
13 maggio 2012. E’ l’ultima giornata di un campionato di Serie A che ha visto il ritorno in auge della Juventus, al primo Scudetto post ‘Calciopoli’. Mentre a Torino si festeggia il tricolore, in quel di San Siro si ammainano bandiere. Milan-Novara si trasforma in una solenne passerella: saluta Nesta, saluta Gattuso. Lo stesso fanno anche Seedorf, Ambrosini e Zambrotta. Lo fa soprattutto Filippo Inzaghi, che si congeda a modo suo salutando il suo pubblico con quella cosa che, per oltre vent’anni, gli è sempre venuta particolarmente bene: fare goal. Traccia di Seedorf, ‘Superpippo’ controlla di petto e con un gran destro supera Fontana. Giù il sipario.
L’ESPERIENZA FLOP AL MILAN: IL PEGGIOR CAMPIONATO DEGLI ULTIMI VENT’ANNI
Due mesi dopo il suo ultimo acuto in rossonero il legame tra l’attaccante piacentino e la squadra che gli ha permesso di vincere e rivincere tutto è ancora vivo e più saldo che mai. Il Milan gli offre la possibilità di percorrere un’altra strada insieme, questa volta nelle vesti di allenatore e Inzaghi accetta il guanto di sfida accomodandosi sulla panchina degli Allievi Nazionali. La scalata è rapida. Dopo una sola stagione ‘sale’ in Primavera e nel 2014 vince il Trofeo di Viareggio, la sua prima affermazione da tecnico.
GettyPer Adriano Galliani tre anni di gavetta bastano e avanzano. Pippo è pronto al salto tra i grandi e i vertici rossoneri gli affidano la panchina della prima squadra:
“Con Inzaghi alla guida, il Milan tornerà a competere ai massimi livelli. Pensando al Milan non in Champions mi viene il magone. Sono convinto che Inzaghi ci riporterà in Champions", le parole dell’AD rossonero nel giorno della presentazione.
Sull’immagine dell’allenatore debuttante si generano grande attesa e soprattutto grandi aspettative. E Superpippo parte col botto: 3-1 all’esordio assoluto contro la Lazio di Stefano Pioli – guarda a caso l’attuale tecnico del Milan – e un rocambolesco 5-4 sul campo del Parma, squadra con cui Inzaghi debuttò in A. Alla terza, però, arriva il brusco risveglio: a San Siro sbarca la Juve di Allegri, predecessore sulla panchina del Diavolo nonché ultimo allenatore di Inzaghi. I bianconeri gestiscono le operazioni e nella ripresa spezzano l’equilibrio grazie al colpo risolutore di Tevez.
E’ la prima sconfitta per Inzaghi. Lo scossone prima del precipizio. Il Milan, infatti, incappa in un loop fatto di risultati modesti e di un’atavica discontinuità. A fine stagione il bilancio è da incubo: Milan decimo e fuori dalle coppe europee per il secondo anno consecutivo. Non accadeva dalla stagione 1997-1998. Per Inzaghi, nonostante le timide rassicurazioni della società, il finale è già scritto: esonero.
IL BIENNIO D’ORO SULLA PANCHINA DEL VENEZIA: ‘DOUBLE’ IN LEGA PRO E I PLAYOFF DI B
L’anno successivo lo vive da spettatore – essendo ancora sotto contratto con il club meneghino – ma nell’estate del 2016 è il Venezia ad offrirgli possibilità di redenzione. I lagunari sono reduci da una fresca promozione dalla Serie D e riabbracciano il mondo del professionismo.
Per Inzaghi, dopo il flop al Milan, è tempo di ricostruire dal basso la propria immagine dall’allenatore e la Serie C rappresenta la palestra necessaria dove dare forma ad un percorso di crescita e maturazione. Al terzo piano del calcio tricolore il tecnico piacentino trova subito la quadra e inscena una stagione che rasenta la perfezione.
Gli arancioneroverdi dominano il Girone B e centrano la promozione in cadetteria con tre giornate d’anticipo chiudendo a +10 sul Parma secondo e a +14 sul tandem Pordenone-Padova. E se l’appetito vien mangiando, dritta in bacheca finisce anche Coppa Italia di Lega Pro che il Venezia fa sua piegando il Matera nella doppia finale regalando a Inzaghi il primo trofeo da allenatore professionista.
Nel verso opposto va invece la finalissima di Supercoppa. A sorridere questa volta è il Foggia. Sfuma la tripletta per i lagunari ma è un mero dettaglio per una società che nel giro di due anni è passata dai dilettanti alla Serie B.
Serie B, appunto. Dopo aver assaggiato la A con il Milan e aver spadroneggiato in C, Inzaghi si misura con la terza categoria diversa in soli tre anni. Ai nastri di partenza della stagione 2017-2018, il Venezia parte con ambizioni da neopromossa, ossia con l’obiettivo di mettere fieno in cascina il più velocemente possibile per assicurarsi la permanenza categoria.

La partenza è ad andamento lento: Pippo vince appena sei partite nel girone d’andata ma nel lato ‘B’ del campionato cambia decisamente passo vincendone undici e spingendosi sino al quinto posto che certifica la partecipazione ai Playoff. Al primo turno la pratica Perugia viene sbrigata con un secco 3-0. In semifinale c’è il Palermo. Al Penzo finisce 1-1 con la rete di La Gumina prontamente livellata da Marsura. Quattro giorni dopo, però, al ‘Barbera’ è un’autorete di Domizzi a spianare la strada della finale ai rosanero.
E’ il 10 giugno del 2018. Sarà l'ultimo frame di Filippo Inzaghi da allenatore del Venezia:
“Tutti sono stati fantastici e mi hanno aiutato, abbiamo fatto due anni che vanno al di là di ogni parola. Sono contento di aver portato questo entusiasmo. Ognuno adesso andrà per la propria strada, ma quello che abbiamo fatto insieme resterà nel nostro cuore per sempre", dichiarerà a ‘Eurosport’.
IL RITORNO IN A: SEI MESI DA INCUBO AL BOLOGNA
Il suo commiato dal Venezia segue, di fatto, un accordo di massima raggiunto mesi prima con il Bologna per la stagione successiva. Quattro anni dopo le traiettorie di Inzaghi e della Serie A tornano ad incrociarsi.
Il monito è cancellare l’annus horribilis a tinte rossonere ma l’esperienza al timone dei felsinei si rivela addirittura peggiore. Il suo interregno al ‘Dall’Ara’ naufraga in appena sei mesi e a condirlo è uno score impietoso:
Su ventuno partite, ne vince due. Chiude con 13 punti il girone d’andata e con la striscia di nove partite consecutive senza vittorie, nientemeno che il peggior risultato di sempre in A per la truppa bolognese . Alle porte del 2019 il quadro non migliora: Inzaghi pareggia con la SPAL prima di crollare 4-0 contro il Frosinone e titoli di coda. Il secondo esonero della sua carriera è realtà e al suo posto arriva Sinisa Mihajlovic.
PARADISO E INFERNO: BENEVENTO, BRESCIA E REGGINA
Fermo ai box, Inzaghi ci rimane appena cinque mesi, perché in estate è lui il prescelto per ereditare la panchina del Benevento fresco di retrocessione in Serie B dopo la prima storica apparizione in massima serie. L’obiettivo della dirigenza sannita è uno solo: riprendersi subito il principale palcoscenico italiano e Inzaghi recepisce il messaggio. Il suo Benevento è una macchina da guerra e i sanniti, una volta presa la testa della classifica, non la molleranno più inscenando un campionato che sbriciola qualsiasi record appartenente alla storia del campionato cadetto, nonostante la momentanea interruzione per l'emergenza Covid.
Gli ‘Stregoni’ giocano un calcio pratico ed efficace e sulle note di un più che collaudato 4-3-3 centrano la promozione con sette giornate d’anticipo, come mai nessuno prima d'ora. Con 86 punti in 38 giornate, i giallorossi fanno registrare il miglior punteggio ottenuto da quando il campionato si disputa con la formula a venti squadre. E non finisce qui: miglior attacco, miglior difesa, maggior vantaggio finale sul 2° classificato, otto successi di fila in trasferta, eguagliando il primato del Palermo nel campionato 2013/14 e ben 12 successi sui campi delle avversarie.
GettyUn tripudio. E' nuovamente Serie A. La seconda in tre anni per il club del presidente Vigorito, la terza per un allenatore chiamato a riscattare le precedenti (e deludenti) parentesi con Milan e Bologna.
L'approccio al torneo 2020-2021 è decisamente più solido e consapevole rispetto a due anni prima. La truppa inzaghiana non brilla in termini di continuità ma arriva al giro di boa aggrappata alla parte di sinistra della classifica. Sembra il preludio ad una salvezza raggiungibile in moderata serenità ma nel girone di ritorno arriva il crollo. Inaspettato. Verticale.
Il Benevento vince solamente una partita - piegando la Juve allo Stadium grazie al goal di Gaich - e con altri sette pareggi e dodici ko, colleziona la miseria di 10 punti (contro i 23 dell'andata) che fanno precipitare Inzaghi nel baratro. L'emorragia di risulati è inarrestabile e sfocerà nel clamoroso quanto immediato ritorno in Serie B, divenuto matematico addirittura con una giornata d'anticipo.
La retrocessione segna la fine del rapporto tra l'allenatore e la città campana costretti a salutarsi nella maniera più amara possibile mentre Superpippo ripartirà dal Brescia. Un'altra piazza che brama il ritorno in Serie A. Il rapporto col presidente Cellino però sarà burrascoso fino all'esonero.
Poco male perché Inzaghi resta senza panchina solo pochi mesi: la nuova destinazione è Reggio Calabria, dove guiderà la Reggina.
La squadra è buona, lui ci mette del suo e nel girone di andata della Serie B 2022/2023 si vola. Gli amaranto veleggiano nelle zone altissime della classifica poi, quando sembrano addirittura i favoriti per la promozione diretta in massima Serie, sul gruppo si abbattono i problemi finanziari del club.
Prima i punti persi per strada, poi quelli persi per una penalizzazione, valgono posizioni su posizioni in classifica, ma alla fine arriva comunque una qualificazione ai playoff che però per la Reggina finiscono già alla prima partita contro il Sudtirol.
Il resto è storia recente: quello del club calabrese è oggi un futuro tutto da scrivere, al pari di quello di Inzaghi.