Non chiamatelo "traditore". E nemmeno "Mister dollaro". La scelta di Lorenzo Insigne ci può stare, non è utopia. Chiaro che l'aspetto economico abbia un peso, ma c'è anche un discorso di orgoglio e attaccamento a una maglia sempre difesa e sudata: la maglia del Napoli, la sua squadra del cuore, che tra qualche mese svestirà per volare a Toronto.
Sulla vicenda ambiente spaccato, esattamente come quando Insigne scende in campo: chi lo applaude e lo difende a spada tratta, chi invece gli getta la croce addosso ad ogni minimo errore. Lorenzo di tenerci all'azzurro lo ha sempre dimostrato, ancor di più nelle ultime stagioni, quelle della definitiva maturazione. E la fascia al braccio ha legittimato la 'napoletanità' del 24, tra l'altro fresco di Europeo in bacheca.
Attaccamento dicevamo, valori tecnici ed emozionali che si fondono: assurdo come nella tua città sia dura affermarti, abbattere pressioni e rendere meno precario il sottilissimo equilibrio tra idolo/bandiera e capitano "inadatto". Se tifi per il club che rappresenti diventa tutto ripido, completino e pallone pesano dieci volte di più, l'esigenza di spaccare il mondo ti nasce da dentro perchè ci tieni tanto, spesso troppo. E questo ti porta a sbagliare, talvolta uscendo colpevolmente dagli schemi. Ma sbaglia solo chi fa, chi si assume responsabilità: Insigne per il Napoli ha fatto, fa e fino a giugno continuerà a fare. C'è chi non lo apprezza, o chi è sempre pronto a sminuirlo trasformandolo in capro espiatorio: una montagna russa umorale alla lunga deleteria, che ti logora e fa disperdere energie. Fisiche e mentali.
Lorenzo vola in Canada perchè col mondo Napoli è stato un continuo di alti e bassi, ancor più da quando il talento di Frattamaggiore è stato messo al centro del progetto da chi si è accomodato in panchina: crescita tattica su e giù per la fascia con Benitez - non a caso paladino del "ci può stare" - qualità da vendere nel giocattolo Sarrista, il feeling con Gattuso. Nel mezzo Ancelotti, che ha provato a fare lo stesso ma con cui il patto d'acciaio si è pian piano sgretolato. Nella transizione da Carletto a Ringhio il momento più duro del rapporto Insigne-Napoli: tra ammutinamento e fischi si era giunti agli sgoccioli, con annesse reazioni del capitano verso la tribuna o ad un cambio. Poi la cura Gattuso, che ha restituito serenità al ragazzo aiutandolo a farlo riappacificare col pubblico. Da lì in avanti tanto sudore e belle prestazioni, peccato però che di Insigne spesso una fetta di tifosi ricordi solo le prove sbiadite. Ecco perchè, Insigne a Toronto, ci può stare.
GettyCi può stare anche per via della forbice 'monstre' tra l'offerta dei canadesi e quella di rinnovo del Napoli: legittimo per chi è capitano, ha vinto con l'Italia e vive una fase di ascesa, chiedere o quantomeno aspettarsi un ingaggio superiore. Ma va tenuto conto di fair play finanziario e pandemia, per un club paletti inevitabili da piazzare nell'arido terreno gestionale: il momento è durissimo, ci mancherebbe. In MLS, invece, i soldi sembrano l'ultimo dei problemi e gli hanno servito il contratto della vita. Alzi la mano chi non avrebbe vacillato: niente ipocrisia, grazie.
Soldi e altalena con Napoli appaiono ciò che hanno spinto Insigne ad emigrare, ma chi ne mette in discussione l'amore per l'azzurro o non lo ha mai visto giocare o parte prevenuto. Le ruggini sono figlie di un sentimento viscerale: se non ti arrabbi e non ci resti male, significa che non provi nulla.
Dal focus emotivo alle robe di campo? Dibattito apertissimo: "A 30 anni andare in America è prematuro", "La MLS non vale l'Europa". Ok, vero: nonostante sia un calcio in evoluzione ed espansione è evidente che il livello di competitività non equivalga a quello del Vecchio Continente. Ma è anche vero che, magari, di proposte concrete da Serie A, Premier o Liga ad Insigne non ne siano pervenute. Invece il Toronto ha fatto sul serio, ricoprendolo di denaro e mostrando di volerlo.
Insigne in Canada ci può stare. E giusto o sbagliato che sia Lorenzo, per la maglia sognata da piccolo, non si è mai risparmiato.


