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Lars ElstrupGetty/Goal/Youtube

Eroe di Euro '92, Lars Elstrup: ansia, nudi, spiritualità e la 'Compagnia dell'oca selvaggia'

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Raccontare la vita di Lars Elstrup è veramente difficile. Oltre la patina sensazionalistica, le risate da social per le comparsate come mamma lo ha fatto sui campi danesi e gli sguardi accodiscendenti di chi crede di aver capito tutto dalla propria vita, c'è il suo mondo. Nel pianeta calcio ci sono tre modi per passare all'eternità. Uno è quello di vincere. Il secondo è legato al romanticismo della bandiera e del suo dire no ad ogni maxi-mega-ultra proposta capitalistica dell'esterno. La terza è quella di diventare cult con comportamenti giudicati bizzarri, fuori dall'ordinario. Il ragazzo di Råby è negli almanacchi per il punto number one e il tres. Il due, sfumato, ma reale.

Elstrup non è nè Brian, nè Michael Laudrup. E' lontano due decenni da Eriksen e fuori dai confini danesi non è certo ricordato come Peter Schmeichel. Eppure c'è il suo nome stampato a caratteri cubitali nel libro dell'unico grande successo danese. A Euro '92, quando il destino decise che la ripescata nazionale di Copenaghen dovesse vincere il torneo, la parte patinata del calcio lo presenta 'semplicemente' come uno degli eroi che fecero la storia, decisivo per il successo nei gironi contro la Francia, in rete nella lotteria dei rigori di semifinale (contro l'Olanda) che concesse alla truppa del compianto Richard Møller Nielsen la possibilità di giocare la finale, poi vinta contro la favoritissima Germania.

Il pubblico vorrebbe essere Elstrup. Vincente numero 10, sorridente, d'oro vestito. Lars, però, già allora avrebbe voluto essere qualcun altro. La pressione per le aspettative generate dal successo agli Europei è troppo grande per il trentenne, che dopo aver vestito le maglie di Randers, Brondby, Feyenoord, Luton Town e Odense, decide di farla finita. Con il calcio. Quando i media conversano con Lars, devono accettare la sua visione del mondo non comune, e di riflesso non per questo particolare: forse illuminata.

L'ANSIA LO SPINGE LONTANO DAL CALCIO

Nel corso degli anni ci ha pensato soprattutto 'tipsbladet' a fare luce sulla vita di Elstrup dopo aver aver appeso aspettative e scarpini negl 1993:

"Ho smesso perché ero diventato ansioso. Soffrivo di ansia nella mia mente e nel mio corpo, stavo male per i crampi sia consciamente che inconsciamente. Ricordo due episodi in particolare: uno è stato contro il Brøndby all'Odense Stadium, dove sapevo che non avrei potuto raggiungere una palla. La inseguii comunque e mi ritrovai privo di sensi, costretto a farmi cambiare . Il secondo episodio è accaduto in un ritiro a Vedbæk con la nazionale, dove ho battuto un calcio d'angolo, anche se mi tirava all'inguine.

Non mi sono fermato, ho calciato per  aggravare consapevolmente l'infortunio, così da saltare la partita internazionale di mercoledì per la troppa ansia. In realtà, ho avuto l'ansia per tutta la vita, anche da bambino, ragazzo, adolescente, giocatore professionista e adulto. Avevo paura di farmi male, paura di perdere la palla o il controllo di un'auto. L'unica soluzione era allontanarsi dal calcio per calmarsi, essere normali o sentirsi felici. Così ho smesso a 30 anni".

Quando Elstrup non può più sopportare il cielo sopra di esso che sembra schiacciarlo, si trova ad Odense, nella terza città più grande di Danimarca. C'è del marcio nel paese, derivante dall'esagerata aspettativa per chi emerge in un determinato ambito, e Lars non può più starci dietro. Viene informato che a 30 km di distanza esiste una comunità spirituale chiamata Sangha. Interessato, nell'ambito del provare di tutto per evitare guai peggiori e idee 'finali', viene a sapere che si tratta di una suddisivisione della The Wild Goose Company, la setta 'Compagnia dell'oca selvaggia' che fa capo a Michael Barnett.

Lars ElstrupYoutube

LA COMPAGNIA DELL'OCA SELVAGGIA: LA SPIRITUALITÀ

Scomparso nel 2019, Barnett è una di quelle figure che i suoi adepti riescono a descrivere per filo e per segno, senza quasi mai trovare risposte positive dal resto del mondo. Un guru della meditazione e delle tecniche energetetiche che ha immesso tutta la propria esperienza nella società OneLife:

"Dopo il calcio ho dovuto cercare qualcosa di nuovo. Ho seguito un corso di auto-sviluppo per tre mesi e alla fine mi sono trasferito in un collettivo spirituale. Barnett, che ho incontrato di persona, mi ha dato un nome spirituale, Darando. Significa "il fiume che scorre verso il mare". Ho acquisito molta esperienza, intuizione e comprensione, ho imparato a organizzarmi nella vita fisicamente e mentalmente per ottenere maggiori profitti. Sono riuscito ad avere molte risorse umane senza avere rimpianti, sono diventato più ricco e posso vivere meglio il presente e dare forma al mio futuro".

Darando, o Lars Elstrup, che durante la carriera calcistica è stato un attaccante prolifico, con una media notevole in Nazionale (13 goal in 34 presenze), vive nella comunità vicino Odense per un anno, prima di sfruttare tutta l'energia raccolta per compiere un salto verso il livello successivo. Staccarsi da Darando e dalla Compagnia dell'Oca selvaggia per tornare al proprio io nato nel 1963, con un nome e un cognome quasi banali. I suoi:

"Abbiamo rotto con il leader di Wild Goose Michael Barnett e abbiamo fondato la nostra comunità, The Heart of the Sun. 50 persone. Per tutto il periodo dal 1993 al 2000, ho vissuto con queste persone. Il motivo per cui ho lasciato il collettivo, è perché ero guidato dalla volontà di salire di livello e realizzare un profitto invece di una perdita. Era nuovo, eccitante, un bel posto"

Protagonista del documentario trasmesso dalla tv danese nel 1994, Elstrup verrà mostrato intento ad eseguire una danza estatica, libera, coinvolgente. Non ascetica, considerando che Lars continuerà ad avere uno stile di vita comune per molti aspetti: bacco e tabacco lo accompagneranno durante i suoi anni alla The Heart of Sun. Per il popolo danese, è 'strano'. Non c'è altro modo di evidenziare come i suoi connazionali lo vedano: fuori dal comune. E non in maniera positiva.

Quando si scoprirà che Elstrup, grazie al denaro accumulato durante la sua carriera calcistica, è in possesso di una casa galleggiante a Nyhavn, cercherà di mettere dei paletti alle storie che di bocca in bocca cominciano ad essere sempre più assurde:

"Non lo è, piuttosto si tratta di una barca a vela in cui ho vissuto durante l'estate".

Nel corso degli anni Elstrup finirà nelle prime pagine, soprattutto di settimanali scandalistici, per forme di protesta e di attivismo che non verranno mai capite: come quella di sedersi in quel di Strøget, Copenaghen, con addosso una montagna di corone danesi:

"Lo scopo era vedere se qualcuno avrebbe preso i soldi, perché io li avrei effettivamente dati via. La maggior parte percepiva che i fossi lì a chiedere l'elemosina. Non ho detto niente ed è stato emozionante osservare i passanti. Alcuni mi hanno lanciato soldi, ma uno alla fine li ha presi. Gli ho sorriso perchè aveva capito lo scopo".

Lars ElstrupYoutube

LE MEDAGLIE VENDUTE PER BENEFICENZA E IL NUDO

C'è un evento nella vita di Lars Elstrup che separa i giudizi negativi da quelli positivi. Campione di Euro 1992, membro dell'Odense vincitore della lega danese nel 1989, decide di staccarsi nettamente dal vecchio materialismo, per un bene superiore. Reale, tastabile. Dopo aver regalato la medaglia d'oro degli Europei e i kit della propria carriera, organizza un'asta in cui sono presenti le medaglie della sua era in patria:

"Ho ripulito il mio appartamento per sbarazzarmi degli oggetti superflui. Ho le medaglie nel mio cuore sotto forma di esperienze, quindi potrei creare gioia regalandole o vendendole".

Le 16.000 corone, circa 2000 euro, messe insieme, vengono donati per aiutare i bambini malati di cancro dell'ospedale di Odense. Non si tratta di denaro utile alla sua vita, considerando il gruzzolo considerevole messo da parte durante il suo decennio da professionista. Un gruzzolo che gli permette ad esempio di recarsi in India per lavorare sulla propria spiritualità sotto la guida di maestro. Spazzando via giudizi e pensieri altrui.

I giudizi non lo toccano, ma arrivano roboanti specialmente nel 2016, quando Lars Elstrup entra in campo completamente nudo nella gara della lega danese tra Randers e Silkeborg. Salti, capriole sorrisi e persino una verticale tra tifosi impietriti e giocatori a metà tra il divertito e lo scandalizzato. Di divertente, guardando da fuori, c'è veramente poco. Spesso ha infatti svelato di aver pensato di farla finita. E non con il calcio.

E' andato avanti, venendo indicato da chi non ha mai conosciuto le sue gesta. Chi è quel signore? Lars Elstrup. Continua a camminare. Ansioso, ma certo di volerlo superare. Consapevole di poter fare del bene. Perchè la sua entrata durante Randers-Silkeborg, ad esempio, portò a delle scuse tutte sue: punito con cinque anni di Daspo, si offrì di intrattenere il pubblico durante l'intervallo di un match a scelta del club in cui è cresciuto negli anni '80, dal suo inizio al 1986:

"Sarà uno spettacolo per la gente e ci saranno balli, musica allegra e cura speciale nel programma. Voglio essere l'architetto dietro a tutto, sarà completamente gratuito per voi. Mi dispiace per il disagio che potrei aver causato".

La risposta che Lars Elstrup pensava, forse ingenuamente, potesse essere positiva, non arriverà. Di lui si saprà sempre meno, sgusciante e libero tra un continente europeo e uno asiatico, senza mai essere ordinario e capito. Ospite di un amico, in strada per dimostrazioni artistiche e politiche, sulla propria barca con le gambe incrociate ad andare oltre gli sguardi divertiti di intervistati e curiosi.

A Vissenbjerg, a Nyhavn, in India, Elstrup sorride a chi lo giudica, a chi lo insulta. Racconta se stesso e il suo credo, la sua vita. Cerca di aprire la mente, di assimilare nuove conoscenze per andare avanti. Il primo livello è la sua carriera calcistica. Addentrandosi e salendo al secondo, appare la gloria dei suoi connazionali per il goal alla Francia e il successo degli Europei. Tutto attorno alla scala di valori, la sua esperienza di vita. Oltre il calcio, per superare ciò che rappresenta. Una cosa seria, certo. Ma non così tanto da peggiorare un'esistenza. Lars l'ha capito, staccandosene. Ha scelto di scegliere un'altra vita. La sua.

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