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Inter confronto Triplete GFXGoal

Inter campione 11 anni dopo l'anno del Triplete: analogie e differenze

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Dopo ben undici anni di attesa, l' Inter ha ritrovato lo Scudetto, il 19° della sua storia. L'ultima vittoria in Serie A infatti risaliva all'anno del Triplete, ovvero il 2010. Sia ad uno sguardo più disattento che dopo un'approfondita analisi, ci sono molte analogie tra i due Scudetti in questione.

Ovviamente tra le due Inter ci sono anche molte differenze, e come potrebbe essere altrimenti, visto che sono passati 11 anni. Tra questioni di campo, giocatori, schemi, allenatori in panchina e visione dell'Inter dall'esterno: andiamo a sviscerare tutte (o quasi) le uguaglianze e le divesità tra i due Scudetti nerazzurri.

CONTE-MOURINHO: CONDOTTIERI PRIMA CHE ALLENATORI

Per cominciare a spiegare le analogie tra José Mourinho e Antonio Conte, basterebbe semplicemente anche una frase che nella giornata di ieri Massimo Moratti (presidente dell'ultimo Scudetto) ha rilasciato alla 'Gazzetta dello Sport':

"Fare questi paragoni è sempre difficile. Però anche questo gruppo mi sembrava in missione . I due allenatori sono super professionisti, con una passione viscerale per il calcio e per il loro lavoro".

Le due squadre erano proprio in missione, come dice Moratti. Perché i due uomini in panchina, prima che allenatori nel senso stretto del termine, sono innanzitutto due condottieri, due capi-popolo. Hanno guidato le due squadre come si fa con un plotone in guerra. Trovano spesso nemici ovunque, difendono i loro giocatori a spada tratta contro tutti e tutto, pensano prima di tutto a compattare e cementificare il gruppo, prima ancora di concentrarsi sullo stile di gioco della squadra.

E c'è da dire che, nella sua storia, l'Inter ha raggiunto i maggiori successi proprio quando ha trovato questo tipo di allenatori in panchina. Si tratta di una squadra che, storicamente, ha bisogno di essere guidata da una persona sola al comando, affidandosi completamente ad essa.

Jose Mourinho Inter barcelona 2010 Champions LeagueGetty Images

"L'INTER GIOCA MALE" COME LEITMOTIV

E parlando sempre dei due allenatori, non può che nascere una riflessione spontanea: di entrambe le squadre si è detto che giocano male. Attacchi frontali a Mourinho nel 2010, sul gioco poco spumeggiante della squadra e sulle vittorie risicate che spesso e volentieri arrivavano.

Stessa cosa per Antonio Conte, che da metà stagione in poi ha rinunciato al 'calcio champagne' mostrato in alcune partite all'inizio dell'annata, blindando la difesa e segnando spesso e volentieri in contropiede.

Due squadre con un baricentro basso, che badano poco allo spettacolo e che riescono a pungere l'avversario alla prima occasione, prima di abbassarsi ancora di più a protezione della propria porta.

Non si tratterà sicuramente di due squadre che mettono in mostra un calcio moderno, ma non si può nemmeno dire che le due formazioni non siano state tremendamente efficaci.

ORIALI NEL 2010 E ORIALI OGGI, UN CASO?

Ultima analogia relativo alla guida e allo staff tecnico delle due squadre. In entrambe le squadre un uomo accanto all'allenatore è sembrato influenzare parecchio l'andamento della stagione: Lele Oriali. C'è un motivo se i primi ringraziamenti di Antonio Conte, dopo lo Scudetto, sono questi:

"Voglio ringraziare Lele Oriali, per me è stato molto importante. Mi ha aiutato tantissimo, è stata la persona che ha influito maggiormente in questi due anni".

In questi due anni, per volere di Antonio Conte, Lele Oriali ha ricoperto il ruolo di First Team Technical Manager ed è sempre stato in panchina al fianco dell'allenatore nerazzurro. Ha consigliato tutti ed ha apportato il suo spirito vincente alla squadra, proprio come successo nel 2010.

Ultimo, ma non per ultimo, Oriali è stato l'uomo che ha trasmesso la fede interista e la storia di questo club a tutti i nuovi giocatori, e non solo.

LUKAKU COME MILITO, HAKIMI COME MAICON

Passiamo agli aspetti più strettamente calcistici. Una punta che trascina per tutta la stagione la squadra ed un esterno destro capace di catalizzare attraverso le sue galoppate tutte le azioni offensive della squadra. Stiamo parlando di Romelu Lukaku e di Achraf Hakimi, che undici anni fa erano sostituti con le stesse funzioni da Diego Milito e Maicon.

Senza bisogno di fare paragoni tra il livello dei quattro calciatori. Parliamo proprio dell'importanza di questi giocatori all'interno delle due squadre, dei goal pesanti che Milito segnò in quella Serie A (22) e di quelli che Lukaku ha siglato in questo campionato (21).

Hakimi, dopo un paio di mesi opachi, è diventato invece proprio il Maicon di questa squadra. Qualche sbavatura difensiva, è vero, ma un incredibile apporto offensivo alla squadra, anche in termini di goal e assist. Proprio dalla partenza di Maicon, i tifosi dell'Inter non godevano di un terzino destro così forte a San Siro.

Diego Milito Romelu Lukaku PSGetty Images/Goal

PERISIC ED ETO'O: SACRIFICIO AL SERVIZIO DEL GRUPPO

Questa è più che altro un'analogia psicologica, che si lega però ovviamente al campo. Samuel Eto'o quell'anno, passando al 4-2-3-1, ha accettato di sacrificarsi per il bene della squadra, spostandosi sulla fascia sinistra.

Ha rinunciato a tanti goal, ha messo la squadra, ed in particolare Diego Milito, nelle migliori condizioni di esprimersi. Ha difeso più che attaccato, ascoltando José Mourinho e portando a casa alla fine il secondo Triplete consecutivo per lui.

E oggi c'è Ivan Perisic. Con le dovute proporzioni, il croato ha capito che l'Inter era scoperta sulla fascia sinistra e che, se lui si fosse sacrificato nel ruolo di esterno basso (anziché offensivo), avrebbe aiutato l'Inter a raggiungere il tanto agoniato Scudetto. Et voilà.

CAMMINO IN EUROPA DIAMETRALMENTE OPPOSTO

Ma passiamo alle differenze, partendo da quella più eclatante tra le due stagioni: il cammino in Europa. L'Inter vinse quello Scudetto, ma vinse anche la Champions League e la Coppa Italia.

Una squadra sicuramente più forte, più profonda, capace di mantenere intatto (o quasi) il rendimento in tre competizioni e di portarle tutte a casa.

Stavolta l'Inter di Antonio Conte ha cambiato marcia in campionato proprio dopo l'uscita dalla Champions League. Aveva risorse fisiche e mentali per una sola competizione: l'all-in, non certamente per scelta, è stato fatto sulla Serie A e alla fine ha dato i suoi frutti.

Romelu Lukaku Shakhtar InterGetty

NEL 2010 SEMPRE IN TESTA, OGGI UNA LENTA ASCESA

L'Inter del 2010 cominciò il campionato in vetta alla classifica, dopo le primissime giornate, e non lasciò mai la testa. Aumentò il distacco sulle rivali a dismisura nel girone d'andata, perdendo poi parte del vantaggio al ritorno.

In una fase cruciale del campionato, culminata con quella famosa sconfitta della Roma contro la Sampdoria, i giallorossi stavano per sorpassare la squadra di Mourinho, che anche grazie a Giampaolo Pazzini mantenne la vetta.

Quest'anno è successo praticamente l'opposto. L'Inter inizialmente non sembrava assolutamente una squadra capace di vincere lo Scudetto. Subiva troppi goal e aveva lasciato scappare il Milan in vetta alla classifica.

Poi il cambio di marcia, la vittoria nel Derby di ritorno, il sorpasso ed il distacco che si è moltiplicato praticamente ad ogni giornata, fino ai 13 punti attuali.

MODULO DIFFERENTE, A PARTIRE DALLA DIFESA A 3

Passando anche qui alle questioni di campo, un modulo che più diverso non si può immaginare. L'Inter di Mourinho giocava con il 4-2-3-1, una retroguardia classica a quattro, due centrocampisti davanti la difesa, un trequarista, due esterni offensivi ed una sola prima punta.

L'Inter di Antonio Conte è completamente l'opposto: una difesa a tre, tre centrocampisti centrali, due esterni a tutta fascia, nessun trequartista e due punte l'una di fianco all'altra.

Visivamente un modo di giocare differente, che però ha portato allo stesso risultato e quasi con le stesse armi: difesa compatta, cinismo e capacità di ribaltare situazioni di svantaggio.

Dejan Stankovic InterGetty Images

GIOCATORI GIÀ VINCENTI E GIOCATORI AL PRIMO SUCCESSO

Quella di Mourinho era una squadra che aveva praticamente vinto tutto. I senatori della formazione venivano da anni di successi in Italia, con Scudetti, Coppe Italia e Supercoppe.

Nel calciomercato estivo arrivò poi ancora più esperienza con gli acquisti dei vari Lucio, Eto'o e Sneijder. A quasi tutti i giocatori, mancava praticamente solo la Champions League, vinta poi quell'anno.

La squadra di Antonio Conte è invece molto più giovane, molto più acerba dal punto di vista proprio dei successi individuali. Questo Scudetto è per tutti i giocatori il maggiore successo in carriera.

Una questione su cui Conte spesso e volentieri si è soffermato nelle interviste, soprattutto per giustificare l'eliminazione prematura dalla Champions League. Poca abitudine alle vittorie, alle situazioni di pressioni. Ma adesso si è messo il primo ed enorme mattone per costruire il nuovo progetto.

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