Aspettative, propositi, ambizioni. Gli ingredienti sembrano esserci tutti, ma a volte la vita e in questo caso le trame del pallone riservano altro. Scenari inattesi, addii dolorosi e nuovi inizi. Perché fermarsi proprio non si può.
E' successo a tanti, succederà ancora a molti. E' successo anche a Manuel Locatelli. Sì, l'attuale centrocampista della Juventus che i primi passi tra i professionisti, però, li ha perfezionati indossando la maglia del Milan.
"Ero all'Atalanta dall'età di sei anni, avevo legato con tutti. Alla chiamata del Milan sbiancai, mi affidai ai miei genitori che mi guidarono in questa scelta.
Il contratto lo firmai con una penna che mi diede Galliani, la conservo ancora. Al primo allenamento Montolivo mi disse di marcare Kaká: mi sono chiesto dove mi trovassi", il suo racconto al canale ufficiale del Sassuolo.
Entrato nel settore giovanile rossonero all'età di 11 anni si è subito imposto come uno degli elementi più brillanti e dal sicuro avvenire dell'intero vivaio milanista. Sette anni scanditi da quella chiara propensione a bruciare le tappe, al punto che nella prima parte del 2016 - ad anni 18 - viene aggregato alla prima squadra.
Sotto la guida tecnica di Cristian Brocchi debutta in Serie A il 21 aprile a San Siro contro il Carpi e all'ultima giornata gioca per la prima volta da titolare all'Olimpico contro la Roma. E' soltanto il primo succulento antipasto, perché nella stagione successiva al timone del Diavolo subentra Vincenzo Montella e nei suoi confronti fiducia e responsabilità crescono a dismisura.
Locatelli trova sempre più spazio e il mese di ottobre si rivela semplicemente magico: contro il Sassuolo arriva il primo goal in massima serie che propizia la clamorosa rimonta rossonera: da 1-3 a 4-3. Sugli sviluppi di un corner calciato da Bonaventura, la difesa neroverde allontana la minaccia, ma la sfera finisce proprio in zona Locatelli che dal limite dell'area estrare dal cilindro un sinistro terrificante che si insacca sotto l'incrocio dei pali, per il momentaneo 3-3. Il numero 73 corre incredulo per il campo, sgranando gli occhi e mettendosi le mani nei capelli. Sembra un sogno. E invece è tutto vero, quella gemma è la sua prima griffe in A.
Il piatto forte, però, deve ancora arrivare e nella fattispecie viene servito venti giorni più tardi. Il 20 ottobre, infatti, è il giorno di Milan-Juventus, la classica per eccellenza del calcio italiano. Una notte da brividi, un autentico testa a testa, vista la situazione di classifica che pone i bianconeri al comando con cinque punti di vantaggio proprio sui rossoneri.
Una notte destinata a diventare indimenticabile: a San Siro il risultato è inchiodato sullo 0-0 dopo un'ora di gioco condita da poche emozioni e da tanti sbadigli, ma al 65' il Meazza esplode, ancora una volta, grazie al suo gioiello di diciotto anni. Suso resiste alla carica di Benatia e lavora di sponda, scaricando a rimorchio per l'accorrente Locatelli che controlla e appena entrato in area sfodera un destro telecomandato nel sette che inchioda Buffon, 1-0. E' il delirio. E sarà anche il risultato finale.
GettyIl Milan torna a battere la Vecchia Signora in campionato dopo quattro anni e lo fa nel segno del suo 'enfant prodige' che nel post gara scoppia in lacrime al momento dell'intervista ai microfoni di 'Premium Sport':
"La dedica è per tutta la mia famiglia, per mia mamma, mio papà, per mio fratello Mattia, per mia sorella Martina e per tutti quelli che mi vogliono bene e hanno creduto in me.
Io non ci credo, è il momento che tutti i bambini aspettano nella loro vita... sto sognando, devo ancora realizzare quello che ho fatto. Quando ho sentito il boato del pubblico e ho visto la palla che andava lì ho cominciato a correre. Non ci credevo".
La Juve, che a quei tempi rappresentava nulla più di una semplice avversaria, tornerà poi ad essere co-protagonista di un altro momento indelebile del connubio Locatelli-Milan. A due giorni da Natale, le due squadre si trovano nuovamente l'una di fronte all'altra, nell'inedito contesto di Doha. E' infatti il Qatar ad assegnare la Supercoppa italiana.
La rete di Chiellini viene livellata dal guizzo di Bonaventura e la sfida si protrae sino ai calci di rigore: Donnarumma para quello di Dybala, Pasalic batte Buffon e scatta la festa: il Diavolo torna a vincere un trofeo dopo un digiuno di cinque anni. L'ultimo dell'era Berlusconi, il primo in carriera per Manuel Locatelli, in campo fino al 73'.
Al primo anno completo in A arrivano i primi goal - tra l'altro di pregevolissima fattura - e il primo titolo da infilare in bacheca. Roba da predestinato, insomma. Saranno questi i primi frame della sua esperienza all'ombra della Madonnina, sufficienti al popolo rossonero per intravedere un futuro da leader per quel gioiellino costruito in casa e scopertosi già una certezza.
La stagione del Milan, tuttavia, si chiude con un anonimo sesto posto che vale comunque la qualificazione ai preliminari di Europa League. Contestualmente la prima annata full-time di Locatelli passa agli archivi con 28 presenze ufficiali, di cui ben 19 con i gradi da titolare. Ma la musica è destinata a cambiare.
L'estate del 2017 è quella griffata dal duo Fassone-Mirabelli che irrompono sul mercato pizzando una serie impressionante di colpi: in rossonero arrivano Bonucci, Calhanoglu, Kessié, André Silva, Ricardo Rodriguez, Borini, Conti, Kalinic e Lucas Biglia, con quest'ultimo designato come 'play' all'interno dello scacchiere dell'allenatore napoletano.
Non buone notizie all'orizzonte, dunque, per Locatelli che vede progressivamente venire meno la sua centralità all'interno del reparto di mezzo meneghino. La posta in gioco si alza e il ragazzo di Lecco fatica a ripetersi sulle frequenze dell'anno precedente, inscenando un rendimento a singhiozzo: in campionato gioca soltanto cinque partite da titolare, altrettante ne disputa invece in Europa League, ma la sensazione è che qualcosa lungo il percorso si sia inceppato.
GettyLe cose non migliorano nemmeno quando, dopo l'esonero di Montella, in panchina arriva Gennaro Gattuso. Locatelli viene relegato a rincalzo e l'addio in estate diviene la logica conseguenza. La sua parentesi al Milan si chiude dopo tre anni, 63 presenze, 2 goal e 1 assist. Dalle lacrime per il goal alla Juve a quelle che seguono la comunicazione da parte dei vertici rossoneri di non fare più parte del progetto tecnico.
"A Milanello, su una panchina, i dirigenti mi dissero che non ero più importante per loro. Fu devastante ma alla fine questo mi ha aiutato, avevo bisogno di cambiare.In macchina, tornando verso casa, però piansi".
Fine dei giochi. Il 13 agosto del 2018 viene ceduto in prestito con diritto di riscatto al Sassuolo, proprio la squadra a cui aveva segnato due anni prima il suo primo centro in A. Gli strani scherzi del destino. In Emilia troverà l'habitat ideale per emergere e per dare nuova linfa al proprio futuro: tre anni più tardi si trasferirà alla Juventus. Sì, quella Juventus a cui è legato il ricordo più fulgido dei suoi anni al Milan.
Il goal alla Juve? Quel goal è stato un'arma a doppio taglio. Mi ha dato una gioia immensa: segnare a quel portiere, a quel campione un goal così è stata una cosa incredibile. Poi difficile da gestire perché mi si chiedeva sempre di fare goal spettacolari, le aspettative sono balzate alle stelle e quindi è stato complicato.
Non ero pronto, sicuramente per demeriti miei. Ma ora vedo le cose in maniera differente e sono cosciente che quel goal rimarrà nella storia, sicuramente nel mio cuore.", il suo saluto ai rossoneri a 'La Gazzetta dello Sport'.
Un timbro indelebile, impossibile da dimenticare. E anche se il matrimonio alla fine non ha funzionato, certi istanti rimangono pur sempre un tesoro da custodire.


