47 goal in 53 partite. Un biglietto da visita a cui non bisognava aggiungere altro. È lo 'score' di Lionel Messi nella stagione 2009/2010. La 'Pulga' si è presentato ai Mondiali in Sudafrica dopo una stagione al top, anche se i numeri non riflettevano il suo vero stato d'animo.
Sì, perché dopo la delusione in Germania nel 2006, la Coppa del Mondo rappresentava un appuntamento da non sbagliare. Diego Armando Maradona in panchina, Leo in campo, con i riflettori del mondo puntati addosso.
Una sensazione che si è palesata già nella gara d'esordio contro la Nigeria, quando il numero 10 sembrava ossessionato dal dover segnare un goal per togliersi di dosso la pressione.
Getty ImagesUna situazione completamente opposta rispetto a quella vissuta nel corso della stagione con la maglia del Barcellona, con cui è riuscito a segnare goal a grappoli.
Contro le 'Super Aquile' ha calciato ben undici volte verso la porta, il dato più alto nella storia dei Mondiali. Ma non è riuscito nel suo intendo. L'immagine che ritrae lo stesso Messi insieme a Maradona mentre si disperano per i goal falliti ha fatto il giro del mondo.
Una sequenza che evidenziava uno stato emotivo e psicologico: il sogno si è trasformato in ossessione. Un desiderio diventato innaturale.
A partire da quella Coppa del Mondo, e nelle due edizioni successive, si è generata una sorta di ossessione. "In nazionale non gioca come nel club".
Proprio come nel 2010, Messi si è presentato dopo una stagione da protagonista anche ai Mondiali nel 2014 e nel 2018. In mezzo, lo shock delle sconfitte in Copa America nel 2015 e 2016.
Durante questo periodo si è scatenato in patria un costante dibattito sul numero di palloni toccati da Messi, gli assist e la mancanza di affiatamento con i compagni di squadra, ma non solo. Una polemica dietro l'altra con al centro della discussione sempre lui, Leo.
Getty ImagesUna sorta di nube che è servita al commissario tecnico Lionel Scaloni per fare esperimenti in amichevole, quando non c'era Messi, e individuare possibili nuove soluzioni con giovani all'esordio in nazionale. E proprio a quel gruppo il capitano si è aggregato nelle gare che contano, entrando a far parte di uno spogliatoio formato da giovani talenti che non solo lo rispettavano ma lo amavano.
Insieme ai vari Rodrigo De Paul, Paredes, Lo Celso e Lautaro Martinez, Messi ha ritrovato quella serenità e soprattutto quella freschezza che sembrava aver perso.
Fondamentale anche il ruolo di Lionel Scaloni, che lo ha riportato in squadra senza caricarlo eccessivamente di responsabilità. Dal punto di vista tattico gli ha affiancato un centravanti, Lautaro, attorno a cui girare e che si mette a sua disposizione. Un esterno, prima Nico Gonzalez e poi Di Maria, come ulteriore opzioni. Un trio di centrocampo con grande capacità di pensiero e fantasia nella costruzione, con De Paul, Lo Celso e Paredes.
La Copa America 2019 ha rappresentato inizialmente una grande delusione, ma ben presto si è trasformata in un passaggio fondamentale per la crescita dell'Argentina. Finalmente c'era una squadra, c'era un gruppo. E nel 2021 Messi ha completato l'opera. Sconvolto per il clamoroso addio al Barcellona e il passaggio al PSG, ha trovato il suo luogo ideale con la maglia dell'Argentina, negli spazi della Federcalcio e con le stesse facce per 45 giorni a causa della pandemia.
GettySenza rendersene conto, con totale naturalezza, ha prodotto una serie di prestazioni brillanti, cosa che non gli era mai successa prima. Ha imparato a divertirsi. Un qualcosa di semplice che in realtà era complicatissimo.
Dopo il successo in finale contro il Brasile, Messi ha continuato a giocare ad un buon livello e ha ricevuto il calore e l'affetto della gente in ogni angolo del mondo, dal Monumental a Wembley, dove ha vinto contro l'Italia la 'Finalissima', passando per la Bombonera.
Nonostante la particolare attenzione riservata dai compagni (De Paul su tutti), spesso eccessivo, Lionel Messi ha imparato a sentirsi a suo agio.
"Questo sarà il mio ultimo Mondiale. L'ultima possibilità per realizzare il mio e il nostro sogno e di renderlo realtà".
Tutt'altra storia rispetto a quando calciava undici volte in porta con l'ossessione di dover far goal. Il tassello più importante per il 'Diez' dell'Argentina, l'ultimo per completare il puzzle e ambire a grandi traguardi.
Di Lucas Bertellotti
