Marassi si confonde tra i palazzi di Genova, da fuori è sempre uno spettacolo, ma dentro è decisamente meglio: fascino da Italia 90, solito stile inglese, ed erba curata al dettaglio. La sanificazione dell’impianto per adeguarlo al protocollo è costata al Genoa 130 mila euro (spesa condivisa coi cugini doriani ovviamente). Blocchi doccia con aspirazione forzata del vapore e postazioni separate negli spogliatoi.
Le regole sono sempre le stesse: pochissimi addetti ai lavori, palloni continuamente igienizzati e 8 raccattapalle della Primavera, qualcuno di loro ha pure fatto panchine in Serie A. Prima entra la squadra ospite e poi quella di casa. Gioco di luci, inno, saluti senza stretta di mano e si parte. Anzi, fermiamoci un attimo: minuto di silenzio.
18.858 genoani, in qualche modo c’erano anche loro. Sulle tribune è appeso uno striscione gigante con sopra scritti tutti i nomi degli abbonati. Eppure la mancanza dei tifosi si fa sentire, perché casa-trasferta non esiste più, non c’è senso del pericolo se la palla è in area di rigore e non basta chiamare le marcature: “Arbitro, occhio che mi fa il blocco!” urla Perin a Giacomelli prima di un calcio d’angolo.
Ci sono zanzare e trenta gradi, ma Cornelius sembra essere nel suo habitat naturale. Quando vede rossoblu è anche più grosso. Uno, due, tre, testa, destro e sinistro. Alza i gomiti, picchia, la protegge. Tripletta come all’andata: è implacabile. In campo si sente tutto, si percepisce chi questa partita la vuole vincere davvero.

Ci sono leader emotivi, allenatori in campo, e pure i pararigori. Sepe ne prende un altro, il terzo in campionato, e no: non non vi sbagliate! In quella stessa porta l’aveva già parato a Quagliarella. La faccia di Criscito racconta com’è cominciata l’estate del Genoa. La reazione c’è, Iago accorcia su rigore, ma poi esce il fuoriclasse: Kulusevski, dove ci eravamo lasciati, con quel mancino lì.
Si finisce tardi, oltre la mezzanotte. C’è chi è già abituato, e chi no. La postazione interviste è sul campo anche quando arrivano gli allenatori. Ma le parole contano relativamente, il protagonista oggi è solo uno e si porta a casa il pallone.
