L'unico precedente che la storia del Genoa e di Andriy Shevchenko ci consegna ci riporta indietro di tredici anni e a un secondo tempo molto, troppo difficile per il Milan di Carlo Ancelotti, imbrigliato, impacciato e sconfitto dalla formazione di Gian Piero Gasperini. Da Giuseppe Sculli e da Diego Milito. Una vita fa.
Se il Grifone è cambiato, in termini vitali e societari, Sheva no. Stessa espressione di sempre: fredda nella sua consapevolezza e stranamente, e arbitrariamente interpretabile tagliando in due il volto, più o meno all'altezza del naso. Basta prendere una foto e provare: la mimica dell'ucraino si divide perfettamente a seconda della prospettiva. Chi vuole vederci un sorriso può farlo nella stessa maniera di chi, invece, in quegli occhi disillusi prova a scorgere il cinismo e la concentrazione di un attaccante implacabile.
In termini strettamente tecnici, quelli legati alla sua carriera da allenatore, gli inizi di Shevchenko trasmettono in parte lo sguardo apparentemente sofferente a cui ci ha abituato e coincidono con la fine di una carriera che verrà ricordata in eterno. Tutto, però, in patria: l'Ucraina non è tra le favorite di Euro 2012. Neanche lontanamente: è il Paese ospitante, insieme alla Polonia, pure sede della finale. Insomma: una squadra con tante buone intenzioni che non si limiterà al ruolo di comparsa.
Sheva è la punta di diamante della formazione: il capitano che a fine competizione appenderà gli scarpini al chiodo, riavvolgendo il nastro della sua carriera e ritornando a una vita che, prima del calcio, veniva equamente divisa tra i sogni di un ragazzino e il volere di un padre, Nikolaj, che per lui aveva pensato un futuro in ambito militare.
Per nostra fortuna, amanti del calcio, dalle loro parti la storia fece capitare Aleksandr Spakov, che verrà ricordato come uno dei primi allenatori dell'attaccante: abile nella parola, da osservatore della Dinamo Kiev, e per un fortuito caso uno dei pochi a riuscire a convincere Nikolaj a credere nelle doti di suo figlio. Col senno di poi può sembrare semplice: contestualizzando, persino politicamente, in uno dei periodi più critici dell'Unione Sovietica non lo era affatto.
A Kiev ci era tornato da tre stagioni, quando con la fascia al braccio guida i suoi contro la Svezia di Hamrén: l'Ucraina di Blokhin ha tante incertezze mischiate a giocatori fondamentali. In attacco insieme a Sheva gioca un altro Andriy, Voronin: l'emblema del "vorrei, ma non posso" che ha spesso caratterizzato la storia recente della Nazionale ucraina. Delle tre gare disputate a Euro 2012 verrà ricordata senza dubbio questa, la prima: la doppietta in rimonta contro Zlatan Ibrahimovic. Gli unici tre punti nella competizione: salutata, insieme al calcio giocato, alla Donbass Arena, allora casa dei rivali di sempre dello Shakhtar Donetsk.
Pyatov, portiere dell'attuale formazione allenata da Roberto De Zerbi, non troppo tempo fa ha offerto una chiave di lettura interessante per comprendere al meglio la filosofia calcistica di Shevchenko: che, per sgomberare il campo dagli equivoci, al di là della rivalità prende parecchio dallo Shakhtar e da Micrea Lucescu.
"Lucescu chiedeva di non limitarsi a buttare il pallone in avanti. Shevchenko la pensa allo stesso modo: non bisogna avere paura, senza però essere vanesi".
GettyLa fonte d'ispirazione per eccellenza indicata da Sheva, però, rimarrà per sempre Valeriy Lobanovskyi, il "colonnello": colui che lo ha lanciato alla Dinamo Kiev (vantandosi di aver "scoperto un diamante"), sfiorando la vittoria in Champions League. Teorico della "velocità collettiva": con le dovute proporzioni, Sheva ne riprende i principi. Il resto lo dirà la storia.
Più avanti lo definirà "un maestro". Dopo la vittoria della Champions League del 2003 con il Milan, Shevchenko vola in Ucraina, a Kiev, portando con sé la Coppa e posandola sulla statua presente nei dintorni della tomba del "colonnello": "E' il minimo che posso fare per un uomo come lui".
Terminato Euro 2012 l'Ucraina s'interrogò sul futuro: Konkov, nuovo presidente della Federazione, gli offrì la panchina della Nazionale. Sheva rifiutò nettamente.
"Credo che oggi l'opportunità di guidare la Nazionale ucraina sia un passo un po' affrettato per me": giusto così.
Anche perché la chiamata si ripresenta poco più avanti, quando, già entrato nello staff di Fomenko, commissario tecnico a Euro 2016, gli succede al termine deglistessi Europei: manca la Qualificazione ai Mondiali del 2018, ma in patria hanno fiducia. E' quello giusto.
La storia recente racconta di un tecnico che ha visibilmente trasformato la sua Nazionale, portandola ai Quarti di Euro 2020 senza sfigurare: propone un calcio che sa far combaciare le due fasi, soprattutto con concretezza. Ha preso alcuni dei principi dei suoi maestri, Lobanovskyi, Ancelotti e Zaccheroni, e li ha messi in campo trasmettendoli ai suoi. Tra 3-5-2 e 4-3-3: la prima soluzione ottima agli scorsi Europei, la seconda la sua preferita.
E' troppo presto capire o solo ipotizzare se riuscirà a replicarli anche al Genoa, piazza esigente e affamata: l'ultima volta che Sheva è entrato al Ferraris lo ha fatto in completo grigio, da allenatore della Nazionale nell'amichevole contro una delle prime versioni dell'Italia di Roberto Mancini, in un pari firmato Bernardeschi e Malinovskyi. Buon gioco, il solito sguardo: Sheva è pronto, di nuovo.


