In Italia era più noto suo fratello John, reso celebre dal trio comico della Gialappa's Band, che lo sbeffeggiava per i suoi surreali errori sotto porta in Premier League. Sicuramente più forte era però Justin, più grande di lui di un anno. Nato nel Nord di Londra il 19 febbraio 1961, nel distretto di Hackney, è figlio di un avvocato nigeriano e di madre guyanese. Quando la relazione fra i due fallisce e i suoi genitori divorziano, trascorre come suo fratello l'infanzia in un orfanotrofio, la Dr Barnardo's Home. Quella ferita e la mancanza dei genitori lascerà nel suo intimo profonde cicatrici.
Dall'età di 5 e 6 anni i due fratelli Fashanu sono quindi allevati da Alf e Betty Jackson, una famiglia della middle-class inglese, ad Attleborough nel Norfolk. Fin da piccolo Justin inizia a giocare a calcio, per poi entrare, da adolescente, nel Settore giovanile del Norwich City. La sua non è però la storia di un campione, ma di un potenziale talento che per vicende della sua vita privata che poco hanno a che fare con il calcio finirà per perdersi, essere discriminato e infine isolato.
Justin è infatti omossessuale, o meglio bisessuale. E questo in un mondo ovattato come quello del calcio inglese degli anni Ottanta del secolo scorso non viene accettato (il secondo calciatore britannico a fare coming out sarà solamente nel maggio 2022, Jake Daniels). L'attaccante, oggetto di comportamenti razzisti e omofobi da parte delle tifoserie avversarie, che intonano beceri cori nei suoi confronti e gli lanciano banane in campo, vive un vero e proprio conflitto interiore, ha sensi di colpa profondi che lo tormentano e che lo faranno precipitare in un vortice negativo che lo condurrà al drammatico suicidio.
L'ESPLOSIONE NEL NORWICH E NELL'INGHILTERRA UNDER 21
A 17 anni, quando firma il suo primo contratto da professionista con i Canaries, Justin Fashanu è quello che oggi si definirebbe come un ottimo prospetto. Gioca attaccante e vede la porta con una certa regolarità. Debutta da minorenne nell'allora First Division nel mese di dicembre del 1978 e si afferma come uno dei talenti più interessanti del campionato inglese. In tre stagioni con la maglia gialloverde totalizza 103 presenze e 40 goal, un bel biglietto da visita che attira l'attenzione delle big.
Alcuni, poi, sono molto belli. Uno in particolare fa sobbalzare tutti sulla sedia: quello che realizza con un micidiale sinistro al volo da fuori area contro il Liverpool di Bob Paisley nel febbraio del 1980. Un autentico eurogoal che manda in visibilio i tifosi accorsi a Carrow Road. A fine stagione gli viene assegnato dalla 'BBC' il premio per il 'Goal dell'anno'.
Le prestazioni con il Norwich valgono all'attaccante anche la convocazione con l'Inghilterra Under 21, con cui si mette ulteriormente in mostra, segnando 5 reti in 11 presenze fra il 1980 e il 1981.
Tutto fa pensare all'inizio di una brillante carriera. I goal di Fashanu non bastano però a salvare il Norwich City, che proprio alla fine del torneo 1979/80 retrocede in Second Division. Il giovane attaccante viene così dato in prestito agli australiani dell'Adelaide City (11 presenze e 5 goal), prima della sua cessione a titolo definitivo l'anno seguente.
Ad aggiudicarsi il suo cartellino nell'agosto 1981 è il blasonato Nottingham Forest, che sborsa un milione di sterline (Fashanu è primo giocatore di pelle nera ad essere pagato una simile cifra) e spera di aver trovato in lui il terminale offensivo in grado di far tornare i Reds ai fasti di qualche anno prima. Artefice dell'operazione è Peter Taylor, assistente e braccio destro dell'allenatore Brian Clough.
GoalFASHANU AL NOTTINGHAM FOREST E I PRIMI GUAI
Approdato nella città di Robin Hood, Justin si accorge a sue spese che i diritti e le lotte per l'uguaglianza sociale sono ancora un'utopia nell'Inghilterra puritana e bigotta di quegli anni, in cui essere 'diversi' è un peso. A Nottingham, infatti, l'omosessualità, o meglio la bisessualità di Fashanu, inizia ad essere evidente. Il giocatore, se di giorno si accompagna ad un'avvenente signorina, con cui è fidanzato, la notte esce spesso la sera e frequenta locali gay.
Quella che poteva essere un trampolino di lancio verso una carriera di successo, si rivela presto una scelta sbagliata che lo porterà a un rapido declino. Eredita la maglia numero 9 di Trevor Francis e su di lui vengono riposte da tutti enormi responsabilità per quello che è soltanto un ragazzo di 20 anni. Se in campo il gioco del Forest, fatto di fitti fraseggi palla a terra e rapide accelerazioni, si rivelerà inadatto alle caratteristiche del centravanti, saranno i suoi comportamenti extra calcistici a segnare la rottura definitiva con Brian Clough.
La notizia delle frequentazioni notturne del calciatore rimbalzano infatti presto sui tabloid, e quando il suo nome è sbattuto in prima pagina da uno di questi con il titolo "locali gay", il rapporto fra il ragazzo e il suo allenatore si rompe definitivamente. Clough è infatti un grande allenatore, ma se è avanti anni luce per quanto concerne il discorso tattico e tecnico, è altresì un duro e un conservatore a livello di etica e morale, essendo comunque un prodotto della middle class inglese degli anni Cinquanta.
Sostanzialmente Clough non lo capisce, e a un certo punto, senza dubbio sbagliando, come lui stesso ammetterà anni dopo nella sua celebre autobiografia, riprenderà duramente Fashanu davanti ai suoi compagni di squadra, ritenendo che Justin mascheri la sua omosessualità e non voglia ammetterla pubblicamente.
"Dove vai se vuoi una pagnotta?", gli chiede Clough.
"Da un fornaio, immagino", risponde Justin.
"Dove vai se vuoi una coscia d'agnello?", insiste l'allenatore del Forest.
"Da un macellaio", risponde ancora il giocatore londinese.
"Allora perché continui ad andare in quei cazzo di locali per froci?".
Fashanu finisce ai margini del Nottingham Forest, si allena quasi in disparte dai suoi compagni e negli anni dell'esplosione del fenomeno hooligans, i tifosi avversari lo prendono sempre più di mira. Si sente 'sbagliato' e 'diverso', così cerca conforto nella Chiesa evangelica, che cerca di fargli rifiutare le sue inclinazioni e di fargli instaurare delle relazioni stabili con le donne, e assume un consulente religioso. Cerca di convincere Clough che non è gay, gli dice che si vuole sposare e gli presenta una ragazza.
Il tecnico si sente preso in giro. Così, quando un giorno Fashanu si presenta all'allenamento con il suo consulente, non ci vede più e gli intima di andarsene. Justin inizialmente si rifiuta, ma poi lascia il campo 'scortato' da due esili poliziotti inglesi.
Chiude così l'avventura al Nottingham Forest dopo appena una stagione con appena 3 reti in 32 presenze.
Getty ImagesL'INFORTUNIO AL GINOCCHIO E LA LUNGA INATTIVITÀ
Le porte della Nazionale maggiore si chiudono per lui a doppia mandata. I Reds lo mandano in prestito al Southampton, e nei pochi mesi trascorsi al 'The Dell' Fashanu segna 3 goal in 9 presenze totali. Su di lui punta allora la seconda squadra di Notthingham, i cugini poveri del Forest, il Notts County, che nel mese di dicembre ne rileva il cartellino pagandolo appena 150 mila sterline. Con i Magpies Justin ritrova un discreto rendimento e in 2 stagioni e mezzo (di cui 2 in First Division) realizza 20 goal in 64 apparizioni totali.
Ma il 31 dicembre 1983 è colpito duramente al ginocchio da un avversario e si procura una brutta ferita che tarda a guarire. Anche quando rientra il suo rendimento non è più lo stesso. Nell'estate 1985 si trasferisce al Brighton in Second Division per 115 mila sterline, ma dopo appena 16 presenze e 2 goal, la ferita al ginocchio si infetta e ne mette a rischio la stessa carriera.
GLI STATI UNITI E IL COMING OUT
Fashanu è costretto a fermarsi e per curarsi vola negli Stati Uniti, dove si trasferisce stabilmente. Resta fermo per ben tre anni, nei quali matura una maggiore consapevolezza della sua sessualità. Torna in campo nel 1988 con i Los Angeles Heat, gioca poi in Canada ad Edmonton prima di far ritorno in Inghilterra. Fa delle brevi apparizioni in First Division con Manchester City e West Ham, passa quindi al Leyton Orient per poi diventare allenatore-giocatore dei Dilettanti del Southall a soli 29 anni.
È in quel momento, nell'ottobre del 1990, che Justin decide di fare coming-out e di ufficializzare dalle pagine del 'Sun' la sua omosessualità. È in assoluto il primo giocatore professionista a farlo (recentemente è toccato all'ex sampdoriano Jankto).
“La star da 1 milione di sterline: sono gay”, titola il tabloid che pubblica la sua intervista.
Il suo intento è quello di squarciare il velo di ipocrisia che ammanta il mondo del calcio. Justin spera di dare l'esempio e aprire una strada, invece l'effetto che avrà sarà ben diverso e sarà la sua ulteriore marginalizzazione. Persino suo fratello John, che si sta facendo strada con il Wimbledon, ne prende le distanze, come la stessa comunità nera.
InternetUN FINALE DI CARRIERA DA REIETTO
Fashanu inizia a fare provini con tante squadre, ma nessuno o quasi è disposto più a dargli fiducia. Nei successivi 7 anni cambia 9 maglie, facendo un piccolo giro del Mondo fra Canada (Toronto Blizzard), Inghilterra (Leatherhead, Newcastle United e Torquay United), Scozia (Airdrieonians ed Hearts of Midlotian), Svezia (Trelleborg), Stati Uniti (Atlanta Ruckus) e Nuova Zelanda (Miramar Rangers).
Il gossip prende il sopravvento sulla sua carriera sportiva, che ha gli ultimi sussulti nell'esperienza positiva nella Serie C inglese con il Torquay, squadra con la quale resta 2 stagioni, dal 1991 al 1993, raggiungendo la finale dei playoff.
La vita personale di Justin va a rotoli: il calciatore è solo, e la sua immagine è sfruttata da cinici agenti, che vendono ai tabloid le storie di sue relazioni con uomini di potere e personaggi famosi, ma tutte si rivelano false o infondate.
In mezzo anche una chiacchierata love story con l'attrice Julie Goodyear, anch'essa bisessuale dichiarata. Gli sciacalli si sprecano e nel 1994 quando gioca in Scozia il nome di Justin è tirato in ballo nella morte del parlamentare Stephen Milligan (deceduto in seguito a un tentativo di asfissia autoerotica), con gli Hearts che lo cacciano per "comportamento disonorevole".
LE ACCUSE DI STUPRO
Chiusa la carriera da calciatore nel 1998, Justin Fashanu torna negli Stati Uniti a Ellicot City e sembra ritrovare una certa serenità, ricoprendo il ruolo di allenatore per il Maryland Mania Club. Ma una spirale cupa e tragica porterà in breve tempo alla fine della sua vita.
Il 25 marzo 1998 un diciassettenne, Ashton Woods, contatta telefonicamente la polizia del Maryland e dichiara di essersi svegliato nel letto di Justin Fashanu, mentre quest'ultimo gli praticava del sesso orale. Accusa dunque il calciatore di aver abusato di lui dopo averlo narcotizzato al termine di una serata fra alcool e fumo.
La polizia convoca pertanto Justin e lo interroga sui fatti il giorno seguente. L'ex attaccante si dimostra collaborativo, e non viene ritenuta necessaria la sua carcerazione preventiva. Fashanu sa bene però che il rischio di una condanna è molto alto: in quegli anni nel Maryland l'omosessualità è considerata per legge reato, così come la pratica del sesso orale e della sodomia, anche fra coniugi all'interno del matrimonio e partner consenzienti.
E quando la polizia si reca nell'appartamento di Fashanu il 3 aprile per prelevarne i campioni biologici necessari ad eseguire il test del DNA, lo trova vuoto.
IL SUICIDIO E LO STRUGGENTE BIGLIETTO D'ADDIO
Justin era scappato in Inghilterra, usando il cognome materno per non farsi riconoscere. Qui cerca un aiuto disperato per organizzare una sua difesa, ma non trova nessuno disposto a darglielo. Anche il suo ex agente, che spesso ne aveva sfruttato l'immagine, gli volta le spalle. È solo e disperato.
Il 2 maggio è certa la sua presenza al Chariots Roman, una sauna gay nel quartiere londinese di Shoreditch, nei pressi di Liverpool Street. La sera dello stesso giorno chiama suo fratello John al telefono. È l'ultimo disperato tentativo per trovare qualcuno che lo aiuti. John risponde e capisce che si tratta di Justin, i due fratelli restano in linea alcuni secondi in un silenzio irreale e poi il primo riattacca. Non può nemmeno immaginare cosa succederà di lì a poco.
Justin infatti il giorno seguente, il 3 maggio 1998, viene trovato impiccato con un cavo elettrico all’interno di un garage semi-abbandonato poco lontano dalla sauna dove era stato, nell'East End londinese. Le indagini stabiliscono che l'ex calciatore si è impiccato. In una tasca è ritrovato anche un biglietto contenente uno struggente messaggio di addio, in cui Fashanu fornisce anche la sua versione dei fatti.
"Desidero dichiarare che non ho mai e poi mai stuprato quel giovane. Sì, abbiamo avuto un rapporto basato sul consenso reciproco, dopodiché la mattina lui mi ha chiesto denaro. Quando io ho risposto 'no', mi ha detto: 'Aspetta e vedrai' ".
"Sperò che il Gesù che amo mi accolga: troverò la pace, infine".
La morte di Justin Fashanu scatena le reazioni più disparate, fra chi lo considera una vittima, chi invece lo condanna per quanto accaduto e chi, ancora, vede il suo suicidio come un ultimo tentativo di fuggire dalle sue responsabilità di una persona debole e sola. Ma dopo la sua morte le accuse di stupro nei suoi confronti cadono e Fashanu è assolto per mancanza di prove: emergono infatti grosse falle nella ricostruzione del ragazzo che aveva fatto la denuncia e nelle stesse indagini.
Justin, però, se n'era già andato per sempre, vittima dei pregiudizi e di un mondo che non gli perdonava la sua diversità. Grandi i rimorsi anche per suo fratello John, che ammetterà di non essere mai riuscito a capirlo e di averlo lasciato solo. Sarà il tempo a rendergli giustizia.
Nel 2016 sua nipote, Amal Fashanu, giornalista e presentatrice, ha realizzato un documentario per la BBC sull’omofobia che regna ancora nel mondo del calcio. La Premier League ha cambiato il suo regolamento, stabilendo che chi usa parole come "finocchio", "frocio" o "negro" possa essere punito fino a 19 giornate di squalifica.
Nel febbraio del 2020, infine, quasi 22 anni dopo la sua morte, Justin Fashanu è stato riabilitato anche come calciatore, venendo inserito ufficialmente nella 'Hall of Fame' del calcio inglese.
"È stato finalmente riconosciuto che Justin non era solamente un calciatore gay - ha sorriso la nipote Amal - era soprattutto un calciatore di talento".