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Perisic e l'Inter, una storia in due parti: dall'addio 'obbligato' a quello doloroso

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A inizio febbraio del 2020 Ivan Perisic si è procurato un infortunio in allenamento in uno scontro contro Odriozola, una frattura alla caviglia che gli doveva far terminare la stagione in anticipo. Una vera e propria beffa, visto il rendimento soddisfacente che stava riuscendo a mantenere in un top club del livello del Bayern Monaco. Era arrivato in prestito con diritto di riscatto l’estate precedente. Quel ko rischiava di costargli anche la conferma. A rimescolare le carte in tavola, paradosso dei paradossi, è stata la pandemia. Lo stop della Bundesliga di due mesi, la ripresa a maggio, lo spostamento della Champions League ad agosto. Perisic ha finito l’annata giocando in tutta la fase finale della Champions, con tre coppe in mano. Protagonista.

Tutto lasciava pensare che a settembre sarebbe arrivato anche il riscatto da parte del Bayern. Nonostante l’arrivo di Leroy Sané, ufficializzato già da giugno, Hansi Flick voleva un quarto esterno oltre a Coman, Gnabry e appunto Sané. I costi dell’operazione e l’impatto del Covid sui conti, però, hanno fatto propendere i campioni di Germania e d’Europa per altre opzioni più economiche a livello di cartellino. Nel dettaglio, Douglas Costa in prestito per un anno. Un flop.

E così, Perisic è tornato all’Inter. Dove un anno prima non sembrava esserci posto per lui. Vuoi per il 3-5-2, vuoi per la voglia di cambiare aria per un po’. Antonio Conte lo aveva provato anche da seconda punta nelle amichevoli prestagionali, ma il croato non si sentiva pienamente a suo agio, così come non si sentiva a suo agio da ‘quinto’ di sinistra.

"Stiamo lavorando, ma le risposte non sono positive: non penso sia adatto per fare il ruolo che gli chiedo”aveva dichiarato Conte dopo l’amichevole col Manchester United, “quindi l'unico posto in cui può giocare in questo momento è quello di attaccante”.
Ivan Perisic Juventus Inter Coppa Italia Final 2022Getty

Quell'addio era stato quasi 'obbligato' dalle circostanze tra parti in causa che insieme sembravano non poter più coesistere. Dopo il Bayern, invece, invece, è cambiato tutto.

Conte si è ritrovato per le mani un altro Perisic. Lo ha convinto a giocare in quel ruolo di ‘quinto’ che un anno prima del Bayern gli andava stretto, è diventato la prima scelta, scavalcando Ashley Young nelle gerarchie. Qualche volta a gara in corso ha fatto anche la seconda punta. E ha vinto uno Scudetto da protagonista. Senza arrivare alla doppia cifra di goal o assist come aveva fatto in passato con Spalletti o al Bayern, ma risultando comunque determinante nel rush verso il tricolore.

Il suo peso specifico per l’Inter è ulteriormente aumentato con l’arrivo di Simone Inzaghi sulla panchina nerazzurra. La differente impronta di gioco e il cambio di fisionomia della squadra ha messo il classe 1989 ancora più al centro del gioco nerazzurro. Oltre ai numeri (9 goal e 9 assist) è l’apporto che fa la differenza. Eppure, il suo destino a gennaio sembrava già segnato, soprattutto nel momento in cui la dirigenza nerazzurra ha portato RobinGosens a San Siro.

“Perisic e Gosens possono anche giocare insieme, visto che Ivan può anche fare la seconda punta e a volte anche stare a destra”, aveva detto il tecnico.

La sensazione diffusa era che il tedesco fosse una sorta di rimpiazzo per un addio del croato quasi già sancito. Almeno fino a quando in primavera Perisic ha riacceso la luce nerazzurra diventando ancora più protagonista, trascinatore. 

La doppietta in semifinale di Coppa Italia è solo la punta dell’iceberg del suo periodo di grazia. E non è solo questione di feeling con le coppe nazionali - ne ha vinte tre in Germania con altrettante squadre diverse (Bayern, Wolfsburg, Dortmund).

"Il mio futuro non lo so ancora: così non si parla. Coi giocatori importanti non si aspetta l'ultimo momento. Dovete sapere anche questo”.
Ivan Perisic Juventus Inter Coppa Italia 2022Getty

Le sue parole a Mediaset avevano nuovamente riaperto il dibattito sul futuro. Le voci si inseguivano senza tregua. Perisic, in tutto questo, ha sempre pensato al campo e a far parlare le sue giocate. Anche a Bologna, nella notte più infausta della primavera nerazzurra, il suo goal è stato una luce. L'unica.

Alla fine quella sconfitta è stata decisiva per la corsa al tricolore e per far sì che l'ultima del croato in nerazzurro fosse poco più che un'amara comparsata: 3-0 contro la Sampdoria, un goal per aprire il punteggio e poi il saluto a San Siro in barella, per infortunio. L’ultimo addio, amaro, prima di volare a Londra e riabbracciare Antonio Conte. Proprio lui. Senza però dimenticare il passato nerazzurro.

"È stata un’esperienza indimenticabile che ha dato tanto a me come giocatore e a tutta la mia famiglia.⁣⁣⁣⁣ ⁣⁣⁣⁣Al team, allo staff, a tutti i dipendenti, ma soprattutto ai tifosi: avrete sempre un posto speciale nel mio cuore.⁣⁣⁣⁣ Me ne vado sentendomi onorato di aver fatto parte di questo club". 

Un addio migliore, per tutti, rispettoa tre mesi fa.

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