I due terzini titolari della Francia campione del mondo (Pavard ed Hernandez), un vice-campione del mondo (Perisic) e uno dei migliori trequartisti del mondo (Coutinho). Con un mercato del genere, in pochi potevano immaginare che il miglior acquisto del BayernMonaco nell’estate 2019 potesse essere, inconsapevolmente, assistente allenatore. Quei pochi a crederlo erano, e sono, coloro che lo conoscevano già per il suo lavoro con la Nazionale tedesca, con la federazione. Oggi, invece, tutti conoscono Hans-Dieter Flick, meglio noto come Hansi. Perché ha guidato il Bayern da capo allenatore fino all’ottavo Meisterschale consecutivo.
Dal 3 novembre, dall’addio di NikoKovac e di suo fratello Robert, fido vice, Rummenigge ha affidato la guida della prima squadra allo storico assistente di Löw. Il nativo della città renana di Heidelberg non ricopriva il ruolo di capo allenatore dal novembre2005, quando aveva lasciato l’Hoffenheim in terza divisione. Da quattro anni provava a conquistare una promozione in seconda divisione che sarebbe arrivata solo nel 2007, quando alla guida del club arrivò RalfRangnick. Flick, comunque, non rimase molto tempo senza un lavoro: accettò la chiamata di Trapattoni e LotharMatthäus al Salisburgo, nel ruolo di assistente tecnico, nel nuovo progetto Red Bull. L’esperienza durò però giusto due mesi, anche perché con il Trap c'erano attriti riguardo alla fase difensiva, ritenuta eccessiva. I due si erano incontrati in DFB-Pokal l'anno prima, quando Trapattoni guidava l'Hoffenheim. Insieme durarono una sessantina di giorni. Tempo di ricevere la chiamata di Joachim Löw nello staff della Germania. Irrinunciabile, soprattutto perché neanche al top della sua carriera da calciatore Flick era riuscito a conquistare una convocazione.
Getty ImagesA convincere Löw fu una visita al centro d’allenamento dell’Hoffenheim, nel 2004: lui e Klinsmann furono invitati da DietmarHopp, il magnate tedesco recentemente preso di mira da diverse tifoserie tedesche. Salto in avanti di 16 anni, alla fine dello scorso febbraio: i tifosi del Bayern insultano il proprietario dell’Hoffenheim con degli striscioni, a causa di frizioni già avute da Hopp con altre tifoserie organizzate in Germania. Flick si infuria sotto il settore ospiti, chiede la rimozione immediata, urla. Un messaggio, in quegli urli: se oggi allena il Bayern e i tifosi gioiscono, il merito è anche di chi per primo ha creduto in lui. Ovvero: Dietmar Hopp. Con buona pace dei tifosi bavaresi.
Ritorno nel passato. Il legame con i Löw nacque nel 1985, quando appena 19enne lasciò il Sandhausen per accettare la chiamata del Bayern Monaco di UdoLattek, uno degli allenatori più vincenti nella storia del calcio tedesco. In cinque anni vincerà quattro volte la Bundesliga. Il suo posto nel club in cui è cresciuto lo prese MarkusLöw, fratello dell’attuale commissario tecnico della Mannschaft.
La carriera di Flick calciatore ad alti livelli finì dopo troppi infortuni a soli 28 anni, nel Colonia. Poi iniziò quella da manager, prima da allenatore-giocatore nelle serie minori. Poi l’Hoffenheim, il Trap, la Germania. I successi. È rimasto sulla panchina della Mannschaft fino alla notte del Maracanã nella quale PhilippLahm alzò al cielo la coppa del mondo conquistata contro l’Argentina nel 2014. Nel museo del calcio tedesco, a Dortmund, c’è una sala dedicata totalmente a quella cavalcata, con appunti, lavagne, retroscena, maglie, scarpe. I disegni degli schemi tattici, i piani di gioco, i calci piazzati portano tutti la firma di Hansi Flick. Uomo chiave per il trionfo in Brasile. Dopo aver toccato il punto più alto, ha accettato un incarico da dirigente nella federazione, prima di un altro passaggio senza grande successo all’Hoffenheim dietro una scrivania.
Flick voleva una panchina, il Bayern gliel’ha garantita la scorsa estate, anche se ancora da assistente. "Il ruolo ideale per me", aveva detto, evidentemente sottostimandosi. Rummenigge lo aveva definito un "grande aiuto" per Kovac. Le cose sono andate diversamente, meglio di ogni aspettativa. Con un rapporto da subito speciale tra l'allora assistente e la squadra: hanno fatto il giro del mondo le immagini con JaviMartinez in panchina in lacrime prima della sfida contro l’Hoffenheim in casa, per la quale il basco era stato escluso. Poi da allenatore ad interim dal 3 novembre, poi confermato fino a fine stagione a natale. Infine, ufficialmente da capo allenatore, con un contratto fino al 2023 firmato a fine aprile. Firmato con una penna che Rummenigge gli regalò dopo la vittoria contro il Chelsea per 0-3: “Al Bayern con le penne si firmano i contratti”, aveva detto Kalle. Questa volta aveva ragione.


