Per un momento, un singolo e fugace momento, i tifosi della Lazio hanno realmente accarezzato l'idea proibita, spenta probabilmente da una classifica che, allo stato attuale, regala pochi slanci in termini di fantasia. Il campo, però, restituisce la resa grafica di quello che in Inghilterra è stato definito a più riprese "Sarri-ball". Qui, in Italia, lo abbiamo chiamato per anni "Sarrismo".
Per quanto il progetto di Maurizio Sarri in biancoceleste abbia radici profonde, la metamorfosi della sua squadra sta per essere completata nel presente, dopo aver attraversato momenti assai difficili anche nella stagione in corso.
"Se il problema sono io, faccio un passo indietro. Se è un giocatore, va venduto immediatamente: qualcuno che all'interno del gruppo insinua questo germe c'è per forza".
Da quel pomeriggio di metà settembre, ad esempio, sembra essere passata un'eternità: la Lazio perde malissimo contro il Midtjylland compromettendo in maniera irreversibile il discorso Europa League e Sarri perde la pazienza. Il gruppo sembra sfaldarsi, sgretolarsi sotto i colpi di un rendimento altalenante tra Serie A e competizioni europee: la realtà dei fatti, invece, è che di lì a poco si sarebbe vista un'altra squadra.
Anche dopo il rientro dalla sosta, ovvero dopo la sconfitta contro il Lecce e il pari interno contro l'Empoli, entrambi in rimonta, erano stati sollevati dubbi sul campionato biancoceleste, acuiti dalle condizioni fisiche di Ciro Immobile, che dopo essersi fermato nel 2022 è stato costretto a dare forfait anche all'inizio del nuovo anno.
Ecco, proprio di Immobile si deve discutere: perché è vero quel che ha spiegato Mattia Zaccagni in mixed-zone al termine della sfida contro il Milan, ovvero che "Ciro deve tornare presto", ma senza di lui la Lazio gira ugualmente. E, soprattutto, la sua assenza segna una sorta di spartiacque tra le due formazioni che abbiamo visto in questa stagione.
L'attaccante della Nazionale è mancato, una prima volta, (dopo essere uscito al 29' della decima) dall'undicesima alla tredicesima, saltando anche la quindicesima: questo quanto accaduto nel periodo che definiremo "prima della sosta". La Lazio, in questo stesso periodo, ha siglato, senza di lui (contando anche la gara contro l'Udinese), 4 goal in 5 partite, con lo zero della sfida contro la Juventus.
In quello "dopo la sosta", invece, i biancocelesti hanno ricominciato con Immobile, salvo poi vederlo uscire dal campo al quarto d'ora del match contro il Sassuolo alla diciottesima, giocando senza di lui con il Milan. In breve: 6 goal in 2 partite.
E' un bel segnale che restituisce anche l'idea della differenza del modo di approcciare i match da parte della formazione di Sarri, che però non si discosta parecchio in termini di passaggi completati con o senza Immobile.
Qualcuno, all'Olimpico, ha iniziato a indicare la luna, sperando di poter competere per lo Scudetto: la distanza di -13 dal Napoli rende proibitivo qualsiasi discorso. Alla qualificazione e al conseguente ritorno in Champions League, però, i biancocelesti possono senz'altro credere: risolta anche la grana Luis Alberto, che con i 4 goal messi a segno ha quasi raggiunto i 5 dell'intera stagione scorsa, ha guadagnato anche qualità in mediana. E dietro non si balla più: sono 11 le porte inviolate su 19 gare totali, eguagliando il record della stagione 1973/74, culminata con lo Scudetto. Che resta un sogno, è vero. Bello e impossibile: come questa Lazio.




