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HavertzGetty

Havertz e il suo arrivo al Chelsea: "Guardavano il prezzo e pensavano fossi Messi"

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La vittoria della Champions League del 2021 passerà sempre alla storia come quella in cui Kai Havertz ha regalato il trofeo al Chelsea, nella stagione del suo arrivo in Inghilterra.

Un goal, quello in finale al Manchester City, che ha spazzato via i dubbi relativi al suo trasferimento record dal Bayer Leverkusen, con la cifra di 72 milioni di sterline che lo ha reso il calciatore più costoso del club.

"I primi sei mesi non sono stati così buoni: i tifosi ti fischiano e senti la pressione delle telecamere su di te. Non sono cresciuto così, non voglio stare al centro dell'attenzione. All'inizio era folle".

Intervenuto ai microfoni del "Guardian", Havertz si è raccontato tra passato, presente e futuro, con particolare attenzione a quello che si diceva di lui all'arrivo al Chelsea.

"Il prezzo era una grande cosa: ero il giocatore più costoso del Chelsea. Non capisco come vengano pagati così tanti soldi, ma è normale nel calcio: guardate i nostri recenti acquisti. Questo porta un po' di pressione perché la gente pensa che tu sia Messi".

A tal proposito, Havertz si lascia andare a un commento relativo agli arrivi di Enzo Fernandez e Mykhailo Mudryk, al centro dell'attenzione.

"Da quest'estate è arrivata una dozzina di giocatori: non è facile. Enzo e Mudryk sono arrivati per un sacco di soldi e sono giovani. Non puoi aspettarti che siano subito Neymar. E' come quanto accaduto con me: ci vuole tempo".

E' un processo lungo: per Havertz è stato anche un percorso importante, che lo ha portato a staccarsi dal calcio, quando necessario.

"Quando avevo 17, 18 o 19 anni il calcio controllava la mia vita. Con una brutta partita sarei andato una settimana... non lo so... a vedere gli asini? Esatto. Quando sei giovani leggi quello che dice la gente e pensi: 'Forse hanno ragione, forse sei un idiota. Sei spazzatura'. In un certo senso ci credi".

Proprio la sua passione per gli asini, già raccontata in passato, rappresenta una delle particolarità che lo distinguono dal resto (e la fonte del suo soprannome, "l'asino"): quando era piccolo gliene regalarono uno, cucciolo. Al compimento della maggiore età tre.

"Alcuni dei miei compagni di squadra mi chiamano 'Asino' e non a causa del mio calcio. Ho sentito un rapporto speciale con gli asini: sono animali molto calmi, si rilassano tutto il giorno, vogliono solo vivere la loro vita. Quando ho compiuto 18 anni mi hanno fatto un regalo speciale, un'adozione". Il primo si chiamavaToni (come Rudiger) l'ultimo si chiama Hope, salvato dal macellaio. "Era già morto, ora ha una bella vita".

Poi viene la sua visione di calcio.

"C'è un'immagine di calciatori tutti estro, diamanti, questo e quello. Ho incontrato giocatori che spendono così tanto per cose che ti fanno pensare: 'Ma perché lo fa?'. Ci sono giocatori a cui non importa, ma ad altri sì. Toni Kroos è uno con i piedi per terra. Sa che la vita non è solo alcio. N'Golo Kanté un altro: ha avuto lo stesso telefono per 10 anni. Non gli importa delle auto, non gli importa dei vestiti. Devi rimanere lucido. La gente mi ama adesso, forse tra due settimane mi odierà di nuovo: non importa quanto bene ho giocato.
Torno a casa e la mia ragazza vuole che metta i piatti in lavastoviglie".

Oggi Havertz è cambiato proprio grazie ai momenti di pausa che ha saputo ritagliarsi tra una partita e l'altra.

"Dopo le gare stavo con gli asini, spegnevo tutto. Era una bella sensazione, di recupero. Dovrebbe essere chiaro a tutti: questo è più importante. Il calcio è un buon modo per rendere felici le persone e dare loro gioia, ma ci sono altri modi. E pensare sempre al calcio 24 ore su 24, 7 ore su 7 non è salutare".
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