GOALVeloce ed estroso, ma discontinuo. Inacio Pià è stato un talento non sempre accompagnato dalla costanza, talento che gli ha comunque permesso di rivelarsi prezioso per la rinascita del Napoli dopo essersi formato in un vivaio all'avanguardia come quello dell'Atalanta.
Pià, brasiliano di Ibitinga non proprio dall'animo 'latino' ("Mio marito è molto timido. Abbiamo un coniglio che dorme spesso con noi", il curioso aneddoto della moglie Silvia a 'Radio Marte'), cresce nel settore giovanile della Dea. L'epoca di Doni, Rolando Bianchi, Pinardi e dei gemelli Zenoni, per intenderci: dal suo Paese, insieme al fratello Joelson - anch'egli calciatore - in Lombardia fa capolino a 14 anni.
"Vivevamo alla Casa del Giovane, il convitto dell’Atalanta - racconta in un'intervista del 2017 a 'Soccermagazine' - Vivendo con i preti, giustamente, non ti puoi permettere più di fare più di tanto. Immaginate un ragazzino che veniva da un altro mondo, con cultura e abitudini diverse. Io e mio fratello tornavamo a casa due mesi l’anno durante l’estate".
"I primi anni volevo scappare per il freddo, all’inizio non era per niente bella questa situazione, specie perché venivo da un Paese come il Brasile, in cui anche d’inverno il clima è molto caldo. Prima di venire a Bergamo giocavo nel Santos. Il mio procuratore conosceva Nicola Radici, il ds dell’epoca dell’Atalanta. Il calcio in Italia a quell’epoca era il top nel mondo, seguitissimo anche in Brasile. Ho accettato subito di venire con mio fratello".
A credere in Pià, come ricordato dallo stesso ex attaccante a 'Gianlucadimarzio.com', è Giovanni Vavassori.
"E' stato l’allenatore che mi ha lanciato a Bergamo, il più importante per la mia crescita".
Qualcuno lo definiva il nuovo Romario, anche se le mire di Inacio sono sempre state rivolte verso Ronaldo 'Il Fenomeno', contro cui a 19 anni esordisce in Serie A in un 4-2 per l'Inter datato dicembre 2001.
"Ronaldo per noi brasiliani è il più forte di tutti, ho ancora la sua maglia a casa, un ricordo indelebile".
Il primo timbro tra i professionisti è tutt'altro che banale: il 17 gennaio 2002 alla Juve, in Coppa Italia. Pià invece il primo goal in A lo trova 10 giorni più tardi, in un Atalanta-Fiorentina.
"Partii da titolare, non avevo piu giocato un minuto dopo l’Inter, Vavassori me lo disse all’ultimo. Giocai, segnai e vinsi la statuetta di migliore in campo, un sogno".
La promessa 'paulista' diverte e fa ben sperare, ma fatica a inquadrare la porta. Nell'estate 2003 l'Atalanta decide di regalargli spazio e continuità in Serie B all'Ascoli, dove Pià si trasferisce in prestito. In bianconero fa coppia col 'Pampa' Sosa, che ritroverà nello spogliatoio a Napoli, laureandosi capocannoniere della squadra con 13 goal.
L'ottima stagione disputata nelle Marche lo fa tornare alla base carico di speranze per esplodere a Bergamo, invece nella prima metà del 2004/2005 Pià gioca poco e parte spesso dalla panchina. Così, nel mercato invernale, si materializza l'addio all'Atalanta: ad investire sul brasiliano è la Napoli Soccer di Aurelio De Laurentiis, che nel mercato invernale potenzia l'attacco nel tentativo di centrare subito la promozione dalla C alla B.
Insieme ad Emanuele Calaiò arriva anche Pià, che firma un contratto di 4 anni e mezzo con gli azzurri. Un nuovo step, il progetto è ambizioso e rinvigorisce gli stimoli del ragazzo.
Guizzi, rigori guadagnati grazie alla sua velocità, tecnica e duttilità offensiva: Pià, però, ammette che sotto al Vesuvio poteva fare ancora meglio.
"Avevo tanta tanta qualità, ma mi sono quasi accontentato. Dentro di me dicevo: 'Le qualità le ho, mi alleno a due all’ora e tanto la domenica riesco a fare la differenza ugualmente'. Invece non è così, se non ti alleni bene la domenica fai schifo. E questo, purtroppo, l’ho capito troppo tardi. Sono cose che si capiscono con l’età. Un altro aspetto sono gli infortuni: ogni anno saltavo tantissime partite e non sono mai riuscito a dare la continuità giusta di cui ha bisogno un calciatore".
Esterno nel tridente, talvolta seconda punta: Pià in 18 mesi vive mancato approdo in B dopo il playoff perso con l'Avellino e promozione l'anno successivo in un'annata senza storia (10 i goal complessivi). Nel 2006/2007, con l'innesto di gente come Bucchi e De Zerbi, l'attacco del Napoli ha tutto per puntare al ritorno in A e in quella stagione Inacio fornisce il proprio contributo pur segnando pochissimo (appena 3 goal tra campionato e Coppa Italia), rivelandosi prezioso negli schemi di Reja.
Nel primo anno in massima serie, però, complice anche l'acquisto del 'Pocho' Lavezzi per Pià non c'è posto: così il brasiliano fa le valigie, suddividendosi tra Treviso e Catania, per poi tornare in azzurro ed entrare nella storia del club diventando il primo calciatore del Napoli a segnare in A, B, C ed Europa. Un curioso record centrato grazie alla rete rifilata nei preliminari di Coppa UEFA del 2008 agli albanesi del Vllaznia.
"Me lo tengo veramente stretto - confesserà a 'CalcioNapoli24' - Nemmeno Higuain può vantarlo (scherza, ndr)! Come lui ha quello dei 36 goal, io ho questo".
"Il momento più bello vissuto in azzurro è stato il giorno della promozione a Genova col gemellaggio, emozionante - aggiunge - La cosa che mi è rimasta più in mente, invece, il goal al Martina Franca dove ho esultato con la maschera di Spider-Man: fu qualcosa di particolare".
Ma perchè proprio Spider-Man?
"Incontrai un ragazzo, per tutti 'Don Gaetano', mentre leggevo un fumetto di Spider-Man, il mio personaggio preferito - svelerà in un'altra intervista a 'Gianlucadimarzio.com'- Mi disse che mi avrebbe portato una maschera e che l’avrei dovuta indossare se avessi segnato. Oh, credevo scherzasse, invece lo ha fatto davvero! E' stato di parola, il giorno dopo venne con la maschera e mi portò fortuna".
YouTubeAltra esultanza diventata un 'must', mano davanti al volto e linguaccia.
"E' nata guardando il wrestling, mi faceva impazzire quella mossa di John Cena. Una volta vinsi una partita alla Playstation contro mio fratello e gli feci quel gesto in faccia. Così l’intuizione: 'Adesso la faccio anche dopo i gol veri!'".
Il 2008/2009 del Napoli si rivela un flop, ma il cambio in panchina Reja-Donadoni nel finale di stagione a Pià regala spazio e soddisfazioni, con 4 goal segnati seppur in partite che per i partenopei ai fini della classifica non avevano valore.
Semplice parentesi, perchè l'anno dopo il verdeoro non gioca praticamente mai e a gennaio viene ceduto al Torino. I granata non lo riscattano, Pià rientra a Napoli ma lascia per sempre la Campania nell'estate del 2011: trasferimento a titolo definitivo al Portogruaro, fresco di promozione in Serie B.
Da lì in avanti gli anni da calciatore del brasiliano trascorrono nelle categorie inferiori con una toccata e fuga di pochi mesi in Grecia - al Larissa - e la gioia di giocare al Pergocrema col fratello Joelson. L'ultima maglia indossata è quella dell'Adrense nel 2017, avventura che fa da preludio all'annuncio del ritiro a 35 anni causa un ginocchio malandato.
"Appena sveglio mi sono subito messo a piangere, perchè ho realizzato che era davvero arrivato il momento. Da un lato ero triste, perchè smetto di fare il mestiere più bello del mondo, dall’altro ero contento, perchè mi sono anche reso conto di aver avuto la fortuna di realizzare il mio sogno".
Dopo l'addio al calcio giocato Pià è diventato procuratore, suo incarico attuale.
"Ci sono tante piccole gioie con ragazzi giovani che siamo riusciti a trovare nei campetti e abbiamo portato nelle società professionistiche. Obiettivi? Scovare dei talenti in Brasile per dare loro la possibilità di venire in Italia. Quella stessa possibilità che ho avuto io, realizzando un sogno".




