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Malaka Martinez GFXGoal

"Malaka" e "Giorgino", la Juventus e il Catania: Jorge Martinez

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Se dovessimo indicare il momento esatto in cui la carriera di Jorge Andres Martinez è cambiata, approcciandosi irrefrenabilmente all’inevitabile declino che ne avrebbe caratterizzato il futuro calcistico, l’attimo in cui il pallone ha scavalcato Julio Cesar, depositandosi lentamente e dolcemente in rete, lasciandosi dietro la solita scia disegnata su un campo zuppo d’acqua è senz'altro quello giusto.

È venerdì, diluvia da una settimana, il Catania di Sinisa Mihajlovic sta per battere l’Inter di José Mourinho, “quella” Inter di José Mourinho, e Jorge Martinez ha appena sancito il suo addio al club rossazzurro, seppur con quasi tre mesi d’anticipo.

Nessuno, ma proprio nessuno, dopo quel goal ha pensato alla minima possibilità che il “Malaka” rimanesse in rossazzurro ancora a lungo, giusto per tener fede al solito e mai giustificato pensiero che una bella, bellissima rete a una Big del calcio italiano possa, in qualche misteriosa maniera, cambiare la vita di un calciatore, persino la percezione che dall’esterno si ha del suo potenziale. In sua difesa, comunque, possiamo certamente precisare che, a differenza del classico “tiro della domenica” (azzeccato per chissà quale congiunzione astrale), l’imbarazzo generato da Martinez in Materazzi, Lucio e nel resto dei successivi campioni d’Europa ebbe il potere, del tutto motivato, di esasperare i toni.

Contrariamente alla percezione comune, comunque, pur avendo fatto sparire ogni traccia di sé (si dice si sia dedicato al basket, sua indiscussa passione, ma senza prove tangibili) Martinez resta uno dei giocatori più influenti della Serie A della seconda parte degli anni “Dieci” del nuovo millennio. Basti pensare che a Torre del Grifo, casa del Catania, e precisamente nell’auditorium è presente un quadro con una foto a lui dedicata e una data, 18 maggio 2008.

Al suo arrivo in Sicilia, il club rossazzurro è reduce dalla salvezza conquistata all’ultima giornata contro il Chievo Verona in campo neutro, a Bologna: non è ancora “il Catania degli Argentini”, ma una sua bozza. “Il Catania dei sudamericani”, almeno in parte: frutto del lavoro di scouting di Pietro Lo Monaco che, contrariamente alle ultime esperienze da dirigente-amministratore (dei conti), in termini strettamente legati al mercato aveva già dimostrato di saper pescar bene in quella zona del mondo, troppo spesso dimenticata e sottovalutata.

Jorge Martinez Catania PalermoGetty

È ormai divenuta indifferente consuetudine chiamare i giocatori con il proprio soprannome, soprattutto se latino. Nel 2007, però, i mezzi “del web” non erano così potenti come adesso, fin troppo pieni di informazioni tanto da cadere, spesso, in errore. Per un difetto di traduzione, a Catania, per molto tempo si è diffusa la consapevolezza che il suo nomignolo, “Malaka”, provenisse dal greco: un’offesa greca. Per intenderci: molto più che “stupido”, con ampi e chiari riferimenti a organi vitali, uno in particolare.

Con il passare dei mesi la versione è cambiata: “Malaka” non proviene dal greco, ma da un’idea dello zio di Martinez, Jorge Barrios, ex giocatore uruguaiano (vincitore della Copa America del 1983). Tradotto: “Genio, folle”. Solo nell’estate del 2010, una volta completato il suo trasferimento alla Juventus, Jorge Martinez svelerà l’arcano: né frutto del greco, né di un riferimento al suo estro. Più semplicemente, il nome di un modello di una scarpa da lui indossata in giovane età. E, a quanto pare, pure "portafortuna".

“È iniziato tutto quand’ero piccolo: avevo un paio di scarpe che si chiamavano così, “Malaka”. Ed erano troppo brutte: tutti mi dicevano “Vai, usa quelle scarpe che fai goal” e segnavo sempre. Da lì hanno iniziato a chiamarmi così”.

Un altro soprannome che gli è stato spesso attribuito, questa volta da Pietro Lo Monaco in occasione delle tante interviste in TV rilasciate nel corso di quelle stagioni, è “Giorgino”: questa va spiegata bene. Nonostante le quasi 94 presenze in maglia rossazzurra, l’uruguaiano in 3 stagioni ha messo a segno “solo” 23 goal, alternando prestazioni indimenticabili ad altre che, francamente, non ricordiamo neanche. Sintesi: “Giorgino, il cugino” era il modo più veloce e immediato che l’allora dirigente rossazzurro usava per definire “l’altro” Jorge Martinez, quello svogliato e tutt’altro che in forma.

Con il senno di poi, potremmo dire che Pietro Lo Monaco aBeppe Marotta, alla modica cifra di 12 milioni di euro, ha venduto “Giorgino, il cugino”, chiudendo il vero Jorge in una valigia e spedendolo altrove, dove avrebbe vissuto il resto della sua vita con il ricordo solido del goal all’Inter. In una realtà alternativa, magari, è andata proprio così e il “Malaka” ha chiuso la carriera in una Big europea. Chissà.

Jorge Martinez Milan Juventus 2010Getty

Alla Juventus gioca solo 20 partite nell’unica stagione in cui qualcuno, in bianconero, lo ha preso in considerazione: gioca 4 partite e si rompe il legamento. Ritorna in campo e rimedia una frattura scomposta al piede. Quindi, proprio quando sembra aver ritrovato il campo, si fa male alla schiena: un infortunio che lo costringe a rimanere fermo a lungo. Ha firmato per 4 anni: al quarto la Juve gli rinnova il contratto dopo aver accolto positivamente la decisione, dello stesso Martinez, di dimezzarsi lo stipendio.

Di greco, in questo caso sì, c’è il suo viaggio: un’Odissea che dal 2011, ovvero da quando finisce ai margini della rosa di Antonio Conte, al suo ritiro lo vede vestire le maglie del Cesena (quello che grandi nomi, retrocesso in B), del Cluj, del Novara e della Juventud. Che no, può sembrare uno scherzo del destino, non è un errore di battitura dovuto alla vicinanza, sulla tastiera, di “S” e “D”, quanto l’epilogo della sua esperienza calcistica.

Quasi 2 anni prima di siglare la sua condanna calcistica, che coincide con il momento più alto della sua carriera, il goal all’Inter, Martinez è entrato prepotentemente nella storia del Catania con la rete decisiva dell’1-1 contro la Roma, all’ultima giornata. Una girata ravvicinata che fece infuriare, a distanza, l’Empoli, condannandolo alla retrocessione in Serie B, salvando i rossazzurri di Walter Zenga nel giorno che verrà ricordato come quello della vittoria dello Scudetto dell’Inter a Parma.

Che poi, a pensarci bene, quadra tutto così: il Catania, l’Inter. La “Malaka dance”, classica posa finale dopo una rete offerta dal movimento ondulatorio delle braccia: la salvezza, la Juventud. Con la “D” finale: un errore di battitura spontaneo, come quello che ha cambiato per sempre la carriera di Martinez. Una volta Jorge, per molti anni “Giorgino”: in ogni caso, comunque, il “Malaka”.

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