L'ultima volta che il suo profilo è stato concretamente avvistato in Italia risale all'estate del 2021. In un afoso pomeriggio di luglio, giornalisti e curiosi lo hanno visto varcare i cancelli del centro sportivo di Zingonia come se fosse un calciatore dell'Atalanta. E in effetti, beh, lo era. Ma soltanto formalmente. Perché Bryan Cabezas, uno dei pochissimi flop sonanti e certificati della storia recente della Dea, i ponti con il club li aveva già tagliati da parecchio tempo. 6 anni, per la precisione. Ovvero il periodo della sua (non) permanenza in Italia.
Cabezas è stato il classico calciatore fantasma. Uno di quelli che magari sai che esistono, ma non vedi mai all'opera. Fino a quando la sua sagoma, già così trasparente, non si dissolve nel nulla. È accaduto lo scorso mese di agosto, quando l'Atalanta ha definitivamente risolto il suo contratto. Dopo 6 anni e un totale di 22 minuti collezionati con la maglia nerazzurra. Nessun comunicato, nessuna conferma ufficiale. Però, quando si è sparsa la notizia della separazione, qualcuno ha alzato lo stesso un sopracciglio: ma chi diavolo è questo Cabezas?
È un giocatore alla perenne ricerca di se stesso, ecco chi è. 4 mesi dopo l'addio all'Atalanta, una nuova squadra non l'ha ancora trovata. Non è sempre stato così: all'inizio della carriera, Bryan era uno dei talenti più promettenti del calcio ecuadoriano. Aletta sinistra rapidissima e sprintante, nel 2016 si era messo in mostra nell'Independiente Del Valle. Quello di Arturo Mina, di Jefferson Orejuela, di Junior Sornoza, dei due Angulo (Julio e José). Quello che, scioccando l'intero Sudamerica, ha provato a ripetere l'impresa storica dell'Once Caldas 2004, issandosi fino alla doppia finale di Libertadores dopo aver eliminato Boca Juniors e River Plate. Quello che alla fine la Copa l'ha persa, contro l'Atlético Nacional di Miguel Angel Borja, ma è stato il primo passo per tante conquiste future.
Cabezas il proprio marchio l'ha lasciato. Eccome. Nelle semifinali contro il Boca, è andato a segno sia all'andata che al ritorno. La prima volta con un destro secco alle spalle del portiere Orión, la seconda bruciando in velocità un avversario. Alla Bombonera. A 19 anni. E un bel po' di tempo dopo aver esordito nella prima squadra dell'IDV, quando di anni ne aveva addirittura 15. Precocità, qualità, opportunità. Di mercato, certo.
GettyIn quel 2016, la sua giovane età lo rende un pezzo pregiatissimo. Le sue gesta le ha notate tutto il Sudamerica, ma si sono espanse ben al di fuori del continente. Sono arrivate in Europa, in Italia, a Bergamo. E così, quando nell'estate del 2016 gli osservatori dell'Atalanta portano le proprie relazioni positive alla dirigenza, il responso è unanime: prendiamolo. Su Cabezas ci sono anche il Boca Juniors e il Grêmio, ma è la Dea ad avere la meglio, facendogli firmare un contratto quinquennale.
Pare un colpaccio. Perché in effetti le referenze sono più che positive. Gian Piero Gasperini si augura “che possa maturare in fretta”, ma la gente non stanno nella pelle: prima del Trofeo Bortolotti contro l'Eintracht Francoforte, la celebre amichevole della rottura tra il Gasp e Marco Sportiello, Cabezas viene svelato in campo ai tifosi in un clima entusiastico.
“Spero un giorno di diventare come Antonio Valencia, il mio modello – dice ai giornalisti il giorno della presentazione – Come lui anche io sono veloce, mi piace dribblare e crossare per i compagni. Solo che Antonio gioca a destra e io prevalentemente sull'altra fascia”.
“Cabezas è un giovane che abbiamo seguito per lungo tempo – gli fa eco il responsabile dell'area tecnica Giovanni Sartori – È piaciuto a tutti e anche Gasperini ha dato immediatamente un parere positivo. Ha parecchie qualità, a volte possono non bastare, però con la testa giusta potrà togliersi tante soddisfazioni”.
Il problema è che dal dire al fare c'è di mezzo un oceano, manco un mare. E Cabezas se ne rende conto sin da subito. Gasperini a dire il vero lo convoca spesso, solo che ogni volta lo lascia in panchina. Fino al 15 aprile 2017, vigilia di Pasqua. L'Atalanta è di scena a Roma contro i giallorossi e finalmente, a 22 minuti dalla fine, tocca all'oggetto misterioso. Fuori Kurtic, autore del momentaneo 0-1, e dentro Cabezas. Con la Dea che riceve nuova linfa dall'ingresso dell'ecuadoriano, capace nel finale di mettere in imbarazzo la difesa di Luciano Spalletti con la propria velocità.
Insomma: promosso. O almeno, così pensano tutti. Non Gasperini, che lo rispedisce in panchina la partita successiva. E poi quella dopo ancora. Fino a quando il campionato finisce e il dubbio che questo Cabezas sia ancora un po' troppo acerbo per affrontare a petto in fuori la Serie A inizia a montare. L'Atalanta dichiara di credere in lui, rimanda al mittente qualche offerta sudamericana, non ha intenzione di gettare al vento i due milioni di euro circa spesi per portarlo a Bergamo. Ma al contempo non ha intenzione nemmeno di tenerlo in rosa per la stagione successiva.
Così inizia il valzer dei prestiti. Che ben presto diventa infernale. Il Panathinaikos prima, l'Avellino (Serie B) poi, infine il Fluminense. Che sia in Grecia, in Irpinia o a Rio de Janeiro, il folletto dell'Independiente Del Valle non si vede praticamente mai: minutaggio ridotto, zero reti a corredo, una sensazione di spaesamento sempre più evidente con il trascorrere delle settimane e dei mesi e il repentino addio alla Nazionale, che lo ha convocato in un'occasione nel 2017. Mentre l'Atalanta, tra un accordo e l'altro, gli rinnova il contratto.
A contribuire al caos che si sta formando nella sua testa e nella sua carriera è anche l'altro Independiente, il più famoso, quello di Avellaneda. Nel gennaio del 2018 pare fatta per l'ennesimo viaggio di Cabezas. Destinazione: Argentina. I due club sono già arrivati allo step dello scambio dei contratti. Solo che il Rojo commette una topica allucinante: nella traduzione in inglese dei documenti da inviare alla Dea si dimentica di correggere il nome del giocatore. Che da Bryan Cabezas diventa... Bryan Heads. Ovvero la traduzione di “Cabezas” (teste) dallo spagnolo. E così l'accordo salta. Surreale.
Altro giro, altra corsa, altro prestito. Niente di meglio che fargli riassaporare l'aria di casa. Ovvero dell'Ecuador. Ci prova l'Emelec, ma Cabezas ammette di esserci “arrivato male dal punto di vista fisico” e non trova mai continuità, nonostante il club prolunghi il prestito annuale dall'Atalanta per altri 12 mesi. Ennesimo flop, ennesima bocciatura sonante. Che fa il paio con quella turca al Kocaelispor, dove l'ex prodigio dell'IDV colleziona appena 4 presenze tra campionato e coppa, prima di essere travolto anche dalla sfortuna nel novembre del 2021: rottura del legamento crociato di un ginocchio. Mesi per guarire, un incubo che non finisce mai. Fino alla decisione dell'Atalanta di lasciar perdere e stracciare il suo contratto. Oggi Bryan milita in patria, a Quito, all'El Nacional.
E così, meglio ripetere il dato da incubo: in 6 anni sotto contratto con l'Atalanta, Cabezas ha messo assieme appena i 22 minuti dell'Olimpico. E mentre lui veniva sballottato tra un prestito e l'altro in giro per l'Europa e il Sudamerica, la Dea cresceva di giorno in giorno transitando dallo status di formazione di media-bassa classifica ad habitué delle prime posizioni. “Voglio aiutare la squadra in Serie A e magari anche in Europa”, diceva il Flash dell'Ecuador il giorno della presentazione. In Europa l'Atalanta ci è arrivata più volte, in effetti. Ma senza di lui.
