Per comprendere l’importanza di Jefferson Farfan per il calcio peruviano basterebbe scorrere il catalogo in spagnolo di Netflix alla ricerca del film ‘La Foquita: el 10 de la Calle’ (letteralmente ‘La foca: il 10 della strada’), lo storytelling biografico della sua carriera. Certo, non vedrete recensioni straordinarie, ma il solo fatto che sulla sua vita sia stato realizzato un film rende abbastanza l’idea. Il 10 venuto dalla strada, partito dal nulla, cresciuto solo con la madre tra tante difficoltà e arrivato fino a giocare ad un Mondiale con il Perù. Un idolo in patria, che nel suo paese si è sviluppato calcisticamente, esordendo giovanissimo, per poi diventare davvero grande in Europa. Sin da subito.
Quando il PSV Eindhoven andò a bussare alla sua porta non aveva neanche vent’anni e probabilmente aveva sentito parlare della squadra solo grazie al Fenomeno Ronaldo. Aveva già vinto tre titoli di fila con l’Alianza Lima, era stato incoronato calciatore peruviano dell’anno. Si dice che fosse stato proprio l’allora tecnico Guus Hiddink a volerlo tra le fila del club, insieme a star come Park, Cocu, Van Bommel. L’ambientamento fu incredibilmente rapido, tanto che al primo anno già sfiorò la finale di Champions League, fermato solo dal Milan di Ancelotti nel recupero grazie al colpo di testa di Ambrosini che valse il pass per Istanbul.
Già agli esordi Farfan aveva colpito tutti. Ala destra o punta centrale, potendo far leva su un fisico possente seppur non supportato dall’altezza (supera appena il metro e 70), ma con velocità e dribbling che lo rendevano quasi incontenibile. Ha squarciato le difese olandesi a suon di gol, andando sopra quota 20 sia nel 2006 che nel 2007. E vincendo ogni anno il campionato. Tutto ciò a nemmeno 24 anni, con gli occhi di mezza Europa addosso.
Nel 2008 fu lo Schalke 04 ad assicurarselo per una decina di milioni. Sembrò da subito un’accoppiata particolare: un sudamericano festaiolo in una città in cui le attrazioni scarseggiano e la vita notturna non è propriamente quella che si può trovare in altri luoghi. Tutto sommato fu un’accoppiata vincente, almeno nei primi anni. Nel 2011 Farfan tornò in semifinale di Champions League dopo aver battuto l’Inter campione in carica ai quarti con un 2-5 ancora leggendario. Si piegò solo di fronte al grande United di Ferguson.
Un giocatore da top club da questa parte dell’oceano, al centro degli scandali invece oltre l’Atlantico, nel suo paese. Sospeso per due volte dalla nazionale, pizzicato a tarda notte nei locali tra donne e alcool, ma anche a giocare al casinò. Non ciò che la Federazione si aspettava da quello che insieme ai suoi amici Juan Vargas e Paolo Guerrero doveva essere il punto di riferimento della rinascita della Blaquirroja.
I problemi disciplinari, comunque, non avevano scoraggiato altri top club europei dall’inseguirlo per provare a strapparlo allo Schalke. Nel 2012 firmò un rinnovo fino al 2016 che mise fine ad un susseguirsi di voci che lo volevano lontano da Gelsenkirchen, con Bayern Monaco e Juventus particolarmente interessate a lui.
"Abbiamo parlato molto spesso e intensamente con il Bayern - ha ammesso a ‘Sport Bild’ - Ovviamente sono stato molto felice di ricevere una richiesta del genere. Ma ora non si torna indietro, sono allo Schalke. Ero orgoglioso che il Bayern fosse interessato. Rafinha mi scriveva continuamente, mi voleva sulla fascia destra davanti a lui!”
"La Juventus è prima in Italia e un grande club, ma giocano un tipo di calcio diverso da quello che vorrei. Avrei dovuto reinventarmi se ci fossi andato. Devo valutare il complesso e per me lo Schalke è più attraente della Juventus. Ho i miei sogni allo Schalke e li realizzerò”.
Spoiler: non li realizzerà. Nonostante l’attacco con lui e Huntelaar fosse ancora prolifico, la squadra non è più riuscita a trovare un assetto dopo l’addio del leggendario Raul. L’unico trofeo conquistato da Farfan allo Schalke rimane la Dfb-Pokal del 2011. In 7 anni, un bottino un po’ povero.
L’ultimo triennio ha portato anche grosse difficoltà fisiche, dovute secondo alcuni anche ad un regime alimentare non proprio da professionista: non sembra un caso che il suo periodo di forma migliore lo abbia avuto sotto la gestione di Felix Magath tra il 2009 e il 2011, anche se l’amore tra i due non scoppiò mai. Anzi, Farfan arrivò persino a parlare di “problemi irrisolvibili”, “zero comunicazione” e “pressione psicologica altissima”: “Preferirei spaccare le pietre piuttosto che essere allenato da lui”.
Il declino fisico lo portò nel 2015 ad accettare l’offerta milionaria dell’Al-Jazira, uscendo dal giro del calcio europeo a soli 31 anni. La sua esperienza mediorientale durò poco più di un anno: 13 presenze tra infortuni e una rottura anticipata dell’accordo perché il club non aveva rispettato alcune clausole. Risoluzione unilaterale, con via d’uscita già scritta: Lokomotiv Mosca, dove avrebbe potuto ripartire anche grazie alla presenza dell’ex dirigente dello Schalke Erik Stoffelshaus, che nell’estate 2018, dopo aver vinto il campionato, lo avrebbe riunito con il suo ex capitano Benedikt Höwedes — con cui sarebbe tornato da avversario in autunno a Gelsenkirchen, accolto come un re.
La Russia come simbolo di redenzione. Dopo averci vinto il titolo, ci ha anche giocato il Mondiale con il Perù. Il primo dopo 36 anni di attesa. Da protagonista, da punto fermo del Ct Ricardo Gareca, che ne aveva fatto un leader dello spogliatoio. A 33 anni, la sua grande occasione, conquistata con il lavoro e il merito: dopo che nel 2015 aveva raggiunto il terzo posto in Copa America, era tornato ad unire il Perù e non a dividerlo come faceva all’inizio. La qualificazione è stata in gran parte merito suo e gli è valsa il soprannome di “Uomo della provvidenza” in patria.
Giocò le prime due gare di Russia 2018, poi saltò la terza per una commozione cerebrale rimediata dopo uno scontro in allenamento. Il Perù uscì ai gironi. L’anno dopo, in Copa America, si infortunò al termine della fase a gironi: i suoi compagni arrivarono fino alla finale persa con il Brasile.
Quel problema al ginocchio lo tormenta tuttora. La Foquita nel frattempo è tornata in Perù, nel marzo 2021, ovviamente con la sua Alianza, a 17 anni dall’addio. Non è raro vederlo in tv o sui giornali, essendo una star nel suo paese. Ultimamente è stato parecchio criticato per la sua scarsa forma fisica: è al rientro da un lungo infortunio a quel ginocchio sinistro che lo tormenta dalla Copa America 2019. In molti vorrebbero che si ritirasse, club compreso: Farfan ha il contratto in scadenza e la società ha già annunciato che non vuole rinnovarglielo. Jefferson però dal canto suo vorrebbe andare avanti ancora, si è detto disposto anche a giocare gratis.
Sognava di tornare al Mondiale con il Perù, ma i suoi compagni hanno perso ai rigori lo spareggio con l’Australia. Cueva si era anche detto già disposto a rendergli la 10 in caso di qualificazione. Invece, a 38 anni, la sua carriera si avvia verso il tramonto: Farfan - il cui contratto con l'Alianza Lima scadrà il 31 dicembre 2022 - ha annunciato ufficialmente l'addio al calcio giocato.
Una carriera iniziata con grandi auspici, non del tutto mantenuti. E con le occasioni Bayern e Juve perse. E ora il sipario.