La 'Fatal Verona': quando il Milan perse due Scudetti al Bentegodi

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Due Scudetti che sembravano già vinti, e che invece sfumeranno all'ultimo, clamorosamente. Il primo nella stagione 1972/73, il secondo nella stagione 1989/90. In entrambi i casi il Milan getta alle ortiche il titolo cadendo rovinosamente nella trasferta col Verona, al Bentegodi.

Due k.o. che ancora oggi appaiono incredibili, contro una squadra nel primo caso già retrocessa in Serie B, nel secondo quasi. Con alcuni minimi comuni denominatori: i nervi a fior di pelle, la condizione non ottimale di alcuni uomini chiave, le grandi polemiche sulle direzioni arbitrali dei Lo Bello (Concetto diresse l'infuocata Lazio-Milan che avrebbe avuto pesanti ripercussioni sul finale di stagione del 1973, Rosario fu il protagonista della partita del 1990) e le lacrime amare dei tifosi rossoneri, increduli al fischio finale di fronte a quanto accaduto sul campo.

SERIE A 1972/73, NASCE 'LA FATAL VERONA'

Nereo Rocco era tornato sulla panchina dell'amato Milan nel 1967 e i rossoneri hanno ripreso a fare incetta di trofei, soprattutto a livello internazionale: sono arrivati subito il 9° Scudetto e una Coppa delle Coppe, quindi la seconda Coppa dei Campioni nel 1969, seguita dalla prima Coppa Intercontinentale nella battaglia contro l'Estudiantes, e una Coppa Italia nel 1971/72

Nella stagione 1972/73,  il nuovo presidente Alvaro Buticchi  allestisce una squadra forte, in grado di competere sulla carta su più fronti: ad un organico già importante, che ha nel capitano Gianni Rivera il suo elemento di maggior spicco, vengono aggiunti in estate tre elementi di prim'ordine come Luciano Chiarugi, Maurizio Turone e Dario Dolci.

Rocco, che ha compiuto 60 anni, passa al ruolo di Direttore tecnico, lasciando il lavoro sul campo all'ex capitano Cesare Maldini. Il grande obiettivo è lo Scudetto della stella,  impresa riuscita fino ad allora soltanto alla Juventus e all'Inter, ma si punta a far bene anche in Coppa delle Coppe e in Coppa Italia.

I risultati danno ragione alla società, e il Milan sembra avviato ad un finale di stagione trionfale, con quello che potrebbe essere, usando un termine spagnolo tanto in voga negli ultimi anni, uno storico Triplete.

A fine aprile, però, le cose in campionato iniziano a prendere una piega pericolosa. Il 21 i rossoneri vanno a Roma per disputare la sfida Scudetto contro la Lazio di Chinaglia,  ma escono sconfitti 2-1 dall'Olimpico fra le polemiche. L'arbitro, il celebre Concetto Lo Bello, ha infatti annullato un goal a Chiarugi, ai più parso regolare. Dopo la gara il Giudice sportivo Alberto Barbè squalifica per 4 giornate il capitano del Milan Gianni Rivera e per 3 mesi il D.t. Nereo Rocco per "frasi irriguardose pronunciate nei confronti della terna arbitrale".

Il Milan è raggiunto in testa dai capitolini e il Consiglio direttivo della società dà le dimissioni, chiedendo un'inchiesta. La Commissione disciplinare in sede di appello dimezza le sanzioni, riducendo a 2 le giornate di stop per Rivera e a un mese e mezzo la squalifica di Rocco, sostituito in panchina dal suo braccio destro Cesare Maldini.

Nonostante il passo falso, comunque, la squadra di Rocco e Maldini sembra poter tagliare l'ambizioso traguardo del 10° Scudetto della sua storia. Intanto le cose in Coppa delle Coppe vanno alla grande: i rossoneri eliminano i lussemburghesi del Red Boys, il Legia Varsavia, lo Spartak Mosca ai quarti e lo Sparta Praga in semifinale (doppia vittoria per 1-0) e conquistano la finalissima, in programma a Salonicco, in Grecia, il 16 maggio 1973.

Gli avversari sono gli inglesi del Leeds United, guidati da Don Revie, in una gara che si annuncia molto impegnativa e tutt'altro che una passeggiata di salute per gli italiani. Tanto più che c'è uno Scudetto da vincere.

Guardando il calendario, la dirigenza del Milan si rende conto subito che gli impegni sono troppo ravvicinati: la gara dell'ultima giornata di campionato contro il Verona è appena 4 giorni dopo la finale di Coppa delle Coppe.

All'epoca, peraltro, non erano previsti i calci di rigore, ma la ripetizione della partita in caso di parità anche dopo i tempi supplementari, ipotesi tutt'altro che remota. E i lombardi, se ce ne fosse la necessità, vorrebbero giocare l'eventuale replay il 18 maggio, quindi soltanto 2 giorni prima dalla gara 

Per questo la società rossonera il 3 maggio chiede ufficialmente alla Lega Calcio di posticipare il match di Verona in caso di ripetizione della gara di Salonicco. Già in questa prima lettera il Milan ventila l'ipotesi di una necessità di rinvio anche con assegnazione del trofeo il 16 maggio.

Intanto la squadra del 'Paròn' si era rimessa in carreggiata dopo la disfatta di Roma, battendo in extremis il Napoli, pareggiando fuoricasa col Torino e superando a San Siro il Bologna 3-1. Le avversarie per lo Scudetto, Lazio e Juventus, tuttavia, non mollano, e Rocco capisce che la squadra arriva spremuta all'appuntamento decisivo. Così insiste con la società per chiedere comunque il rinvio della partita del Bentegodi. L'11 maggio il Milan ufficializza l'istanza: il Diavolo chiede il posticipo di Verona-Milan a prescindere.

Dalla Lega però, la risposta tarda ad arrivare, e si giunge invece all'appuntamento europeo di Salonicco. Il viaggio in Grecia è particolarmente pesante, con i collegamenti dell'epoca che non erano certo quelli di oggi. Come se non bastasse, il terreno di gioco dello Stadio Ethniko Kaftanzogleio è molto pesante per un acquazzone che si era abbattuto sull'impianto poco prima della finale.

I rossoneri passano subito in vantaggio al 5' con un goal su punizione di Chiarugi, che con un sinistro chirurgico supera il portiere scozzese Harvey. Poi il Leeds si riversa all'attacco, il Milan fa le barricate e riparte in contropiede, portando a casa il risultato nonostante le espulsioni nel finale di Sogliano e Hunter. Gli inglesi se la prendono con l'arbitro ellenico Michas, che a loro dire avrebbe agevolato gli italiani. Le polemiche non si spegneranno nemmeno a distanza di anni.

Ma è il Milan a mettere in bacheca la seconda Coppa delle Coppe della sua storia. La squadra fa rientro in Italia dopo un altro lungo viaggio e attende una risposta favorevole della Lega per il rinvio della gara di campionato con il Verona. Ma quel "sì" al rinvio non arriva. 

"Constatato il regolare svolgimento della vittoriosa gara finale di Coppa delle Coppe - scrive la Lega nel suo comunicato ufficiale del 18 maggio 1973 - non sussistono i motivi per accordare il posticipo da voi richiesto. Confermiamo la disputa della gara Verona-Milan in Verona per il 20 maggio all'orario ufficiale. Saluti. Leghitalia".

Il Milan ne prende atto, senza insistere ulteriormente per il rinvio. Si arriva dunque all'ultima giornata di campionato, che si gioca domenica 20 maggio , con una classifica che vede i rossoneri primi con 44 punti, Lazio e Juventus seconde a pari merito con 43 e tre squadre ancora in corsa per il titolo.

I rossoneri sfidano al Bentegodi il Verona, la Lazio è impegnata sul difficile campo del San Paolo contro il Napoli, la Juventus gioca all'Olimpico contro la Roma. Il destino è sui piedi dei giocatori del Milan, visto che, con una vittoria contro gli scaligeri, i rossoneri conquisterebbero lo Scudetto della stella.

L'impresa sulla carta appare tutt'altro che proibitiva, anche considerato il fatto che i gialloblù di Cadè sono già retrocessi in Serie B. Ma già alla vigilia i presagi non sono favorevoli: oltre a Rocco, squalificato, non può andare in panchina nemmeno Cesare Maldini, ammalato. A guidare la squadra al Bentegodi sarà allora il giovane Giovanni Trapattoni. Lo stadio veronese è un tripudio di bandiere rossonere, i milanisti pensano che il trionfo sia alla portata.

Ma succede che in difesa ci sia l'assenza pesante di Schnellinger, che Rivera e compagni scendono in campo in condizioni fisiche e mentali non ottimali, e dall'altra parte il Verona, con un Zigoni indemoniato, sembra giocarsi una finale.

"Vidi il colpo d'occhio, con tante bandiere rossonere. - racconterà Gianfranco Zigoni alla 'Rai' - Quelle gialloblù erano nascoste, perché mi hanno detto che i milanisti non volevano che si vedessero. Questo ha generato in me un po' di ribellione, e ho detto a Mazzanti: 'Oggi non perdiamo con questi qua, dovranno fare i conti con me' ".

Mentre Zigoni e il Verona in campo volano, il Milan sprofonda. Gli scaligeri trovano 3 reti nei primi 25 minuti: segnano Sirena al 17', servito perfettamente con un cross dall'ex bianconero, il raddoppio è frutto di un'autorete di Sabadini al 25' su conclusione di Luppi e al 29' lo stesso centravanti riceve da Bergamaschi e batte Vecchi con un tiro ad effetto. Un vero e proprio disastro sportivo. Al 32', tuttavia, il difensore rossonero Rosato trova il 3-1 e la riapre con un gran tiro dalla distanza.

L'unica notizia positiva per i lombardi dopo i primi 45 minuti, sono i risultati dagli altri campi: la Roma vince infatti 1-0 sulla Juventus grazie a un goal di Spadoni, mentre Napoli e Lazio pareggiano 0-0 al San Paolo. Alla luce di questi punteggi, lo Scudetto sarebbe deciso con uno spareggio fra Milan e Lazio.

Ma ci sono ancora 45 minuti da giocare e Rivera prova a scuotere i compagni nello spogliatoio. Le gambe dei rossoneri però proprio non girano e i padroni di casa dilagano. Al 70' Luppi, che per l'occasione sembra Gerd Müller, irride Zignoli a suon di finte e con un tiro rasoterra infila ancora il disastroso Vecchi sul primo palo: 4-1. La manita gialloblù si completa al 72' con Turone che devia alle spalle del proprio portiere un tiro da lontano di Busatta. 

Sembra finita, anche se negli ultimi minuti Sabadini e Bigon danno segnali di risveglio, portando il punteggio complessivo sul 5-3.  A condannare i rossoneri, arrivano i risultati clamorosi e sfavorevoli dagli altri campi: dopo il pari di Altafini, all'87' un tiro forte ma centrale di Cuccureddu regala alla Juventus di Vycpálek un successo in rimonta che vale il 15° Scudetto, il secondo consecutivo. A Napoli, infatti, cade anche la Lazio, condannata da un goal di Daminai all'89'.

Enrico Ameri, telecronista dall'Olimpico per 'Tutto il Calcio Minuto per Minuto', fotografa con le sue parole lo storico momento. 

"Santarini libera sui piedi di Causio, che rimette in mezzo. Salta Bet e libera, sui piedi di Cuccureddu. Tiro e goal! Ha segnato Cuccureddu! La Juventus in questo momento è virtualmente campione d'Italia".

La classifica finale del campionato 1972/73 recita: Juventus prima con 45 punti, Milan secondo a 44, Lazio terza con 43. I tifosi rossoneri, che in 30 mila avevano affollato lo Stadio Bentegodi, si lasciano andare a pianti disperati.  Con lo Scucetto perso a 3 minuti dalla fine del torneo nasce il mito della 'Fatal Verona'.

Dopo la partita esplode la polemica, con dichiarazioni al veleno da parte di alcuni protagonisti.

"Ecco i miei cadaveri", sono le parole con cui Rocco apre la conferenza stampa post partita, in aperta contestazione con il presidente Buticchi, che dopo la gara va negli spogliatoi a complimentarsi con i giocatori del Verona, la Lega Calcio e la FIGC, presieduta da Artemio Franchi. E la sera, a 'La Domenica Sportiva', il 'Paròn' rincara la dose.

"Ci siamo messi sull'attenti alle decisioni dei signori dirigenti federali".

Ancora più sibillina risulta la frase di Rivera, detta sempre a 'La Domenica Sportiva', che sintetizza così quanto accaduto nell'ultima incredibile giornata:

"Diciamo pure che la palla è rotonda, ma diciamo anche che rotola sempre dalla stessa parte".

In casa Juventus, c'è invece grande soddisfazione per un risultato in extremis. I tifosi bianconeri invadono il prato dell'Olimpico dopo l'esito favorevole degli ultimi 90 minuti.

"Nell'ultimo mese e mezzo - sottolinea Vycpálek - abbiamo preso 6 punti al Milan. Sarebbe stato atroce se il Milan avesse perso a Verona e noi non avessimo vinto a Roma. Vincere così è stata una grossa soddisfazione".

I rossoneri si prenderanno una piccola rivincita in Coppa Italia,  battendo il 1° luglio per 6-3 ai rigori proprio i bianconeri campioni d'Italia. Ma le polemiche per quell'incredibile ultima giornata non si sopiranno mai del tutto. Molti anni dopo si saprà che da parte della Juventus erano stati promessi premi a vincere,  consentiti e tollerati nel calcio italiano fino a metà degli anni Ottanta, al Napoli e allo stesso Verona. 

LA CADUTA DEL MILAN DI SACCHI NEL 1990

Quanto accaduto nel controverso finale di stagione 1973, si ripeterà, in circostanze diverse e con protagonisti diversi, nel 1989/90. La 'Fatal Verona' torna a colpire quando i protagonisti della volata Scudetto sono il Milan di Arrigo Sacchi e il Napoli di Alberto Bigon.

Alla quartultima giornata la vittoria a tavolino ottenuta dal Napoli sull'Atalanta consente ai partenopei di restare appaiati ai rossoneri. Entrambe le squadre in lizza per il titolo arrivano così alla penultima giornata appaiate in classifica a quota 47 punti. In molti pensano che il campionato possa decidersi allo spareggio, soluzione non troppo gradita ai vertici federali, considerata la vicinanza dei Mondiali italiani.

Il calendario prevede che i rossoneri vadano in trasferta ad affrontare il Verona di Osvaldo Bagnoli, con un piede in Serie B, mentre il Napoli sfidi al Dall'Ara il Bologna.  Sulla carta il turno è favorevole al Diavolo, ma ancora una volta, come 17 anni prima, il campo darà un altro verdetto.

I punti a tavolino assegnati ai partenopei avevano creato grande tensione e nervosismo nello spogliatoio rossonero. Al momento della verità, domenica 22 aprile, il Milan si presenta al Bentegodi privo degli infortunati Ancelotti e Borgonovo.

Sacchi si affida davanti a Van Basten e Simone, Bagnoli risponde con Gritti centravanti, supportato sulle due fasce dagli esterni offensivi Davide Pellegrini a sinistra e Fanna a destra. Se a Bologna Careca e Maradona mettono subito in chiaro il risultato per la squadra di Bigon, altrettanto non accade a Verona.

Gli scaligeri giocano a viso aperto perché hanno bisogno disperato di punti per sperare nella salvezza. Al 15' però la partita sembra mettersi in discesa per la squadra ospite: Simone, con una botta su calcio di punizione, batte Peruzzi. 0-1.

Ma il Milan, particolarmente nervoso e poco lucido, commette l'errore di non chiuderla subito. Anzi, è il Verona a rendersi pericoloso con un colpo di testa a pelo d'erba di Gritti, che chiama Pazzagli alla deviazione in corner. 

Nella ripresa il Bentegodi si trasforma in una bolgia e riappare il mito funesto della 'Fatal Verona'.  Al 59' Sacchi si gioca la carta Gullit, al rientro ma assente dai campi da mesi, al posto di Simone. Poi sale in cattedra, con le sue decisioni controverse, l'arbitro Rosario Lo Bello,  figlio di quel Concetto che nel 1973, con la sua direzione contro la Lazio, aveva mandato su tutte le furie Rivera e Rocco. 

Favero,  il difensore centrale gialloblù,  prima sgambetta in area Massaro, poi stende Van Basten.  Per il fischietto siciliano è tutto regolare,  Sacchi protesta vibratamente e viene espulso.  In campo piove di tutto, curiosamente anche qualche monetina. Ma si continua a giocare e al 63' il Milan si fa sorprendere. Fanna batte teso a centro area un calcio d'angolo dalla destra e il carneade argentino Victor Hugo Sotomayor, di testa, batte Pazzagli: 1-1.

I campioni d'Europa sono sempre più nervosi, vedono messo a rischio uno Scudetto che fino a qualche giornata prima sembrava sicuro.  Lo Bello espelle nel giro di pochi minuti Van Basten e Rijkaard, che guadagnano anzitempo gli spogliatoi. In 9 contro 11, i rossoneri vengono colpiti in contropiede dal Verona.

Davide Pellegrini riceve palla sulla sinistra, eludendo la trappola del fuorigioco (ma un suo compagno è oltre la linea), si presenta a grandi falcate davanti a Pazzagli e lo batte con un preciso pallonetto. È il 2-1 che ridona agli scaligeri speranze di permanenza in Serie A, poi vanificate dal k.o. di Cesena nell'ultimo turno, e getta il Milan e i suoi tifosi nello sconforto. Costacurta protesta e prende il terzo rosso di giornata.

Per i tifosi rossoneri ancora lacrime amare, dopo quelle di 17 anni prima. Lo Scudetto prendeva la strada di Napoli, con i partenopei che dopo aver battuto 4-2 il Bologna lo conquisteranno matematicamente all'ultimo turno con un successo di misura sulla Lazio. A nulla servirà il poker del Milan sul Bari. La classifica finale dirà: Napoli 51 punti, Milan secondo con 49.

"Era difficile ripetere quanto successo 17 anni fa - dichiara a caldo Bagnoli alla 'Rai' nel post partita - invece questi ragazzi ci sono riusciti. Ma ci vuole rispetto per l'avversario".

"Nel fine settimana - dice Silvio Berlusconi, sempre alla 'Rai' - abbiamo avuto una sentenza esemplare (quella sulla monetina di Alemão, ndr), oggi c'è stato questo arbitraggio esemplare. Ma non ritengo in alcun modo che si possa dire, da quanto visto sul campo, che il Milan oggi abbia perso la testa".

Nell'occhio del ciclone finisce l'arbitraggio di Lo Bello, che ai microfoni di 'gianlucadimarzio.com', nel dicembre 2017, racconterà la sua verità.

"Ho vissuto dieci anni di gogna mediatica per quell’incontro, ma la verità è che sono stato tradito dall’isteria collettiva dei rossoneri. Poche settimane prima li avevo diretti a Lecce senza alcun problema. Sacchi dall’inizio della partita era nervosissimo. Forse iniziava a soffrire il mal di panchina. L'ho espulso perché mi diceva di tutto, non potevo far finta di niente".

"Poi fischiai un fallo a metà campo contro Van Basten e l’olandese si tolse la maglia buttandola a terra. - ricorda Lo Bello - Un comportamento inconcepibile per un campione come lui e una mancanza di rispetto che ho vissuto come un tradimento”. 

Quanto ai due episodi di rigore, afferma: "Anche se avessi avuto il VAR, forse, ma dico forse, sarei andato solo a rivedere l’episodio di Massaro. Su Van Basten sono sicurissimo". 

Ancora peggiore, secondo Lo Bello, il comportamento di Rijkaard. "L'olandese sputò un paio di volte nella mia direzione. La seconda mi prese su una scarpa, dandomi anche della 'gran testa di c***o'. La gara si era accesa e durante la navigazione perigliosa, l’arbitro non deve perdere la bussola. Non potevo chiudere un occhio". Dunque altro rosso.

Quanto al goal di Pellegrini e all'espulsione di Costacurta, Lo Bello non ha dubbi: "Disse che eravamo dei disonesti. Si lamentava per un fuorigioco inesistente. Capivo il suo dispiacere, ma dovevo applicare il regolamento".

C'è poi una rivelazione su quanto sarebbe accaduto nell'immediato post partita del Bentegodi.

"Vennero Galliani, il team manager Ramaccioni e Gianni Letta, che all’epoca faceva il dirigente. - sostiene Rosario Lo Bello - Raccontai cos’era successo in campo.  Galliani si scusò a nome della società. Poi però cambiarono rapidamente linea…".

Molto diverso il racconto e la lettura dei fatti dato da Van Basten nella sua autobiografia, 'Fragile'.

"Domenica 22 aprile, penultima di campionato, giocammo in casa dell’Hellas Verona, che era a un passo dalla retrocessione. Non mi è mai capitato di assistere a una cosa del genere. L’arbitro, Rosario Lo Bello, quel giorno fece di tutto per farci perdere, fischiando in maniera scandalosa".

"A un certo punto - prosegue Van Basten nel suo racconto -  presi un cartellino giallo, sebbene per un semplice fallo di ostruzione. Avevo a malapena sfiorato l’avversario. Era l’ennesima volta che subivamo una punizione senza motivo, quindi dissi all’arbitro: 'Ma che cavolo stai facendo?'. Lui mi ignorò, al che, per protesta, mi tolsi la maglietta e subito presi il secondo cartellino giallo, e dunque l’espulsione".

"Poco dopo fu espulso anche Rijkaard, anche lui per somma di ammonizioni. Anche lui per una provocazione. Pure Costacurta fu mandato negli spogliatoi con un cartellino rosso. Rimasero in campo otto giocatori. Perfino Sacchi fu allontanato dal campo. Davvero una storia strana, sembrava tutto organizzato".

"Il Verona in quella stagione sarebbe giustamente retrocesso, noi avevamo alle spalle una serie incredibile di vittorie. Ma quel giorno in otto finimmo per perdere 2-1, due punti andati in fumo così. La settimana dopo il Napoli vinse con la Lazio e si aggiudicò ufficialmente il campionato, con due punti di scarto su di noi. Sembrava davvero tutta una montatura. Dopo tutti questi anni è ancora una cosa che mi fa arrabbiare. Vederti rubare uno Scudetto, almeno così l’abbiamo vissuta noi".

Il più ironico di tutti è Gianni Rivera, in quel momento parlamentare, che dopo la seconda fatal Verona dirà: "Speriamo che ai Lo Bello nascano solo femmine...".

Il campo di Verona è rimasto un terreno tradizionalmente ostile per i rossoneri, e ha evocato sempre funesti ricordi. Ma negli anni più recenti il Milan lo ha anche espugnato in diverse occasioni. Certo, quei due Scudetti sfumati all'ultimo bruciano ancora.