La stagione 2020/21 ci sta dimostrando che, di base, c’è una Juventus con Cristiano Ronaldo e una senza Cristiano Ronaldo. Il portoghese, com’è normale che sia, è il giocatore che più influisce sulle fortune bianconere. Eppure, il derby contro il Torino ha dato ad Andrea Pirlo un altro spunto di riflessione. Perché nei fatti c’è stata una Juventus senza Weston McKennie e una Juventus con Weston McKennie. Quella dei primi 71 minuti, spenta, spesso lenta, in ritardo. Quella degli ultimi 25 - recupero compreso - aggressiva, lucida, alta, vivace, grintosa.
È chiaro che perdere un derby non piaccia a nessuno e la reazione sia anche frutto dell’orgoglio di una squadra ferita. Inutile negare, però, che la doppia sostituzione effettuata da Pirlo al 71’ abbia dato una svolta alla partita. E se Alex Sandro ha dato più spinta di Danilo a sinistra, McKennie ha portato un dinamismo che nel centrocampo bianconero non si era mai visto fino a quel momento. Si sa: per caratteristiche, il texano classe 1998 è un elemento unico nella rosa. Per ritmo, intensità, capacità di alzare il pressing e il baricentro di tutta la squadra e recuperare all’indietro.
Negli ultimi venti minuti, la Juventus ha cambiato passo. Ed è accaduto grazie al contributo dell’americano. Uno che la differenza non la fa tanto palla al piede, piuttosto quando si tratta di fase di non possesso. Non è un giocatore da statistiche, perché 10 palloni toccati in 25 minuti, in fondo, sono anche pochi per un centrocampista. Più significativa, però, è la zona in cui sono arrivati questi tocchi: tre negli ultimi sedici metri avversari, tre sulla trequarti avversaria, tre sulla propria trequarti, uno a ridosso della propria area. A tutto campo. Anche se il suo contributo reale non si misura in termini statistici. Ciò che si misura in termini numerici è la pulizia nella distribuzione: 6 passaggi completati su 6. Pochi, ma fa parte delle sue caratteristiche. Cosa più importante: senza palloni persi. E tre recuperati. Rabiot in 71 minuti ne ha recuperato uno solo.
Getty ImagesNon si tratta di una scoperta, perché già nelle prime due partite stagionali, contro Sampdoria e Roma, l’ex Schalke 04 aveva già mostrato il proprio repertorio di aggressività, pressing e intensità. Si tratta più di una riscoperta. Negli ultimi due mesi ha dovuto fare i conti con il Covid-19, con la panchina e con un ruolo diverso, più tra l’esterno e la trequarti, nelle sperimentazioni di Pirlo alla ricerca del miglior pressing. Alla fine però, sia contro la Dynamo Kiev sia contro il Torino, è tornato al centro del campo. E ha dato il meglio. Ha alzato il baricentro bianconero, accorciato la squadra. E, a coronamento di tutto, il primo goal con la maglia della Juventus in una partita tutt’altro che banale. Sfruttando le sue doti aeree, spesso sottovalutate a causa della sua statura.
"Mi piace inserirmi, l'ho fatto e ha funzionato. Io e Cuadrado non ci somigliamo soltanto, ma abbiamo anche un'ottima intesa".
Certo, di derby McKennie se ne intende, visto che in Germania è stato spesso protagonista nelle sfide del suo Schalke 04 contro il Borussia Dortmund. Il Revierderby , ribattezzato anche “la madre di tutti i derby”, è considerato il più acceso e sentito della Bundesliga. Per questo lui meglio di altri può aver colto il significato della rivalità cittadina. Ciò che non gli manca è il senso d’appartenenza a dei colori che sono suoi soltanto da tre mesi. Con lui la Juventus ha un altro passo. E Pirlo, ora, potrebbe non volerne fare più a meno.




