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Armando Izzo Napoli AvellinoGetty/YouTube/GOAL

L'addio tra Armando Izzo e il Napoli: l'Avellino lo riscattò alle buste per 200mila euro

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Una sliding doors di mercato con protagonista Armando Izzo. Se oggi l'isola felice del difensore si chiama Monza, esiste uno spaccato che intreccia origini ed un treno mai preso: c'entrano la sua Napoli ed Avellino, col ragazzo nato a Scampia che vide il sogno di giocare in azzurro dissolversi per 200mila euro.

Parliamo di un Izzo giovanissimo, che a circa 20 anni milita nel vivaio partenopeo e che inizia ad essere ceduto qua e là: Armando col Napoli ha conquistato un campionato Berretti ed è un pilastro della Primavera, così parte la girandola di cambi maglia utili a fargli fare le ossa.

Sei mesi in prestito in Serie C alla Triestina, poi l'approdo in comproprietà all'Avellino nel gennaio 2012: Izzo in Irpinia trova la propria dimensione, disputando due stagioni e mezza coi Lupi e diventandone una certezza.

Nel salto dalla C alla B coi biancoverdi mette in bacheca una promozione e una Supercoppa di Lega Pro, regalandosi la possibilità di misurarsi per la prima volta in carriera con la cadetteria: Izzo nel 2013/2014 risulta uno dei migliori profili del campionato, tanto da alimentare voci che lo vorrebbero pronto per il rientro alla base.

Con la cessione del 50% all'Avellino avvenuta 18 mesi prima, però, c'è da sciogliere il nodo comproprietà: tra Napoli ed irpini l'intesa manca, così le due società si ritrovano a decidere il futuro di Izzo alle buste. Chi offre più soldi 'al buio', si aggiudica la metà del cartellino in possesso dell'altro club.

"Sono contento, è una stagione positiva - aveva dichiarato Izzo a 'Tuttomercatoweb' nelle ultime battute di quella stagione - Al mio futuro non ci penso, se ne occupa il mio agente. Chiaro, il Napoli gioca in serie A. Ma qui sono contento. Giocare in Serie A? Credo nelle mie potenzialità: penso di sì, sarei pronto".
Armando Izzo AvellinoGettyAngelo Ogbonna Armando Izzo Juventus AvellinoGetty

Il rebus, il 20 giugno 2014, viene risolto: il difensore saluta definitivamente la sua squadra del cuore, diventando interamente dei Lupi.

"L'A.S. Avellino comunica di essersi aggiudicata all'apertura delle buste l’intero cartellino del difensore Armando Izzo, risolvendo in proprio favore l'iniziale comproprietà con il Napoli".

A far notizia, oltre al fatto che il club di De Laurentiis non avesse più il controllo su uno dei suoi migliori talenti, è la cifra con cui l'Avellino acquisisce il 100% del calciatore: circa 200mila euro. Per età e doti del ragazzo, irrisoria.

"Probabilmente il Napoli non l'ha ritenuto all'altezza - affermerà a 'Radio CRC' dopo l'epilogo della comproprietà Paolo Palermo, all'epoca procuratore di Izzo - Il ragazzo ci teneva a restare in azzurro, ma in queste cose la volontà dei calciatori non è determinante...".

Il binomio Izzo-Napoli svanisce, il sogno del ragazzo di Scampia pure e l'effetto domino del mercato lo porta lontano dalla propria terra, perchè poche settimane più tardi l'Avellino lo cede a titolo definitivo al Genoa. Per quanto? 400mila euro.

L'amarezza comunque si trasforma in gioia, perchè il passaggio al Grifone gli vale l'approdo in A, l'esordio in massima Serie sotto la guida di Gian Piero Gasperini e addirittura la chiamata in Nazionale: un'altalena su cui Izzo viaggia a ritmi altissimi, anche se a cuor non si comanda ed il cruccio di non essersi mai potuto misurare in azzurro rimane. Così come l'amore per la città che gli ha dato i natali, salutata per dare una svolta alla sua vita grazie all'amico pallone.

Armando Izzo Walter Mazzarri TorinoGetty

Un percorso che - vuoi per casualità, vuoi per fatalità - col successivo trasferimento dal Genoa al Torino vedrà Izzo ricongiungersi con l'uomo che al Napoli su di lui avrebbe puntato eccome: Walter Mazzarri.

L'allenatore livornese, nell'estate del 2010 al timone degli azzurri, regalò al difensore la gioia del salto in prima squadra convocandolo per il ritiro precampionato di Dimaro. Qualcosa di magico che va al di là del calcio, affondando in radici ben più profonde.

"Sono cresciuto a Scampia - racconterà Izzo alla 'Gazzetta dello Sport' nel 2017 - Papà lavorava anche 18 ore al giorno per garantirci una vita quasi normale. Poi una leucemia fulminante lo ha stroncato in due mesi. Aveva 29 anni, mia mamma 27 e io quasi 10. Sul letto di morte teneva stretto i miei 3 fratelli, tutti più piccoli. Stavo sulla porta, cercavo di non piangere. Da lontano mi ha fatto un cenno con la mano: diventavo il capofamiglia, altro che studiare. E infatti sbaglio i congiuntivi. Comunque, senza lo stipendio di papà siamo precipitati in miseria. Per mesi la mia cena è stata latte e pane duro".
"Mia madre iniziò a fare le pulizie nelle case: le davano 6 euro l'ora. E non si fermava mai. Io col pallone ci sapevo fare: a 14 anni dalla squadra di Scampia passai al Napoli. Mamma diceva: 'Ho sognato papà, aveva ali grandi. Dice di stare tranquilli: diventi calciatore'. Non è stato semplice. In estate facevo i tornei dei quartieri, girano parecchi euro. Partecipano calciatori veri, persino i campioni. Tutti fanno finta di non sapere che di mezzo c’è certa gente. La promessa fatta a papà mi dava forza: ho la sua faccia tatuata su un fianco".
"A 16 anni il Napoli mi passava 500 euro al mese. A questo si aggiungeva l’aiuto del mio procuratore, Paolo Palermo. Poi divento capitano della Primavera: Mazzarri mi porta in ritiro e quando vede che corro con le scarpe tre numeri più grandi, dà dei soldi al massaggiatore e gli dice di accompagnarmi in paese per prendermi quelle che preferivo. Il resto è frutto di sudore e ancora sudore".

Il legame speciale con Mazzarri, Izzo lo snocciolerà ancor meglio in una successiva intervista a 'SportWeek'.

"Insieme ad altri ragazzi della Primavera, parto per il ritiro estivo e conosco il mister. Un giorno mi chiama e dice: 'Il preparatore mi ha detto che non hai corso insieme agli altri. Perché?'. 'Non ho le scarpe da ginnastica'. Lui apre il portafogli e dice a uno dello staff: 'Vagliele a comprare'. Mazzarri è uno che per i suoi giocatori è disposto a morire. Se gli dai quello che vuole, ti fa stare da dio. È una persona umana".

Al Toro, oltre al tecnico, Izzo ritroverà anche il suo terzo angelo custode: Giuseppe Santoro, attuale team manager del Napoli.

"All'epoca era responsabile del settore giovanile azzurro, mi vide e iniziò a seguirmi - spiegò Izzo - Avevo 12 anni quando mi portò al Napoli. A 15 dissi basta: dovevo lavorare per mantenere la famiglia, il club non mi dava un soldo, non c’era nessuno che mi accompagnasse e riportasse a casa dagli allenamenti. Avevo deciso di smettere col calcio. Fu ancora Santoro a intervenire: mi procurò qualche rimborso spese, mi faceva venire a prendere dai suoi collaboratori per andare al campo...".
Armando Izzo Monza EmpoliGetty

L'ARCI Scampia, le difficoltà familiari, la voglia di lasciare tutto, poi gli incroci con Santoro, Palermo e Mazzarri che gli hanno cambiato vita e carriera portandolo a Trieste, Avellino, nella Genova rossoblù, al Torino, e adesso a Monza, piazza dove Armando ha ritrovato sorriso e continuità alla corte dell'amico ed ex compagno Palladino, anch'egli figlio di Partenope. Per Izzo, la mancata chance al Napoli resterà il capitolo mai scritto di un libro comunque speciale.

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