Inarrestabile. Impossibile coniare aggettivi differenti per tracciare la parabola ascendente di Robin Gosens . Da oggetto misterioso, tutto da lavorare e smussare, a certezza granitica sul binario mancino dell' Atalanta di Gian Piero Gasperini .
Proprio il tecnico di Grugliasco, infatti, ha avuto il merito di saper plasmare e indottrinare quel calciatore tutto da scoprire sbarcato in sordina nell'estate del 2017 dall'Heracles Almelo, formazione olandese. Un paio di annate interlocutorie prima della fragorosa esplosione in quel di Bergamo.
Nelle ultime due stagioni Gosens ha perfezionato il cosiddetto 'salto di qualità' che lo ha consacrato di forza nella batteria dei migliori interpreti del ruolo presenti sulla scena continentale.
Un laterale moderno, di stampo europeo, appunto. Un abile interprete della doppia fase, bravo a rintuzzare quando le dinamiche di campo lo richiedono, semplicemente devastante quando è chiamato a recitare lo spartito dalla cintola in su.
Per lui parlano i numeri. Roba da far impallidire i colleghi di reparto: 22 goal e 16 assist nelle ultime due annate in salsa orobica . Score impressionante per un giocatore chiamato ad orbitare come esterno di centrocampo e all'occorrenza adattabile anche a terzino in uno schieramento in linea a quattro.
Della serie, dove lo metti sta. E ci sta anche molto bene.
Numeri e prestazioni roboanti che hanno inevitabilmente catturato l'attenzione del Ct tedesco Joachim Löw che lo scorso settembre gli ha concesso il 'battesimo' con la maglia della 'Mannschaft' regalandogli il debutto da titolare contro la Spagna in Nations League.
Nei mesi successivi sono arrivate altre sei apparizioni con i colori teutonici - distribuite tra Nations League, amichevoli e qualificazioni mondiali - fino alla stra meritata convocazione per Euro 2020 dove Gosens è fermamente intenzionato a non recitare il ruolo della semplice comparsa.
Questa sera, infatti, i tedeschi affronteranno la Francia nella gara inaugurale del proprio raggruppamento e l'atalantino è in pole per assicurarsi una maglia da titolare sulla corsia di competenza. Proprio quella dove, da due anni a questa parte, sta strabiliando gli addetti ai lavori dei principali club europei.
Una crescita e una spinta inesorabili, verticali. Proprio come si chiede ad un esterno di fascia che si rispetti. In questo caso, però, siamo di fronte a qualcosa di più di una semplice maturazione.
Perchè passare nel giro di quattro anni da una realtà non di primissima fascia del campionato olandese all'undici titolare della Germania non è roba per tutti.
