Verrebbe da dire, e sembrerebbe essere proprio così, che sia stato uno dei pochi giocatori mai capiti da Zdenek Zeman. Non è stato un Baiano, un Immobile o un Verratti. Per il tecnico ceco, che all'epoca fu un po' ciecamente convinto dell'opposto nell'osservare le sue doti, Ivan Helguera era un centrocampista duro e puro, e non un difensore. Mai e poi mai, non sia mai. Troppa qualità per giocare dietro, come libero, centrale, come perno davanti a Konsel. Scelto da Liedholm, arrivato per il mister di Praga, venne inserito per tutto 97/98 come interno del 4-3-3 di casa Roma. Proprio per questo motivo, finì nella stessa zona di Diego Pablo Simeone. Ahia.
Quando si parla di rivincite calcistiche, l'epica sfrutta sopratutto le storie di vecchi calciatori capaci dopo anni di riuscire a prendersi la revenge contro allenatori che non hanno creduto in loro, contro presidenti abili nel dirne di cotte e di crude alle proprie spalle. E' limitato il mondo del pallone (ma non così tanto, sia chiaro) riguardo i giocatori che covano dentro di sè un risentimento nei confronti di un collega per diverso tempo, ricordando poi tutto al momento opportuno e mostrando che l'altro si sbagliava. No, non avrebbe dovuto compiere quel fallo, no, non avrebbe dovuto essere così duro.
Il caso più eclatante riguarda senza dubbio il duello tra il padre di Haaland e Roy Keane nel campionato inglese. Rappresenta l'apice della vendetta dura e cruda, senza sport, senza calcio. Solo due uomini, il proprio risentimento, la voglia di non farsi più prendere in giro dopo mesi d'inferno. La storia di Helguera e Simeone è più semplice, più da campo. Di qualcosa che sì, dura anni, ma senza attacchi per far male, per infortunare. Tutto all'interno del rettangolo, il vaso di Pandora che si apre con i mali del mondo prima di richiudersi senza strascichi nel lungo periodo.
Si alza il palcoscenico, primo atto. Luogo: Milano, San Siro. Anno domini: 1997, dicembre. L'Inter ospita la Roma per la 12esima giornata di campionato. I nerazzurri sono in vetta davanti alla Juventus, i giallorossi inseguono a -5 dal primo posto, decisi a fare di tutto per ricordare l'annata. Zeman è partito bene, sembra veramente poter ripetere con una grande quanto accaduto negli anni di Foggia, Zemanlandia blabla. Non sarà così, spoiler.
Lo capirà forse proprio in quella giornata di fine autunno, fredda nell'aria, calda sugli spalti. L'Inter farà a pezzi la Roma per 3-0, nonostante un buon avvio: Petruzzi svirgola, Simeone si invola verso la porta, procura un rigore che Djorkaeff segnerà dando il vantaggio ai suoi. Un goal alla quale seguiranno quelli di Branca e Petruzzi, autore di un match horror e dunque di un'autorete. Il Cholo è una furia, posseduto, rabbioso, come sempre.
Anzi, più del solito, perchè Simeone non ne lascia passare una. Attacca, difende, è ovunque. Sia per qunato riguarda le zone del campo, sia a proposito delle leve di Helguera, colpito più e più volte. Al massimo l'argentino se la caverà con un giallo, mentre lo spagnolo, arrivato dalla Segunda Division, dall'Albacete, verrà bastonato più e più volte nella linea d'aria da una parte all'altra del centrocampo.
Simeone entra in scivolata, in gamba tesa, duramente, fortemente folgorato dalla foga di chi si sta giocando lo Scudetto, di chi vede la Roma come primo vero ostacolo per innalzarsi a favorita del torneo. Helguera, ancora inesperto numero 18 della Roma, non può nulla contro un 14 nerazzurro indemoniato, che urla contro di lui, gli dice di rialzarsi, di non cadere continuamente. Di essere un guerriero. Peccato che sia un duello tra elementi della tavola periodica calcistica non proprio alla pari, perchè Ivan non è ancora Terribile, non è ancora sulla cresta dell'onda del destino, è alla prima esperienza in un grande torneo e sopratutto al cospetto di un errore tattico in cui non riesce a gestirsi.
Helguera esce con le ossa rotte da quel duello, alla pari di Petruzzi e della Roma tutta. Ha 23 anni, ha giocato solamente con l'Albacete e con il Manchego, nelle serie inferiori di madre patria España. All'improvviso si ritrova a San Siro, davanti a Djorkaeff, a Ronaldo, a Simeone. A uomini che hanno fatto e stanno facendo la storia del calcio, ognuno nel proprio ruolo. E' consapevole delle sue qualità, ma sembra averle smarrite. Del resto deve crescere e ha bisogno di lezioni per farlo. Forse proprio a Milano, Helguera capisce che la sola qualità non basta nel grande mondo del Dio pallone.
Uscirà con le ossa rotte da quel Roma-Inter e nel match di ritorno, ancora una volta vinto dai meneghini (stavolta per 2-1), sarà in panchina. Subentrato nella prima giornata del torneo, nei minuti finali contro l'Empoli, titolare contro il Bari, Helguera avrà in Inter-Roma dell'andata la sua terza gara italiana, la seconda dal 1'. Un disastro che farà traballare Zeman, che deciderà di inserirlo saltuariamente per il resto della stagione, per un totale di nove presenze a fine primavera. Risultato? Addio alla Serie A per giocare con l'Espanyol, per la prima volta nella massima serie spagnola.
Qui Bielsa lo schiererà centrale di difesa, dando il via alla sua grandiosa carriera degli anni 2000, in cui sarà il Real Madrid a permettergli di dominare in Spagna e in Europa, con due Champions League vinte, due Liga, due partecipazioni all'Europeo e una al Mondiale. Il vecchio duello con Simeone è dimenticato, ovviamente, perchè figlio di una sola giornata. Quando si avvicina il secondo duello dopo anni, però, tutto riaffiora. Il cassetto nella mente di Helguera si apre: vuole fare bella figura. A Madrid, al Bernabeu, arriva la Lazio.
Getty GoalE' l'annata di Champions League 2000/2001, quella deludente per il Real Madrid, a cavallo tra le due coppe alzate nella stagione precedente e in quella successiva. Helguera stavolta non è più un novellino, è un nome importante del calcio europeo. I titoli di giornali e quelli in bacheca però sono come neve al sole per Simeone: si sciolgono davanti alla sua foga, seconda a nessuno. Ora indossa la maglia della Lazio, ma nulla è cambiato.
Si presenta così rabbioso, convinto di poter far fare la figura dell'impreparato guerriero ad Helguera. Ivan, non hai ancora imparato? Nonostante la zona del campo sia diversa, il Cholo martella ancora il collega spagnolo. Lo fa ancor più duramente di quel vecchio Inter-Roma. Il calderone è freddo fino al primo minuto di recupero della frazione numero uno, con il punteggio di 1-1 nel tabellone, in virtù delle reti di Crespo e Morientes. Poi il fuoco si accende, casus belli, l'intervento di Simeone sul madrileno a centrocampo.
Il pubblico fischia, urla, ricorda che Simeone è un cuore Colchonero, odia il suo essere un rivale cittadino, l'aver abbattuto Helguera. Il Bernabeu trema. Il Cholo si avvicina ad un rotolante Ivan, per terra si contorce dal dolore. Gli dà due pacche sulle spalle col sorriso, come dire: non fare finta, sì guerriero, non fare finta.
Helguera attende qualche secondo. Attende la fine del minuto di recupero, poi si avvicina minacciosamente a Simeone, urlandogli di guardare cosa ha causato il suo fallo, uno squarcio pregno di sangue nella sua coscia sinistra: rissa sull'orlo del precipizio in cui interviene il direttore di gara, il francese Gilles Veissière, a calmare gli animi. Tra i fischi malditos del Bernabeu, squadre negli spogliatoi, il Cholo da una parte e Ivan dall'altra, separati. Quest'ultimo ha preso un giallo per il faccia a faccia con l'avversario, mentre il centrocampista di Zoff, allora tecnico della Lazio, si è infilato nel tunnel con la fedina penale pulita.
La ripresa è pacifica, equilibrata, tranquilla, sotto calmante. Quando l'effetto finisce e l'adrenalina sale, però, tutto riaffiora per Helguera. Che ha quella vendetta da doversi prendere in qualche modo, dopo aver ancora una volta capito che con Simeone forse, a livello fisico e caratteriale, è meglio lasciar perdere. Ci sono altri modi per averla vinta, però. Il destino, ad esempio, è una gran brutta bestia con cui avere a che fare.
Minuto 81, Roberto Carlos sfonda sulla sinistra mettendo in mezzo, in una selva oscura di gambe blancas e biancocelesti. Simeone devia maldestramente verso, indovinate chi? Raul. Si scherza, ovviamente Helguera, che sotto porta regala il vantaggio al Real Madrid e si prende la rivincita contro il Cholo, senza usare armi bianche o fucili di precisione, senza guerra e guerriglia. Lasciarla passare liscia, però, no. Si chiede troppo a quanto covato da Helguera per il secondo tempo e per gli anni passati dal 1998 milanese.
Esulta, Helguera. Si ricorda del suo amore per la Roma, frequentata per poco tempo ma per sempre nel cuore. E' quasi un Derby contro la Lazio, figlio di Totti, seguace del Pupone e del colore giallorosso. Si gira verso Simeone e un secondo prima di festeggiare con i compagni, si lascia andare, convinto, convincente, finalmente fiducioso:
"Questo goal è per te, figlio di p***".
Due minuti più tardi sarà Gottardi a segnare al Bernabeu il 2-2, e Simeone sorride, perchè se anche Helguera ha segnato, non sembra essere servito a molto. Peccato che Figo realizzi dal dischetto al minuto 89, pochi secondi prima dell'uscita dal campo di un rabbioso Cholo, ora sì, consapevole di aver svegliato la bestia che dorme. Da lì, da quella vittoria, da quelle ovazioni del Bernabeu che ha voce e grida solo per lui, Ivan divverrà terribile per chiunque, inavvicinabile, dopo aver scalato il suo Everest. Accantonato il suo 'nemico', sarà implacabile, ferreo, senza più paura.
Nemico tra virgolette, perchè da lì non si incontreranno più e la rivalità si spegnerà, leggera e soave come era nata. Anni dopo arriveranno anche i complimenti al Cholo, per quanto fatto in panchina. Avversari, duellanti. Ma nel lungo periodo, consapevoli del rispetto reciproco. Di come uno sia stato aiutato dall'altro a crescere e l'altro sia stato quasi orgoglioso di averlo fatto. Un piccolo insulto come unico prezzo da pagare. Accettabile.
