Ken Monkou: il miglior giocatore del Chelsea che si è dato ai pancakes

Ken Monkou GfxGOAL

Una via di mezzo tra le crêpes e i pancakes. Salati, dolci, con derivati animali o vegani. I pannenkoeken sono tra i piatti più tipici della cucina olandese, frittelle consumate durante uno spuntino. Più grossi delle crêpes, i pannenkoeken (che letteralmente significa proprio pancakes) hanno portato nel corso dei decenni all'apertura di una quantità indefinita di attività dedicate esclusivamente alla loro vendita, ma si possono trovare praticamente in ogni bar o tavola calda dei Paesi Bassi. Non fa eccezione Delft, cittadina di circa 100.000 abitanti nei dintorni di Rotterdam, casa del Feyenoord e luogo in cui è cresciuto Kenneth Monkou, entrato nel business della ristorazione una volta appesi gli scarpini al chiodo.

La carriera di Monkou non è stata certo tale da essere ricordata negli almanacchi dei record, ma la sua avventura calcistica non ha lasciato brutti ricordi. Nato in Suriname e scelto dal Feyenoord dopo essere cresciuto a The Hague, diviene velocemente idolo dei tifosi più attaccati al passato. Quelli che non vedono di buon occhio genio e sregolatezza, ma solamente la passione, la grinta e la volontà di dedicare la propria vita allo sport. Non finisce in prima pagina per risse, modi di porsi particolari. Non fa tardi, è preciso. Come in campo, dove è temuto dagli avversari in virtù della sua stazza: 191 cm.

Messosi in mostra col Feyenoord a fine anni '80, Monkou ottiene una prima grande chiamata nel 1989. Il Chelsea, all'epoca, non è certo la squadra d'elite che sarà in futuro grazie a Roman Abramovich, ma ha un grande seguito ed una storia centenaria a cui i tifosi di Stamford Bridge sono legatissimi. Firma con i Blues dopo aver affrontato i londinesi in amichevole: mister Robert Campbell è folgorato da come sappia muoversi nonostante l'altezza, strappandolo agli olandesi per circa 120.000 euro.

IL VECCHIO CHELSEA: SECONDA E PRIMA SERIE

Quel Chelsea è intenzionato a tornare una volta per tutte in prima divisione, dopo gli anni a lottare nella seconda serie. I tifosi del Chelsea vorrebbero poter contare subito su calciatori dei dintorni, e non su un ragazzo nato in Suriname: dal 1982 non hanno osservato neanche un giocatore nato fuori dai paesi del Commonwwalth. L'ultimo, sette anni prima, è stato Petar Borota, jugoslavo. Inizialmente dubbiosi, hooligans e canterini fans della del weekend lo eleggeranno a proprio idolo. La sua forza e determinazione al centro della difesa conquistano tutti. I Blues conquistano la promozione con 99 punti (17 in più del Manchester City secondo e anch'esso promosso direttamente), Monkou blinda la difesa.

Tra le migliori retroguardie della Second Division, il Chelsea si ripeterà anche in First Division, concludendo quinta grazie al perfetto equilibrio tra l'attacco, rappresentato da Kerry Dixon e Kevin Wilson, e la difesa, in cui Monkou sarà imprescindibilmente titolare ed autore di un goal. Nonostante il duo d'attacco a 34 centri totali, sarà lui a vincere il premio come miglior giocatore Blues dell'anno. Un onore non indifferente, di cui Gianfranco Zola, Eden Hazard e Frankie Lampard sono i massimi rappresentanti e plurivincitori.

Al Chelsea fino al 1992, Monkou avrà modo di vincere anche la Full Members Cup, competizione nata durante l'esclusione delle squadre inglesi dalle competizioni europee, in seguito alla triste serata dell'Heysel. 27enne, firmerà con il Southampton, la squadra in cui vivrà la maggior parte della sua vita calcistica: sette anni a lottare per la salvezza, e sperare di essere scelto per la Nazionale olandese. Senza successo, causa livello dei colleghi centrali sempre al top e in lotta per i più grandi trofei europei.

Quello che Monkou non riuscirà mai a fare durante la sua carriera, chiusa all'Huddersfield senza squilli di tromba. Applausi in campo, ma nessuna prima pagina. Amore dei tifosi, ma non da gotha del calcio britannico e tabloid. Un uomo che ha bisogno di reinventarsi. Nel corso del tempo diventerà ambasciatore del Chelsea, opinionista tv sia in Olanda che in Inghilterra, divenendo testimonial di campagne contro il razzismo. Prima di rientrare nel mondo del calcio stabilmente, Kenneth ha però tempo libero da vendere. Non ha limitazioni riguardo il futuro: vuole tenersi occupato ed un vecchio desiderio del passato torna ad ossessionarlo.

COSA METTETE SUI PANCAKES?

Trasferitisi dal Suriname in Olanda, i genitori di Monkou hanno cresciuto il piccolo Ken tra propria casa e un piccolo bar-bistrot. Un luogo magico che non ha mai dimenticato: il suo obiettivo è quello di investire in un caffé o una salta da tè. Salutato il calcio, si reca nella vecchia casa di pancakes in cui ha passato tanti pomeriggi: la Old Town Pancake House, avviata in un edificio del 17esimo secolo a Delft. Non ha nessuna intenzione di essere borioso o pomposo, chiedendo di acquistare il locale. Anzi:

"Ho chiesto al proprietario -dirà a 'Foufourtwo' - se potevo lavorare nel ristorante e fare un po' di esperienza. Lui rispose: 'In qualsiasi momento, Ken, ma sai che questo posto è in vendita?' Otto mesi dopo ero il proprietario".

Da possibile impiegato a imprenditore di un'attività. Monkou nel 2006 si mette al lavoro rinnovando il piccolo locale, che avrà modo di diventare un simbolo cittadino in circa otto mesi. L'edificio storico, ristrutturato, attira curiosi e turisti, mentre i locali si riavvicinano ad un'attività che in passato hanno snobbato grazie alla presenza di un ex calciatore: Monkou. Due settimane in cucina, due settimane libere: quando è in città è lui a rigirare le frittelle nei pochi fornelli presenti, mentre durante le sue fughe lavorative da opinionista sono la moglie e la sorella ad occuparsi del regno delle frittelle di Delft.

"È una bella differenza, dal giocare allo stare dietro i fornelli a girare le frittelle. Va bene, però per me è sport. Una volta che sei impegnato, ti fa andare avanti, dato che sei solo in due in cucina e stai cercando di produrre 150 frittelle al giorno. Delft è un'antica città di ceramiche, quindi abbiamo molti inglesi che vengono in gita per una giornata. È abbastanza divertente vedere le loro facce quando entrano e dicono: "Ti ho già visto da qualche parte".

Abbiamo avuto un paio di tifosi del Chelsea perché qualcuno mi ha fatto una foto lì e ha cominciato a girare, quindi sono sicuro che anche i miei vecchi compagni di squadra inizieranno a venire a prendere i pancake gratis. È tutto molto divertente e mi piace lavorare qui perché sono una persona reale. I pancake sono molto tradizionali in Olanda e ne facciamo tanti tipi, con 99 ripieni diversi. Penso che il mio preferito sia banana e uvetta, ma non mi lascio tentare troppo spesso. Una volta che sei in cucina tutto il giorno per circa 10 ore è dura con l'odore, il sapore, l'aspetto invitante... Espanderci? No, è solo un'azienda di famiglia".

La vita di Monkou dietro ai fornelli durerà tre anni: tra il 2007 e il 2009, infatti, i ruoli da opinionista e ambasciatore cominceranno ad aumentare sempre più, portandolo ad abbandonare via via la conduzione della casa dei pancakes. Un lavoro nato per caso, approvato dalla famiglia e divenuto un modo per tenere mente e corpo concentrati. A 57 anni si diletta con gli ingredienti solamente nel privato, senza mostrare il sorriso a tifosi o semplici amanti dei pannenkoeken. La sua attività è stata venduta ad una nuova impresa, che ha trasformato il locale in un bar-bistrot in cui i pancakes sono ancora il piatto forte. Mentre Kenneth si prodiga nelle sue battaglie contro luoghi comuni, razzismo e ogni tipo di discriminazione, a Delft c'è qualcun altro ad organizzare le comande e sorridere ai clienti.