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István Nyers, l'apolide del goal: la leggendaria ala dell'Inter del Dopoguerra

"Aveva uno scatto in progressione davvero micidiale, lo rendeva inarrestabile, fiuto del goal, coraggio da leone. Calciava con entrambi i piedi" - Sergio Brighenti su István Nyers, 'La Gazzetta dello Sport'

È stato uno dei più grandi attaccanti della storia dell'Inter con cui si è consacrato campione e ha vinto due Scudetti e un titolo di capocannoniere della Serie A, e in Italia ha vestito anche le maglie di Roma, Lecco e Marzotto Valdagno a fine carriera.

Ma molti ricordano István Nyers per una particolarità: nato ungherese, è stato successivamente privato del passaporto ed è diventato il più grande campione apolide che la storia del calcio abbia conosciuto.

Irresistibile e giocatore di gran classe sul rettangolo verde, István, che in Francia diventò Etienne e in Italia Stefano, cambiando praticamente nome in ogni Paese in cui giocava, dopo un'infanzia difficile, caratterizzata dai conflitti che dilaniavano la Mittel Europa, fuori dal campo era ribelle e conduceva una vita dissoluta, sperperando gran parte dei suoi guadagni nel gioco.

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Morirà in povertà il 9 marzo 2005, lo stesso giorno in cui l'Inter festeggia i suoi natali. Della squadra nerazzurra è il miglior bomber straniero di sempre in Serie A con 133 goal segnati in 182 partite, e, sempre nel massimo campionato, il quarto in assoluto dietro Meazza, Cevenini III e Lorenzi.

GLI ESORDI E LA PERDITA DELLA NAZIONALITÀ

István Nyers nasce a Freyming-Merlebach, cittadina di oltre diecimila abitanti della Lorena, sul confine fra Francia e Germania, dove suo padre ha trovato lavoro in miniera, il 25 marzo 1924. La sua famiglia è però originaria dell'Ungheria settentrionale, zona con una maggioranza di popolazione di etnia Rom, costretta ad emigrare per il clima politico ostile di inizio anni Venti.

Dopo il crollo di Wall Stret nel 1929, e la crisi economica, legata alla Grande depressione, la famiglia Nyers deve nuovamente spostarsi a Subotica, città anch'essa di confine fra l'allora Impero Austro-ungarico e il Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, cui appartiene dopo la Prima Guerra Mondiale, per poi essere annessa nuovamente all'Ungheria (alleata dei nazisti) nel 1941, durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo l'invasione della Jugoslavia da parte delle truppe dell'Asse.

Il giovane István cresce in questo intreccio di culture, costumi, etnie e religioni, e inizia a giocare a calcio con un pallone fatto di stracci e le porte costituite dai libri di scuola. Nelle partitelle con gli amici mette in mostra una gran velocità e un tiro micidiale con entrambi i piedi, anche se ad essere magico è soprattutto il sinistro, e a 17 anni viene tesserato dallo Szabadkai Vasutas AC. Parallelamente costruisce il suo fisico allenandosi in una palestra di pugilato.

Il risultato è un'esplosività vista raramente in un'ala offensiva, garantita da due polpacci enormi, se confrontati con quelli che avevano normalmente i giocatori dell'epoca. È l'inizio di una carriera folgorante, che, pur segnata dalle peripezie legate alla storia, lo porterà a consacrarsi in Italia come grande campione.

Lo Szabadkai Vasutas AC, per effetto dell'avvenuta annessione all'Ungheria, gioca nelle serie inferiori, ma il talento di Nyers non passa inosservato, al pari di un carattere irrequieto e ribello. Un giorno salta l'allenamento adducendo "motivi personali". Il mister pensa all'ennesimo colpo di testa del ragazzo e gli molla una sberla davanti ai compagni.

Poi si scuserà con lui: il giovane talento deve andare a casa del compagno di squadra Ivan Zvekanovic, dove aspetta la risposta della sorella Anna alla sua proposta di matrimonio. Arriverà un sì, e István e Anna convoleranno a nozze.

Ma nel 1944 gli jugoslavi riprendono Subotica e i due sposi riparano a Budapest. Qui István inizia a giocare per una squadra satellite dell'Ujpest, il più importante club della capitale ungherese. Milita così nel Ganz-MÁVAG SE, dove è compagno di squadre del grande László Kubala. Raccontano che inizialmente non si fidano del suo carattere. Ma poi, quando lo mettono in campo, István prende palla e inizia a saltare avversari. Lascia mezza squadra per terra, salta anche il portiere e si ferma all'ultimo, per poi tornare indietro.

Deve però far ritorno a Subotica, richiamato dalle nuove autorità, che nel 1945 sciolgono la squadra. I calciatori decidono di fare un tour in giro per la Serbia come Rappresentativa di Subotica, e, al termine di quest'ultimo, in cui Nyers si conferma attaccante prolifico, dalla fusione dello Szabadkai Vasutas AC con alcuni club minori nasce lo Spartak Subotica.

Nello stesso anno però István fugge a Budapest, sempre in compagnia della fidata moglie Anna, e qui viene ingaggiato dall'Ujpest. Con la squadra più blasonata del Paese, dopo un'iniziale diffidenza legata al carattere, esplode: vince 2 Scudetti (1945 e 1945/46) e segna 17 reti in 17 partite nel secondo torneo (20 goal in 22 gare complessivamente).

Inevitabilmente è convocato nella Nazionale ungherese, guidata da Tibor Gallowich, e disputa 2 amichevoli. Il debutto è datato 30 settembre 1945 e la malcapitata Romania è travolta a Budapest per 7-2. Uno dei goal porta la firma di István.

La seconda, più prestigiosa, si gioca al Prater di Vienna, contro l'Austria, il 14 aprile 1946. In quest'occasione sugli spalti sono tanti gli osservatori presenti e Nyers si mette in evidenza siglando un goal con un missile da fuori area. L'Austria si impone 3-2 sui magiari, ma tutte le attenzioni sono per l'ala sinistra ungherese.

Fra gli osservatori c'è anche un certo Helenio Herrera, con un passato pirotecnico almeno quanto quella di István, arrivato in Francia dall'Argentina, e tecnico dello Stade Francais, società all'epoca militante nel massimo campionato transalpino.

Herrera fa sul serio: avvicina Nyers dopo la partita e gli offre un lauto contratto, se verrà a giocare nella sua squadra. All'epoca, infatti, agli allenatori era consentito fare anche i procuratori. István ci riflette e poi prende una decisione che spiazza tutti: non rientra a Budapest con la Nazionale ma sale su un camion militare cecoslovacco con destinazione Praga.

Qui è raggiunto da Anna, ma l'insubordinazione gli costa la perdita della cittadinanza ungherese e della possibilità di giocare in quella che sarebbe stata chiamata l'Aranycsapat (“La Squadra d’Oro”), assieme ai grandi Hidegkuti e Puskas.

A Praga Nyers è ingaggiato dal Viktoria Zizkov, ma ci milita per poche settimane: Herrera viene infatti a prenderlo per portarlo con sé in Francia. Senonché il Viktoria punta i piedi e non dà il benestare al trasferimento allo Stade Francais. Anzi, visto che Nyers non vuole sentirne, gli sequestra il passaporto, per impedire il suo espatrio.

István però, assieme ad Anna e ad Herrera, parte lo stesso. Ma alla frontiera lo fermano in quanto sprovvisto di documenti, e il futuro 'Mago' è condotto presso l'ambasciata francese. L'argentino convince l'ambasciatore che essendo anche il preparatore della Francia, è stato incaricato di ingaggiare calciatori apolidi per la Nazionale transalpina. Viene concesso il lasciapassare per István e Anna e i tre possono superare la frontiera e raggiungere la Francia.

E l'esordio nel massimo campionato francese è col botto: il 18 agosto 1946 Nyers affossa l'Olympique Marsiglia con una tripletta nel 4-1 per lo Stade Francais. Herrera gongola, sa di aver trovato un fuoriclasse. István segna tanto (21 reti in 35 partite) che consentono alla formazione neopromossa di piazzarsi al 5° posto finale in classifica. I francesi gli cambiano il nome in 'Etienne'. Ma il tanto sospirato passaporto francese, che lui aveva richiesto per sé e per Anna, non arriverà.

Nyers gioca in Division 1 anche nella stagione 1947/48, in cui realizza altre 13 reti in 27 gare, che permettono alla squadra di HH di chiudere nuovamente il campionato in 5ª posizione. Ormai tutti gli occhi delle grandi d'Europa sono sull'apolide del goal. Ci pensano Barcellona e Torino, ma alla fine a spuntarla sarà l'Inter.

L'APPRODO ALL'INTER E GLI SCUDETTI

Il presidente nerazzurro Carlo Masseroni, industriale del settore delle calzature e alla guida della società dal 1942, è stanco dei campionati deludenti della squadra milanese e piazza il colpo che a suo modo può rilanciare i nerazzurri in classifica.

L’osservatore interista Giulio Cappelli nel suo rapporto aveva lasciato scritto:

"Non ho potuto visionare il calciatore in quanto, ad ogni tocco di palla, la mia vista era ostacolata dai tifosi che si alzavano in piedi davanti alle sue giocate".

L'attaccante scende dall'areo e si presenta ai tanti giornalisti accorsi all'evento con poche ma eloquenti parole:

"Me voici, le grand Etienne …!" Eccomi, il grande Stefano...!

Il nuovo acquisto nerazzurro si presenta quindi all'Arena Civica di Milano (l'impianto era stato fino alla stagione precedente la sede delle gare casalinghe dell'Inter) a bordo di una Studebaker celeste. L'apolide è ammantato di un'area leggendaria: dicono che corra i 100 metri in 11'' netti, che abbia una tecnica circense ma al contempo sappia sfondare le reti con le sue conclusioni potenti.

Di certo, quando all'esordio in Serie A, il 19 settembre 1948, a San Siro rifila una tripletta alla Sampdoria (4-2) e avvia così la stagione del rilancio per i milanesi. Dopo anni difficili, i nerazzurri si rivelano l'avversario più duro per il Grande Torino e si piazzano secondi. Alla sua prima stagione italiana Nyers realizza 26 goal, che gli valgono anche il titolo di Capocannoniere della Serie A.

Ribatezzato 'Stefano' e soprannominato 'Lo Zingaro dal piede d'oro', l'apolide forma con Benito Lorenzi e Amedeo Amadei un tridente di assoluto valore (62 goal complessivi nel torneo). Entra nelle grazie dei nuovi tifosi anche per il suo rapporto speciale con i derby, visto che va subito a segno in quello di andata (2-0 per l'Inter) ed evita la sconfitta al ritorno, siglando la doppietta decisiva per il 4-4 finale.

Il 30 aprile 1949 i milanesi perdono però 4-2 la sfida al vertice con il Grande Torino. Sarà anche l'ultima gara di campionato giocata dai granata prima della trasferta a Lisbona e della tragedia di Superga.

"Non avevo mai incontrato nella mia carriera difensori così forti quali Ballarin e Maroso", dirà Nyers, rendendo di fatto omaggio a quella grande squadra.

Il secondo anno, il 1949/50, è altrettanto esaltante: nell'Inter approda l'olandese Faas Wilkes, ma sono la Juventus (che prende John Hansen e Karl Aage Praest) e il Milan (con il trio svedese Gre-No-Li) a dominare il torneo. Nyers infila 30 goal in 36 partite, ma il capocannoniere è Nordahl con 35 e lo Scudetto va ai bianconeri. L'Inter deve accontentarsi del 3° posto.

István Nyers Inter MilanSocial Media

Passa alla storia quell'anno lo storico derby del 6 novembre ’49, quando, sotto per 1-4 dopo 20 minuti, l'Inter ribalta il risultato sino al 6-5 finale, con Nyers ancora una volta decisivo con una doppietta. L'anno seguente i milanesi abbracciano Lennart Skoglund, che con Nyers e Lorenzi comporrà un altro tridente spettacolare della storia nerazzurra.

L'apolide del goal va a segno addirittura 31 volte in 36 gare, ma sarà nuovamente Nordahl il re dei bomber con 34 centri e il Milan si aggiudica lo Scudetto per un solo punto di margine sui cugini. Intanto l'attaccante venuto dalla Francia si è ambientato in città, e qui apre, con la moglie Anna, un’attività in pieno centro quale Atelier di abiti di lusso.

"Lui e Skoglund erano i pupilli del presidente Masseroni - ricorderà Brighenti, all'Inter dal 1952 al 1955 -, che li retribuiva con infinita generosità. Beh, il nostro apolide, però, spendeva tutto. Era un esibizionista, nel senso che gli piaceva fare colpo sulla gente. La sua fama di calciatore non gli bastava, fuori del campo doveva stupire con uno stile di vita particolare".

Ad Anna proibiva di andare allo Stadio, ufficialmente perché "si emozionava troppo".

Fra i vizi che si concedeva c'erano le auto di lusso, le belle donne e, soprattutto, il gioco d'azzardo, che, spesso, lo portava a indebitarsi.

"Agli allenamenti - racconterà ancora Brighenti a 'La Gazzetta dello Sport' - si presentava a bordo di auto americane. Le cambiava spesso, al pari delle fidanzate. Erano gli anni della ricostruzione, non è che ci fossero tanti ricchi in giro e la sua fama di tipo brillante si sparse in fretta nell’universo femminile. Ricordo che quando conosceva una tipa che non gli piaceva, per liberarsene spediva me a dirle che lui si scusava, ma non parlava bene l’italiano, non capiva...".
"Naturalmente - aggiunge l'ex attaccante - gli anziani del gruppo se ne approfittavano. Bastava chiamarlo 'Grande Etienne' oppure 'Enfant terrible' che lui si galvanizzava e al tavolo del poker si faceva pelare a causa dei suoi continui azzardi: doveva stupire, l’ho detto. Io gli dicevo che si faceva mettere in mezzo, che i vari Giacomazzi, Blason, Neri, Nesti, Fattori erano dei volponi alle prese con un agnellino... Ma lui niente, giocava e pagava, pagava e giocava. Anche a biliardo, anche fuori del nostro giro".

A partire dal 1952/53, il suo rendimento all'Inter va in calando, nonostante i 23 goal finali lo pongano immediatamente alle spalle di Hansen e Nordahl. La svolta per la squadra arriva l'anno seguente, il 1953/54, quando l'approdo in panchina del difensivista Alfredo Foni porta, grazie ad una difesa molto forte (24 goal subiti), il 6° Scudetto ai nerazzurri.

È il primo titolo italiano per Nyers, che, benché segni 'soltanto' 15 goal, è comunque il miglior marcatore della squadra. All'inizio dell'anno seguente, dopo aver subito il furto della sua Cadillac, batte cassa con la società, domandando un aumento di ingaggio. Ne nasce un braccio di ferro fra il presidente Masseroni e il giocatore, che intanto lascia Anna a Milano e va a Sanremo (sede anche del Casinò), minacciando di far ritorno in Jugoslavia alla soglia dei 30 anni.

"Voglio tornare in Jugoslavia e fare il contadino", dichiara.

Ma il numero uno nerazzurro non molla di un millimetro:

"Se vuole qualcosa, venga lui . Ma sarò irremovibile. Piuttosto rinunceremo a Nyers per tutto il campionato".

Alla fine Nyers torna, e come sempre riprende a segnare. Masseroni lo multa e chiede che sia messo fuori rosa, Foni invece lo perdona e lo schiera titolare all'ala sinistra nel Derby pur avendo saltato tutto il ritiro estivo.

Il presidente per ripicca non va a vedere la partita, non sapendo cosa si sarebbe perso: Nyers, con una prestazione maiuscola, è letteralmente imprendibile e con una tripletta (50', 54' e 73') annienta il Milan e regala i 2 punti all'Inter, che mantiene la vetta della classifica.

Nel febbraio del 1954 però fa sparire nuovamente le tracce. Lo cercano, chiamano Anna che spiega che l'Atelier è in difficoltà, e Stefano è andato a Parigi perché il fratello Ferenc è scappato dall'Italia con una scia di creditori, fra cui anche lui. Al ritorno a Milano trova ad attenderlo una multa e l'esclusione dalla rosa.

Non intendo giocare più nell’Inter se non verranno accolte le mie richieste”, dichiara.

Torna ancora nel derby di ritorno, ma stavolta i nerazzurri escono sconfitti (2-0 per i rossoneri). Messo di nuovo fuori squadra, e reintegrato nel finale di stagione, Nyers firma comunque gli ultimi goal pesanti dei suoi 6 anni con l'Inter, uno nella trasferta con il Genoa il 9 maggio (1-3 per i milanesi), ben 2 il 30 maggio nel successo decisivo per 4-2 a San Siro sulla Triestina.

Grazie alla vittoria sugli alabardati, infatti, i nerazzurri mantengono un punto di vantaggio sulla Juventus e si laureano campioni d'Italia per la 7ª volta, la 2ª consecutiva con Foni in panchina. Gli 8 sigilli in 14 gare portano a 133 in 182 partite il bilancio dell'attaccante apolide con la maglia nerazzurra.

IL BIENNIO ALLA ROMA

La frattura con la dirigenza è tuttavia ormai insanabile. Lo chiama l'allenatore Jesse Carver, che lo vuole con sé alla Roma. È l'estate 1954, e il trentenne Nyers accetta e si trasferisce nella capitale. Dimostra ancora di poter far bene, formando un tridente di tutto rispetto in giallorosso con Alcides Ghiggia e Carletto Galli.

Nel 1954/55 la Lupa si piazza quinta, precedendo l'Inter (solo ottava) anche grazie agli 11 goal di Nyers in 25 gare. L'anno seguente arrivano un 6° posto finale e 9 reti in 29 presenze. Aggiungendo un goal in 2 match di Mitropa Cup, fanno in tutto 21 realizzazioni in 56 apparizioni.

L'APPRODO AL BARCELLONA E IL DECLINO

Nel 1956, a 32 anni, deve lasciare anche la Roma ma è determinato a continuare a giocare. Si presenta così al Barcellona, allenato dal suo vecchio mentore Helenio Herrera. Ma HH stavolta lo boccia:

"Ormai è troppo logoro e discontinuo", spiegherà, motivando il suo no dopo averlo visto in allenamento.

Milita allora nelle serie inferiori con il Sabadell e il Terrassa, poi decide di tornare in Italia nel 1958, all'età di 36 anni. Spera in un contratto a gettone offerto dall'Inter, ma l'unica cosa che riesce a strappare è l'ingaggio del Lecco, formazione lombarda che gioca in Serie B.

L'apolide dal sinistro magico mette a disposizione la sua classe al servizio dei blucelesti nell'aprile del 1959: segna 3 goal in 9 partite, e la squadra sfiora la promozione in Serie A. Ci ritenta l'anno seguente e stavolta l'ascesa nel massimo campionato è realtà, grazie anche agli 11 goal in 36 partite del geniale attaccante.

Ormai non ha più però lo sprint dei bei tempi, capisce di essere alla fine della sua carriera ma ha bisogno di soldi, sempre alle prese con i debiti di gioco.

Strappa però un ultimo ingaggio al Marzotto Valdagno, squadra veneta che milita in Serie B nel 1960/61. Segna 2 goal in 11 partite e dice basta, ritirandosi dalle scene a 37 anni suonati.

LA MALATTIA E LA MORTE IN POVERTÀ

Dopo il ritiro chiede più volte la cittadinanza italiana, senza riuscire a ottenerla. István si dedica al commercio, stavolta nel settore degli elettrodomestici e delle opere d’arte, ma i risultati sono anche in questo caso negativi e i debiti contratti producono denunce a suo carico e condanne in tribunale.

Si trasferisce a Bologna, dove sembra trovare un po' di serenità e ammette:

"Qualche milione l’ho buttato, è vero, ma la mia ricchezza erano le amicizie".

Torna a casa della moglie, a Subotica, e di lui per molti anni si perdono le tracce. Poi viene trovato quasi per caso dalla tv ungherese 'Tele Sport 1', che gli dedica uno speciale con una lunga intervista.

Si scopre che István, dopo la morte della sua prima moglie, Anna, si è sposato con Giulia, la ex colf diventata sua compagna. Nel gennaio del 2005 progetta un viaggio a Budapest per incontrare Puskás, Buzánszky e Grosics, i tre superstiti della Grande Ungheria del 1954, ma è colto da ictus.

Avrebbe bisogno di cure specifiche per riprendersi, tuttavia vive in povertà: la pensione italiana, per qualche intoppo burocratico, non gli arriva. Giulia lancia un appello all'Inter per aiutare il grande campione. Purtroppo è troppo tardi: il 9 marzo 2005, prima di compiere 81 anni, István si spegne per sempre, non in una data qualunque, ma nel giorno in cui compie gli anni l'Inter, il grande amore calcistico della sua vita.

"Milano era stupenda - diceva -. Io ci avevo trovato la mia tana. L'Inter era una squadra meravigliosa, piena di artisti, dove eravamo tutti amici".

E i tifosi nerazzurri, che lo hanno molto amato, non vedranno mai più uno come lui.

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