Quando Araribóia, indigeno di etnia Tupi, si reca da Mem de Sá non sa ancora di aver scritto un pezzo di storia del Brasile: per lui era semplicemente una porzione di territorio, nulla più. “Banda D’Além”, la chiamava, definendola “la terra che c’è oltre”. Mem de Sá, governatore generale, accorda la richiesta e la concessione di quella che sarà, poi, Nitèroi. Parte delle radici di Alex Rodrigo Dias da Costa. “Alex”.
Il profondo collegamento tra i brasiliani e la loro terra è forte a tal punto da riveder, nella storia di ogni singolo individuo, quella dell’intero popolo: la voglia d’affermazione di Araribóia, ad esempio, trasformata poi nella realizzazione del luogo che ha dato i natali all’ex difensore, è elemento tangibile e tema ricorrente di tutta la carriera di quest’ultimo.
A Stamford Bridge è il 57’ quando, dopo una cospicua rincorsa, Alex calcia il pallone posizionato a 25 metri, circa, dalla porta difesa da Pepe Reina: il Chelsea ha da poco accorciato le distanze con Didier Drogba, in una delle sfide più importanti e spettacolari della storia recente della Champions League.
C’è da dire che il difensore brasiliano non era nuovo a punizioni simili: il suo è un calcio particolare, preceduto da una lunga rincorsa, conclusa con una battuta di mezzo-collo esterno, di destro, in slancio. La compostezza nel movimento e nella postura permette al pallone di rimanere teso e prendere uno strano effetto, ma di non finire sopra la traversa. Così è stato anche contro il Liverpool. La sfera aggira la barriera, ma non termina angolata: la potenza, comunque, sorprende Pepe Reina, bucandolo. Si ripeterà un anno dopo, ma contro l’Arsenal, all’incrocio: rete che tutt’oggi viene celebrata dai Blues come una delle più belle della loro storia.
Un altro segno distintivo di Alex è la pericolosità nel gioco aereo. Carlo Ancelotti, che lo ha allenato sia al Chelsea che al PSG, lo ha definito uno dei migliori colpitori di testa della sua generazione, a ragion veduta. Tra le reti messe a segno durante il suo periodo parigino vale la pena citare quella siglata in occasione della sconfitta del Paris Saint-Germain in casa del Sochaux, che vale il momentaneo vantaggio degli ospiti: un colpo di testa che sfida le leggi della fisica.
C’è un calcio d’angolo che raggiunge la pancia dell’area di rigore: Alex legge la traiettoria, ma l’unica cosa che può fare è indietreggiare. Nella maggior parte dei casi questo vuol dire colpire la palla in maniera fiacca: riesce, però, in un fazzoletto a staccare in maniera perpendicolare al terreno e a imprimere la forza necessaria a spedire la sfera in fondo alla rete, nei pressi dell’incrocio dei pali. È con queste premesse che nell’estate del 2014 arriva a Milano, in rossonero.
Oggi la vita di Alex è cambiata drasticamente. A vederlo lì, sul lettino d’ospedale, con linguaggio ridotto e rallentato, non sembra neanche la stessa persona che la nostra mente colloca, ormai, su un rettangolo verde: è lì per fortuna, per un controllo effettuato dopo quella strana sensazione che precede un problema cardiaco.
“Non ho avuto un infarto, ma qualche giorno fa ho accusato dei disturbi e i medici hanno deciso di sottopormi a un intervento di bypass”, ha spiegato il brasiliano tramite un video sui social lo scorso 4 giugno.
Quattro arterie ostruite e la paura, scampata, di vedere il proprio cuore fermarsi, dopo una vita passata sotto sforzo: un paradosso, ma di quelli pesanti. In ogni caso, è fuori pericolo: ed è ciò che conta sul serio, il resto è cronaca.
La scelta di Alex, appena giunto a Milano, è coraggiosa: una volta firmato un biennale con il Milan, e al momento della scelta del numero di maglia, tra le tante prende la 33 che aveva segnato i suoi trascorsi al Chelsea, sì, vero, ma che in rossonero riportava alla mente solo un giocatore, tra l’altro un altro difensore. Anche lui brasiliano: Thiago Silva.
“Mi piacerebbe portare la maglia numero 33 di Thiago Silva, sarebbe un onore per me. Abbiamo parlato tanto di Milan insieme, la trattativa è stata lunga. Mi ha parlato sempre bene di questa squadra e dell'ambiente. Mi ha spinto a venire qui”, ha spiegato in conferenza stampa al suo arrivo.
Per i rossoneri non sarà un anno semplice: a vederla oggi, con lo Scudetto in bacheca, viene anche un po’ da sorridere, ma dalle parti di Milanello il clima è tremendo. La formazione di Filippo Inzaghi non parte neanche troppo male, ma da ottobre in poi il rendimento diventa assai altalenante, subendo un crollo verticale ad aprile. La classifica finale dirà decimo posto.
L’esordio di Alex in Serie A, invece, è bizzarro: il Milan vince 3-1 a San Siro contro la Lazio, andando sul 3-0 dopo 65’, poco prima dell’autorete del difensore brasiliano, sfortunato a insaccare nella sua stessa porta opponendosi in scivolata a un cross di Candreva. La sua prestazione, comunque, rimane positiva.
È la seconda stagione in Italia, comunque, a rimanere nei ricordi dei tifosi che hanno seguito Alex con la maglia rossonera, vissuta tra Sinisa Mihajlovic e Cristian Brocchi. Il difensore brasiliano va a segno 3 volte e gioca leggermente di più rispetto al campionato precedente (25 presenze contro 21), ma partecipa a quello che senza dubbio rappresenta il punto più alto non solo della sua esperienza in Serie A, ma anche del momento del Milan, in quel periodo.
A San Siro va in scena il confronto tra due ex amici e colleghi, Mihajlovic e Mancini, in un Derby tra una formazione che lotta per l’Europa League e l’altra che ambisce alla zona Champions League. In campo, però, i valori vengono sovvertiti, anche perché dalla mezz’ora in poi non c’è proprio partita.
Cross dalla destra di Keisuke Honda in direzione di Alex che elude l’intervento di Juan Jesus e svetta su Davide Santon: per, da pochi metri, è un gioco da ragazzi metterla dentro per il vantaggio rossonero. La gara terminerà 3-0 per il Milan. Sarà la sua ultima stagione da calciatore: scaduto il contratto si accorda con il Porto, ma non supera le visite mediche, decidendo di ritirarsi. Una decisione di “testa”: quella che ha usato, e bene, nel corso della sua vita calcistica e che per gli altri altro non era che una “punizione”. Esemplare, come sempre.


