
Bosman. Quante volte questo nome è stato utilizzato parlando di calciomercato? Milioni. Un nome famosissimo che per anni nel mondo del calcio è stato citato più di quello di Maradona e Pelé. Adesso, la sentenza che porta il suo nome è entrata a pieno titolo nei meccanismi del calciomercato e del calcio in generale e dunque si fa sempre meno riferimento a lui. Ma chi è Jean-Marc Bosman? In pochi conoscono la storia dell’uomo che non è esagerato definire come colui che ha cambiato per sempre la storia del calcio.
Nato in Belgio nel 1964 e cresciuto nello Standard Liegi, squadra della sua città, nell’estate del 1990 conclude il suo contratto con l’RFC Liegi, altra squadra della città che gli ha dato i natali.
È l’estate delle Notti Magiche, dei goal di Totò Schillaci e del trasferimento di Baggio dalla Fiorentina alla Juventus, ma nessuno può immaginare che è in Belgio che il calcio sta per cambiare per sempre. Sì, perché proprio la fine del contratto che legava Jean-Marc Bosman all’RFC Liegi genera una serie di avvenimenti facilmente spiegabili con la “Teoria del piano inclinato” molto cara ai fan di Aldo, Giovanni e Giacomo.
Il Dunkerque, club francese che militava in Ligue 2 (all’epoca nota come Division 2), propone a Bosman un contratto ma l’indennizzo offerto all’RFC Liegi viene considerato inadeguato dal club belga. Sì, un indennizzo. Il nodo sta tutto qui. All’epoca infatti, proprio fino al caso Bosman, i club interessati a tesserare un giocatore erano obbligati a versare una cifra alla società che deteneva il cartellino del giocatore anche quando il contratto dell'atleta con quella società era scaduto. Molto strano, quasi incomprensibile, se valutato col senno di poi. Ma in un calcio radicato in un sistema economico del tutto diverso, non esistevano i “parametri zero”, se non quei giocatori dei quali nessun club deteneva il cartellino.
La richiesta dell’RFC Liegi, come raccontato in seguito dallo stesso Bosman, era di 375.000 euro, cifra fuori mercato. In Francia, però, il Dunkerque gli avrebbe garantito un salario triplicato rispetto a quello che Bosman percepiva in Belgio e il centrocampista era dunque molto allettato dalla possibilità di trasferirsi.
GettyBosman si infuriò e denunciò sia l’RFC Liegi che la UEFA alla Corte di Giustizia Europea, travalicando i confini della giustizia sportiva e rivolgendosi a quella ordinaria. L’RFC Liegi non si fece intimorire, non gli concesse di andare a giocare al Dunkerque e gli decurtò anche lo stipendio, pagandolo appena 275 € mensili, vale a dire il salario minimo previsto in Belgio.
La carriera di Bosman, di fatto, si concluse in quel momento. E mentre l’omonimo John, attaccante olandese del PSV, si godeva Italia ’90, Jean-Marc proseguiva la sua battaglia in tribunale, compromettendo definitivamente la sua carriera.
Emblematico è il racconto fatto dallo stesso Bosman in seguito alla sua successiva avventura professionale.
“C’era un’altra società interessata a me – raccontò attraverso FifPro – Era il Saint-Quentin, che mi aveva chiamato per un test match contro il Valenciennes. Non potei andarci perché quel giorno avevo l’udienza in tribunale contro il Royal Liegi. In seguito venni a sapere che il presidente del Royal Liegi, André Marchandise, aveva contattato il suo collega francese, dicendogli che aveva intenzione di aprire in zona due magazzini per lo stoccaggio merci con la sua azienda, la Trafic. Poi aggiunse: rompi la promessa che hai fatto a Bosman e ti regalo anche due giocatori. La risposta fu negativa, ma poco dopo il Saint-Quentin fallì”.
Bosman iniziò una doppia vita: da una parte chiedeva giustizia nei confronti del Royal Liegi, che gli aveva di fatto rovinato la carriera, dall’altra continuava a giocare ma senza mai più avvicinarsi ai livelli assaporati nella prima parte della carriera. “Nessuno voleva un piantagrane in squadra”, dichiarò in seguito lo stesso Bosman che iniziò a sentirsi vittima del sistema calcio che, a suo dire, aveva deciso di tagliarlo fuori.
La sua rivincita arrivò e fu un autentico terremoto: la Corte di Giustizia Europea gli diede ragione facendo leva sul Trattato di Roma, che sanciva già da più di 30 anni la libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione Europea. I calciatori, di fatto, furono assimilati a tutti gli altri lavoratori e dunque ogni calciatore assumeva il diritto di circolare liberamente per il territorio europeo e di lavorare per qualsiasi club facente parte di un Paese dell’UE, una volta scaduto il contratto che lo legava ad una società.
Come detto, quella sentenza rivoluzionò il calcio. Nacquero cosiddetti i “parametri zero” e le società si ritrovarono ‘schiave’ di calciatori e procuratori che, talvolta, consapevoli di avere il coltello dalla parte del manico, ottengono rinnovi e ritocchi sull’ingaggio puntando sulla tacita minaccia di liberarsi a costo zero alla scadenza del contratto.
Bosman si prese la sua rivincita, ma ormai la sua carriera era finita. La celebre "Sentenza Bosman", infatti, arrivò il 15 dicembre 1995, esattamente 28 anni fa, quando lui aveva già superato i 30 anni ed era reduce da cinque stagioni a dir poco sottotono. La sua avventura da calciatore si concluse ufficialmente da lì a poco e, mentre il calcio cambiava proprio grazie a lui (o per colpa sua, a seconda dei punti di vista), Bosman precipitò nel baratro.
Mentre i suoi ex colleghi iniziarono a guadagnare parecchi soldi anche grazie al suo contributo, lui di soldi iniziò a vederne sempre meno.
“Ho vissuto con l’indennizzo ottenuto dal processo – ha raccontato lo stesso Bosman al ‘Sun’ circa dieci anni fa - e con i 200.000 euro ricevuti da di FIF Pro, ma la maggior parte del ricavato è stato inghiottito dagli avvocati e dalle spese legali “.
Qualche calciatore, però, ha provato ad aiutarlo, anche per una sorta di riconoscenza.
“Una volta ho incontrato Gattuso e Seedorf, quando giocavano nel Milan. Mi hanno detto che non è una situazione normale per un giocatore che ha fatto così tanto. Koeman e i De Boer mi hanno versato 3mila euro – ha rivelato recentemente - Qualche tempo fa ho ricevuto una telefonata dalla madre e manager di Adrien Rabiot. Aveva da poco firmato un buon contratto con il Paris Saint-Germain e mi diede 10mila euro perché secondo lei in quel contratto c’era anche qualche merito mio. Oggi Rabiot gioca nella Juventus dopo aver rifiutato di rinnovare con il PSG ed essere andato via proprio a costo zero...”
Il mondo del calcio lo mise da parte e lui non riuscì a ritagliarsi uno spazio, facendosi invece inghiottire dal terribile mostro dell’alcolismo.
“Ho cominciato a bere, sempre di più. Stavo sempre in casa e bevevo di tutto”.
Un’abitudine che gli costò persino un ricovero in ospedale nel 2007. Dopo essersi disintossicato, lavorò per qualche tempo come operatore ecologico vicino casa, dove andò a vivere col suo labrador. Le Porsche e le belle case erano diventate soltanto un lontano ricordo. Adesso, nella sua quotidianità, Jean-Marc doveva preoccuparsi di procurarsi da vivere.
GettyAndò avanti per un po' col sussidio economico dello Stato (pari a circa 700 euro, poi ridotti a meno di 600) che gli fu revocato quando fu accusato di non fare abbastanza per riuscire a trovare un lavoro.
I problemi, come spesso accade in queste circostanze, iniziarono a moltiplicarsi. Nel 2012, infatti, si macchiò anche di un’aggressione nei confronti della compagna e rischiò il carcere, venendo poi condannato a lavorare per i servizi sociali.
Adesso, all’età di 59 anni, Bosman vive di stenti, ricordi e rammarico. “Non bevo più”, assicura. Collabora ogni tanto con Fif-Pro, ma il suo cruccio è sempre lo stesso.
“Dovrebbero stendermi tappeti rossi, invece i giovani non sanno nemmeno chi sono. C’è chi mi accusa di aver rovinato il calcio, ma non è vero, l’ho solo reso più ricco. Con il risultato che i calciatori guadagnano milioni e io vivo in povertà”.
Il paradosso di Jean-Marc Bosman. La storia del declino di un calciatore prima e di un uomo poi. Di un uomo che, in fin dei conti, aveva semplicemente ragione.
