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"Baciato" dal destino: Juan Manuel Vargas, "El Loco" che ha fatto impazzire la Serie A

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Un servizio della TV peruviana “Latina”, nel 2011, titola letteralmente “La locuras de Juan Manuel Vargas, el mas travieso y carismatico de la seleccion”,“Le follie di Juan Manuel Vargas, il più malizioso e carismatico della seleccion”, con tanto di frame con la parodia di un comico che, imitandolo con la maglia del Catania addosso, bacia sulle labbra tutto lo studio al ritmo di “Fiesta” di Raffaella Carrà, in sottofondo.

Un’altra sezione del video lo ritrae nel sopralluogo pre-gara di una sfida della Copa America disputata in Argentina nel 2011: veste la tuta del Perù, rappresentandolo, e vistose cuffie alle orecchie. Prende e si mette a ballar la “Macarena”, a occhi chiusi. Un sognatore, qualcosa in più.

Ritornando alla parodia del comico che esulta a un suo goal dispensando baci a destra e sinistra, questa ha un’origine ben precisa nonché nota. È il 30 gennaio 2008, a Catania fa un freddo micidiale, nonostante sia pomeriggio. I rossazzurri ospitano l’Udinese per i quarti di finale di Coppa Italia: al 44’ c’è un calcio di rigore per i padroni di casa, opportunità unica per pareggiare il momentaneo vantaggio di Pepe. Dal dischetto va Gionatha Spinesi che spiazza Chimenti e fa 1-1: non esulta. O meglio, non come al solito: lui, abituato ad aprire le braccia e a mimare le ali, aperte, di un “gabbiano”. Si dirige verso Vargas: i due si baciano sulle labbra e si abbracciano. Il Catania passerà alle semifinali grazie alla rete all’88’ di Morimoto, ribaltando il risultato dell’andata.

“Riesulterete con un bacio?”, chiede il “Trio Medusa”, allora alle “Iene”, inviate nel vecchio centro sportivo di Massannunziata. “Sicuro”, rispondono entrambi i rossazzurri. Così fu: “Mia moglie rimane un po’ così, sia la mia che quella di Juan, però sanno come siamo fatti noi. Non sono gelose”, ammette Spinesi a Sky Sport. “Se fanno goal li bacio anche io, non c’è problema”, aggiunge Ciro Polito, riferendosi ai due.

“Non lo so, con questo bacio si è ingigantito tutto: è arrivato anche in Perù: la gente pensa di me, ma è Loco o Loca? Ma a me non interessa”: pochi giorni prima del famoso gesto, a segnare la via del Catania fu il cross di Mascara su calcio d’angolo. “Al bacio”, appunto, per il mancino al volo dal limite dell’area dello stesso Vargas che batte Kalac per il momentaneo vantaggio sul Milan agli ottavi, sempre in Coppa Italia.

Il peruviano è alla seconda stagione in Italia quando fa letteralmente venir giù tutto lo stadio: quella d’esordio coincide anche con la prima dal ritorno del Catania in Serie A.Pietro Lo Monaco, allora dirigente etneo, lo prese dal Colon, dall’Argentina, così come i tanti talenti che hanno firmato importanti pagine della storia recente del club rossazzurro. È diverso dai soliti giocatori: il classico tipo che non vuoi metterti contro. Due quadricipiti che possono tranquillamente sostituire il tronco di un uomo medio, capelli lunghi fino alle spalle, tirati indietro.

Della potenza del suo mancino dà una prova, tangibile, contro il Napoli, il 6 aprile 2008: la prima di Walter Zenga da allenatore. Al Massimino finisce 3-0, il terzo è il suo: una fucilata che Gianello non riesce neanche a intravedere e che va a insaccarsi sotto la traversa. Meglio per lui. Vargas si toglie la maglia e “la fa indossare” alla bandierina: poi mima un colpo alla tempia e cade al suolo. “El Loco”.

Juan Manuel Vargas Adriano Catania Inter 200607 Serie AGetty

A fine anno il Catania lo cede alla Fiorentina: “Il procuratore peruviano voleva andare a scadenza, ma dopo averli convocati entrambi in sede riuscii a convincerli ad andare subito alla Fiorentina”, ha raccontato qualche anno fa Pietro Lo Monaco a Tuttosport. Con la maglia viola Vargas fa anche meglio, superando di gran lunga le presenze con gli etnei (186 contro 73). Esordisce in Champions League, diventa uno degli elementi fondamentali prima con Cesare Prandelli, poi con Sinisa Mihajlovic: prima da esterno basso, poi da esterno d’attacco. È una forza della natura, o così pare, e tra il 2010 e 2011 si parla persino, a più riprese, del Real Madrid di José Mourinho.

“È vero, c'è un'offerta del Real. È tutto in mano al mio procuratore, Delgado. Io voglio riposarmi e gli ho chiesto di avvisarmi soltanto quando avrà deciso quale sarà il destino migliore per me. Non voglio distrarmi”, riporta La Nazione-Firenze in un articolo del giugno 2010.

Non ci andrà, purtroppo. Perché uno come lui avrebbe meritato un lieto fine a una storia del genere, anche solo per il suo mancino, dono indiscutibile della natura. Due anni dopo passa in prestito con diritto di riscatto al Genoa: 20 presenze, tanti ostacoli.

Juan Manuel Vargas Bayern Monaco FiorentinaGetty

In mezzo, la “Macarena” ballata in Copa America e gli scherzi a Jefferson Farfan, ripresi dal servizio citato nell’incipit: gli si avvicina, mentre questo rilascia diverse dichiarazioni alla stampa, quindi gli abbassa i pantaloncini a favore di camera. E scappa, sorridente.

Quella vissuta in Argentina resta senza dubbio una delle più importanti parentesi calcistiche vissute da Vargas: con il Perù arriva fino alle semifinali, conquistandone l’accesso grazie a un goal siglato ai supplementari, ai quarti, contro la Colombia. Da capitano. A un passo dalla finale i sogni di gloria si schiantano contro l’Uruguay, che alzerà la coppa a fine luglio. Al 68’ della sfida contro Suarez, Forlan e compagni viene espulso: così fa male.

Due anni prima, sempre contro l’Uruguay, provocò Diego Godin, facendogli perdere la testa e rimediare un’espulsione: gli passa accanto, prima che esca dal terreno di gioco. Gli rivolge un “Ciao”, con la mano e il sorriso. E gli lancia un bacio.

Lui, che li ha sempre preferiti agli “schiaffi” al pallone: violenti, sì, ma allo stesso tempo irrazionali. Il suo tiro, al contrario della sua “Locura”, era chirurgicamente preciso, diretto e sostanziale. Mai teorico. Un po’ matto, “Loco”, un po’ sognatore: negli ultimi anni della sua carriera ha giocato in Spagna, al Betis Siviglia, quindi è ritornato in Perù, all’Universitario. A Lima, dove tutto è iniziato: il suo percorso, il suo viaggio. Il suo mancino, è proprio il caso di dirlo, “baciato dal destino”.

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