La carriera di Jesse Lingard è cambiata radicalmente da quando ha iniziato a indossare la maglia del Nottingham Forest, ritrovando il sorriso dopo un'esperienza che, comunque, lo ha aiutato molto, come quella al West Ham.
La sua, d'altra parte, è una delle classiche storie di talento che sembra poter affermarsi come uno dei migliori in Europa e nel mondo, frenato da situazioni più grandi di lui.
"Vivevo con l'autopilota, la gente mi parlava e le parole entravano in un orecchio e uscivano dall'altro. mi sentivo nullo e tutto ciò che volevo era sentirmi nullo".
Intervenuto ai microfoni del Guardian, il centrocampista inglese ha svelato diversi retroscena del periodo più complesso della sua carriera, quello a cavallo tra il 2019 e il 2020, concluso poi con il Lockdown.
"Nessuno conosceva davvero le mie lotte fuori dal campo, quindi pensavano: 'Sei un calciatore, vivi in una bella casa, hai soldi, puoi affrontare qualsiasi cosa'. Ma quando si tratta della salute e del benessere di qualcuno, è una situazione diversa. Siamo tutti umani", ha spiegato.
Il suo rendimento con la maglia del Manchester United tra il 2019 e il 2020 è stato fortemente altalenante, tanto da portarlo a non essere convocato per diverse partite consecutive al rientro dalla pausa forzata per la diffusione del Covid.




"È stato difficile in quel momento, durato per mesi: non volevo giocare per paura di farmi male. Se giocavo mi sentivo inesistente: volevo fermarmi completamente, fuggire dal controllo. Perché se perdi una palla sale subito la pressione", racconta.
Una vita che non si vede, insomma: lontana da quella messa in vetrina dall'immagina del calciatore che può godersi la quotidianità con tranquillità.
"Ero con il pilota automatico: volevo solo tornare a casa, sedermi e bere un po'. Non lo faccio, normalmente: non era andar fuori a bere qualcosa, ma bere prima di andare a letto... è stato lì che ho capito di essere in una brutta situazione. Se non ci fosse stato il Lockdown non so in quale situazione mi troverei adesso, perché avevo bisogno di quel riposo per riprendere consapevolezza e capire cosa stava andando storto. E' stato un punto di svolta. Anche la mancata convocazione agli Europei è stato un momento negativo, visto che mi aspettavo di esserci".
Per Lingard, comunque, quello della depressione rimane un tema comune a molti calciatori: un aspetto di cui parlare e non vergognarsi.
"Molte persone soffrono di depressione nel calcio, visto che è uno sport così dispendioso mentalmente".
