Australia, terra di speranza per chi nello scorso secolo è partito dall’Europa dell’Est alla ricerca di pace. Lontano dalla guerra e dai problemi sociali. Australia, il paese in cui è nato Josip Simunic, uno dei migliori difensori centrali della Bundesliga degli ultimi vent’anni. Cresciuto a Canberra, sentendosi sempre croato al 100%. Giocando nella squadra degli immigrati croati nella sua città. Lui, figlio di croati della Bosnia scappati in Australia. Lui che ha dovuto aspettare i 33 anni per trasferirsi in pianta stabile in quello che ha sempre sentito il suo paese e giocare nella Dinamo Zagabria dopo 14 anni sui campi della Germania, dove si è affermato. E grazie ai quali è arrivato a vestire la maglia a scacchi bianco-rossa. Quella che lo ha riempito d’orgoglio, che lo ha visto protagonista per 105 volte nella propria carriera. E che lo ha anche visto protagonista di un episodio incredibile: un’espulsione per tripla ammonizione. A un Mondiale di calcio. In una partita già di per sé storica.
Destino. Il sorteggio della fase a gruppi del Mondiale del 2006 aveva accoppiato Croazia e Australia nel girone F. Le altre due: Giappone e soprattutto Brasile, che avrebbe dominato il raggruppamento — ça va sans dire. Per l’allora centrale dell’Hertha Berlino, portato in Germania dall’Amburgo nel 1997, quella contro l’Australia era ovviamente una sorta di partita del cuore, contro la selezione del paese in cui è nato e cresciuto. Per la verità senza mai riuscire a imporsi nel calcio degli aussie, visto che per affermarsi è dovuto andare in Germania, precisamente ad Amburgo.
Getty ImagesCon la Croazia, altra storia. Entrato nel giro nel 2001, è sempre stato una colonna della squadra. In una difesa con nomi importanti come Robert Kovac, Igor Tudor e Stjepan Tomas, Simunic sembrava il vero insostituibile. Arrivava al Mondiale come uno degli intoccabili del CT ZlatkoKranjcar, in una selezione in crescita che contava già su giocatori affermati a livello internazionale come Dario Simic, Niko Kovac, Dado Prso, Ivica Olic o Ivan Klasnic. Più un giovane Luka Modric che muoveva i suoi primi passi nel grande calcio mondiale.
Il percorso in Germania è iniziato con la sconfitta per 1-0 con il Brasile, a cui è seguito lo 0-0 con il Giappone. La Croazia si è trovata a giocarsi tutto all’ultima giornata contro l’Australia, che aveva ottenuto 3 punti contro il solo ottenuto dai balcanici. L’occasione di qualificarsi c’era ancora: una vittoria all’ultima giornata avrebbe ribaltato tutto e portato la Croazia agli ottavi di finale contro l’Italia. Sarebbe passata l’Australia, per la prima volta nella propria storia alla fase ad eliminazione diretta di un Mondiale. Il resto è Totti, è storia. Ma nella serata di Stoccarda, in una partita dai molteplici significati sociali vista la forte enclave croata che c’è in Oceania, è successo letteralmente di tutto.
La partita è ancora ricordata come una delle più emozionanti di quel Mondiale. È iniziata con un calcio d’inizio ripetuto due volte. Dopo due minuti il vantaggio di DarijoSrna con una punizione al bacio, imparabile per l’ex Perugia e Milan Zeljko Kalac, portiere dell’Australia di origini croate messo in campo al posto di Mark Schwarzer. Poi il pareggio su rigore di Moore dopo un contestato fallo di mano. In apertura di ripresa, il nuovo vantaggio della Croazia con Niko Kovac, con una papera colossale proprio di Kalac che si è lasciato scivolare il pallone dopo un tiro apparentemente innocuo. Nuovo pareggio a 11 minuti dalla fine con Harry Kewell in mischia. 2-2, quello che poi è stato il risultato finale. Nei minuti che hanno anticipato il triplice fischio, però, è accaduto l’incredibile.
La FIFA per la partita aveva designato l’arbitro inglese Graham Poll, uomo da oltre 300 gare arbitrate in Premier League, un centinaio di chiamate internazionali sulle spalle. Esperienza al potere per novanta minuti delicatissimi. Esperienza annebbiata dalla confusione di un finale a dir poco concitato e nervoso. Alll’85’ il direttore di gara ha mostrato il secondo giallo e conseguente rosso a Dario Simic per aver fermato un contropiede di Kewell. Giusto. Due minuti dopo, ha nuovamente ammonito ed espulso Brett Emerton, terzino dell’Australia, per un fallo di mano. Giusto. Al novantesimo, ha mostrato il secondo giallo a Josip Simunic, reo di aver fermato un contropiede con un placcaggio che si addiceva più al rugby che al calcio. Poll ha cercato il difensore croato, gli ha sventolato davanti il cartellino. Giallo. Poi si è inspiegabilmente dimenticato di estrarre il rosso.
Getty ImagesI giocatori australiani si sono accorti dell’errore e hanno protestato, ma Poll non ha sentito ragioni e ha fatto proseguire il gioco. Così Simunic, che inizialmente sembrava già rassegnato al proprio destino, ha fatto finta di niente ed è rimasto in campo. Per la verità solo per altri tre minuti, prima di ricevere una terza ammonizione e a questo punto sì, anche il cartellino rosso. Curiosamente però il terzo giallo (e conseguente espulsione) è arrivato a partita già terminata e solo per le reiterate proteste del difensore dell’Hertha Berlino.
Poco prima Poll, in palese confusione, aveva fischiato la fine della partita mentre l’Australia stava per segnare il terzo goal. Poi è stato abbracciato da Viduka, che inizialmente stava protestando. Poi ha espulso Simunic. Peraltro, con decisione. Senza esitare o consultare il taccuino prima di estrarre anche il rosso. In Australia in molti hanno affermato che il cartellino è arrivato comunque con 86 minuti di ritardo, visto che già al 7’ Simunic aveva commesso un potenziale fallo da rigore, su cui l’arbitro ha lasciato correre.
In seguito Poll ha spiegato alla Commissione Arbitrale della FIFA che l’errore è stato nella registrazione sul proprio taccuino del secondo giallo, messo a carico del difensore australiano Moore anziché di Simunic. Il numero 3 giallo, invece di quello biancorosso. Si è anche detto che a confondere Poll sia stata la parlata di Simunic, che in Australia ci è nato e cresciuto e parla ovviamente inglese madrelingua con uno spiccato accento aussie, perfettamente riconoscibile per l’orecchio inglese dell’arbitro.
“Quando ho mostrato il secondo cartellino a Simunic, ho scritto il numero di maglia giusto, ma il nome sbagliato. Ho inavvertitamente scritto il nome di Craig Moore. È la prima volta che mi succede in 26 anni”, ha dichiarato a ESPN.
Getty ImagesUna settimana dopo l’errore, ha pubblicamente annunciato la sua intenzione di ritirarsi a livello internazionale e proseguire soltanto in Inghilterra, dove è stato oggetto di prese in giro continue non solo dai tifosi. Poll arrivava infatti al Mondiale con grandi chance di poter dirigere anche la finale.
Anche per Simunic sarebbe stata l’ultima partita ad Mondiale. Nel 2010 la selezione balcanica non sarebbe riuscita a qualificarsi. Un anno prima era stato nominato dal ‘kicker’ miglior centrale della Bundesliga. Quello del 2014 lo avrebbe saltato a causa di una lunga squalifica imposta dalla FIFA per un coro durante i festeggiamenti per la qualificazione, parole che erano il motto degli ‘ustaša’, i militanti dei nazifascisti dell’estrema destra croata. Non un modo brillante per terminare una carriera comunque fatta di soddisfazioni. E con tre ammonizioni in una partita. Un evento più unico che raro.
