GOALIl 10, nel calcio, non potrà mai essere un numero qualunque. Si tratta di un numero che racchiude in sé estro e fantasia, tecnica e genialità, rigorosamente applicate sul rettangolo verde. Morale della favola, materia pregiata. Per pochi eletti.
Una legge non scritta. Chi lo indossa deve, per forza di cose, essere un calciatore dal tasso qualitativo ben al di sopra della media. Perché il numero 10 altro non è che la massima espressione del talento e della magia con il pallone tra i piedi.
Un concetto che vale ovunque, in qualsiasi squadra e a qualsiasi livello. Figurarsi al Real Madrid: 35 volte Campione di Spagna, 14 volte d'Europa e 8 del Mondo. In altre parole, il meglio che c'è.
Oggi ai Blancos il numero 10 è di esclusiva proprietà di un certo Luka Modric, che nel 2017 ha deciso di abbandonare il 'suo' 19 per indossare la maglia appartenuta ad altre leggende del club come Luis Figo e Ferenc Puskas, ma anche a Clarence Seedorf e Michael Laudrup.
Tanti nomi che, in epoche differenti, hanno avuto l'onore di mettere le mani su una delle maglie più rappresentative di uno dei club più gloriosi al mondo: da Robinho a Ozil, da Sneijder a James Rodriguez, passando per Lassana Diarra. Sì, avete capito bene. Tra i numeri 10 che hanno costellato la storia dei Blancos c'è stato anche l'ormai ex centrocampista francese.
Un '10' decisamente atipico per caratteristiche e tipologia di gioco. Un calciatore abile ad agire in mediana ma con spiccate attitudini difensive, a cui sapeva coniugare dinamismo e grande abilità nel recupero pallone. Esattamente tutto il contrario di ciò che si chiede o ci aspetta da un numero 10.
Ma come è nato il matrimonio tra 'Lass' e le Merengues? Tocca riavvolgere il nastro al gennaio del 2009 quando Diarra - dopo essersi formato in patria nel florido vivaio del Le Havre - ha trovato nella Premier League il suo nuovo habitat: tra il 2005 e l'inizio del 2009, infatti, veste - con gioie alterne - le maglie di Chelsea, Arsenal e Portsmouth.
Il 1° gennaio, però, ecco la svolta: alla porta dei Pompey bussa nientemeno che il Real Madrid e l'offerta è di quelle irrinunciabili: 20 milioni di euro è la cifra sborsata dal club madrileno per regalare il classe 1985 a Juande Ramos, tecnico subentrato dopo l'esonero di Bernd Schuster. Il suggestivo palcoscenico del Bernabeu non lo scalfisce e con il numero 6 sulla schiena diviene uno dei preziosi tasselli di centrocampo di una squadra che chiude seconda alla spalle del Barcellona di Guardiola salutando la Champions agli ottavi di finale.
Una manciata di mesi per prendere confidenza con il pianeta Real che fanno da preambolo alla caldissima estate del 2009, quella che sfocia nel ritorno di Florentino Perez, al terzo mandato da presidente. E il massimo dirigente spagnolo decide di presentarsi con il carico di effetti speciali inscenando una roboante campagna acquisti estiva che riporta d'estrema attualità la saga dei 'Galacticos': i Blancos acquistano Cristiano Ronaldo - fresco di Pallone d'Oro - dal Manchester United e insieme al portoghese arrivano anche Kakà dal Milan, Xabi Alonso dal Liverpool e il promettente attaccante del Lione Karim Benzema. Ai quali si aggiunge l'arrivo di Manuel Pellegrini in panchina.
GettyTra gli addii, invece, si segnalano quelli di Arjen Robben e soprattutto di Wesley Sneijder, direzione Inter, nonché detentore della maglia numero 10, a questo punto libera. La presenza in squadra di capitan Raul, legatissimo al numero 7, spinge Ronaldo ad indossare un inedito numero 9, mentre Kakà e Benzema optano rispettivamente per l'8 e l'11. Di conseguenza, la 'diez' finisce a sorpresa proprio a Lassana Diarra che, a sua volta, lascia libero il vecchio numero 6 in favore dell'omonimo Mahamadou.
Il 29 agosto 2009, a Madrid cresce l'attesa per l'esordio ufficiale in campionato delle nuove stelle madridiste, impegnate al 'Bernabeu' contro il Deportivo La Coruña: il Real fa suoi i primi tre punti della stagione con tanto di goal all'esordio di Cristiano Ronaldo, autore del provvisorio 2-1 su rigore. Il Depor pareggerà poi con Valeron, prima del definitivo 3-2 targato, udite udite, da 'Lass' Diarra.
Proprio così. Lo ricorderanno in pochi, ma l'esordio (con goal) di CR7 (all'epoca CR9) con la maglia del Real Madrid è avvenuto proprio nel giorno in cui Diarra ha segnato il suo primo e unico goal madrileno, alla 'prima' da legittimo proprietario della maglia numero 10.
GettyNella notte dei nuovi 'Galacticos', dunque, ci pensa proprio il centrocampista parigino a regalare il primo sorriso stagionale. E se chi ben comincia è a metà dell'opera, Diarra pur non dotato di un talento abbagliante come i suoi nuovi compagni di squadra, dall'undici titolare vi esce poche volte, come testimoniato dalle 30 presenze ufficiali messe insieme tra Liga, Champions League e Coppa del Re.
La stagione seguente, la 2010/11 porta José Mourinho - fresco di Triplete - sulla panchina madridista e Diarra continua ad essere una pedina di sicuro affidamento nonostante un feeling mai sbocciato del tutto tra i due quando che già avevano lavorato insieme al Chelsea.
Le apparizioni ufficiali sono addirittura superiori all'anno precedente (38) e l''insolito' 10 del Madrid mette spessore e muscoli al servizio di una squadra magari non ancora così armonica e bella da vedere, ma ricca d'individualità di altissimo profilo.
GettyLa stagione si chiude con la conquista del suo primo trofeo in blanco, ovvero la Coppa del Re strappata al Barcellona grazie al sigillo di Ronaldo ai supplementari. Al 'Mestalla' di Valencia, però, Diarra non viene nemmeno convocato. Un primo e oscuro presagio di ciò che gli riserverà l'annata seguente.
La 2011/12 è infatti l'ultima del transalpino alla corte del Real Madrid: la linea mediana composta da Khedira e Xabi Alonso ha ormai preso quota e per Lass lo spazio si riduce sensibilmente. Come se non bastasse, perde anche la numero 10 a discapito del rampante Mesut Ozil, ripiegando sulla 24. Seppur con gli scomodi panni del comprimario, infila in bacheca anche una Liga e una Supercoppa di Spagna, prima dei titoli di coda. Magra, magrissima consolazione.
Diarra lascia il Real Madrid dopo tre anni e mezzo e 116 partite ufficiali entrando a suo modo nella storia come l'unico 10 di casa Real a non brillare per spiccate doti offensive. Una risorsa per i suoi allenatori, viste le sue doti di equilibratore, ma mai in grado di entrare nel cuore dell'esigente tifoseria capitolina, capace di scaldarsi solo e soltanto di fronte al puro spettacolo.
Archiviata l'avventura al Real Madrid, sceglierà la Russia come successiva destinazione per giocare con Anzhi e Lokomotiv Mosca, prima del ritorno in patria con Marsiglia e PSG, inframezzato dalla breve parentesi negli Emirati dove ha vestito la maglia dell'Al-Jazira. L'8 febbraio 2019 si è ufficialmente ritirato dal calcio giocato.
Il Real, per lui, rimane un piacevole ma ormai sbiadito ricordo. Così come il popolo del Madrid non ha impiegato molto a dimenticare quel numero 10 che segnò un solo goal in poco più di tre anni. Troppo poco per innamorarsi.
