa di quella squalifica di tre gare che porterà il Cagliari a giocare le sfide interne in quel di Tempio-Pausania, non le manderà a dire come suo solito, trasformando le dichiarazioni a caldo di fine gara, in quelle a freddo, tuonanti:
"Col Messina ci capita un arbitraggio non felice, che esaspera un po' gli animi. E devo pagare io e la società se un pazzo scavalca? Del resto ho le immagini anche di qualche provocazione messinese: Zampagna fa un brutto cenno alla curva sud, ho il filmato; Manitta si gira verso gli ultrà e ne fa un altro, ho testimoni. Si arrabbiano tutti, sarebbe stato bello se si fosse mandato qualcuno a vigilare visto che la gara si scaldava. Nella rete di recinzione s'è seduto, per mezz'ora e indisturbato, un tifoso. Meloni? Nessuno ha visto nulla. Siete certi che ha colpito con pugni e cazzotti? Io so che ha dato solo una forte spinta al portiere tant'è che è caduto pure lui, lo si vede dalle foto, per lo slancio. Forse Manitta ha un po' accentuato, ma non ci giurerei, ha vissuto un pomeriggio infernale, non infierisco. Ma cerchiamo di dividere le colpe con onestà. Metto sotto accusa le forze dell'ordine? La verità vera? No. Ma mi ha ferito sentire subito scaricare le colpe addosso a me: il "noi l'avevamo detto, questo stadio non può essere gestito, difeso" detto da un funzionario è stata una pugnalata. Se è così, mi autorizzino e il servizio d'ordine lo approntiamo noi. Ci accolliamo pure quello, tanto ormai... Metto miei poliziotti, uomini di fiducia a bordo campo, così non esponiamo a maltrattamenti e offese le forze dell'ordine che io rispetto. Non dico che l'accaduto sia colpa loro però non devono dire che è colpa mia. È eccessivo. Sì, ho esposto reclamo perché, essendo stato trovato l'invasore e con la responsabilità oggettiva non più in vigore non possiamo pagare noi ma va addebitato tutto sul colpevole vero. E poi la gara poteva finire, lo stesso tecnico del Messina Oddo ha ammesso che stava per sostituire il portiere".
Cagliari-Messina si perde nel tempo, ma la squadra rossoblù, colpita, attaccata ai fianchi, non riuscirà a riprendersi da quella pressione ad ogni passo, terminando il campionato di Serie B all'ottavo posto. E Manitta? Salterà solamente la successiva gara contro il Bari, tornando in campo a dicembre contro il Venezia. Difensore dei pali messinesi fino all'ultimo match di gennaio, passerà al Napoli sotto sua richiesta, per provare una nuova esperienza, come ammetterà a 'calcionapoli24' oltre un decennio dopo. Quella strana giornata al Sant'Elia, ovviamente, si tramuterà in domanda:
"Cosa ricordo? La verità? Non ho mai saputo niente, né ho chiesto i motivi di quel gesto. Una bravata, tutto qui".
Si ritirerà nel 2009, appendendo gli scarpini e la casacca del Siena al chiodo, dopo essere tornato brevemente anche a Messina, nel 2007/2008, e ovviamente a Cagliari. Già a gennaio 2003, a pochi mesi dal fattaccio, sarà in panchina nella trasferta del Napoli, applaudito dallo stadio.
Imbarazzato, confuso, per qualcosa che non ricorda e che gli viene continuamente ricordato con immagini e video, sbattuti in faccia, incollati nella mente di chi quel 17 novembre 2002 era al Sant'Elia. Di chi era a Milano, Firenze e Palermo. Di chi era a casa ad osservare come il calcio sbandasse, per poi rimettersi in carreggiata, scioccato da ciò che i suoi tifosi, potevano generare, senza preavviso, senza motivo. Senza senso.


