Ho visto da bordocampo uno dei Clasicos meno entusiasmanti di sempre a livello di gioco (non finiva 0-0 da 17 anni), ma poi va a finire che Barcellona-Real Madrid non può mai c'entrare nulla con la banalità.
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Sono le quattro di pomeriggio e inizia un po’ di casino. Nulla di che: ci aspettavamo di peggio. Tsunami Democratic, l’organizzazione anonima che chiede un dialogo al governo spagnolo sull’indipendentismo della Catalogna, ha radunato 20mila persone fuori dallo stadio, per manifestare pacificamente. Hanno volantini azzurri con scritto SIT AND TALK e francamente mi sembrano brave persone, un po’ in là con gli anni, senza alcun fare minaccioso.
Si siedono a terra dentro bandiere della Catalogna e cantano - sembra la festa della pace, e le 3000 unità di forze dell’ordine, cioè il triplo del solito, sembrano una precauzione quasi esagerata.
Quindi testa alla partita.
Il Clasico è il Clasico, sia chiaro. Questo non brillerà per palle goal, ma resta roba da galleria d’arte. Se visto al Camp Nou, da dietro una porta, mi sembra un dipinto fiammingo - più ti spingi al dettaglio, più noti il dettaglio. Le teste dei quasi centomila formano un reticolato che mi ricorda quello di quella foto che sta su internet, con Barcellona vista dall’alto. Linee verticali che intrecciano linee orizzontali.
Che se ne dica, ormai non si può più giudicare l’opera d’arte per la sola bellezza (vedi la banana di Cattelan). La si deve considerare per l’impatto sociale che porta con sé. Se quella banana è una figata perché ne abbiamo parlato tutti, ogni Clasico è Alto perché tutti, ovunque, da ogni parte del mondo, ci buttano sopra gli occhi.
All’ultimo Clasico che avevo visto da questa posizione privilegiata, quello di marzo, mi ero perso in Busquets: le sue scelte, il suo sguardo, la sua metrica. Oggi non c’è - sta in panca. Ma un effetto simile me lo produce Frankie de Jong. È uno studente di fisica quantistica all’università di Groningen che teorizza formule su una lavagna gigantesca, col maglioncino e gli occhialetti.
Uno stereotipo, ma anche un futuro professore, impressionante per eleganza, lettura e selezione delle scelte. Emozionante nella postura, coordinato da danza classica.
Vabbè comunque veniamo a noi, dai.
Alla fine in ‘sta partita non succede niente di clamoroso, anche se ve l’ho fatta lunga.
Però poi al 55, nel mezzo di un mare di nulla, ecco l’onda. Dal cielo iniziano a piovere palloni. È un flashmob, una broma dicono qua (“uno scherzo”), una protesta, un’invasione, uno tsunami.

Succede esattamente sopra la mia testa - in pratica da dietro le mie spalle vengono lanciati palloni che cadono davanti ai miei occhi. È terrificante ed esaltante allo stesso tempo, è una poesia di Edgar Allan Poe. Sotto sotto, involontariamente, mi emoziona - al di là dell’ideologia e della politica, che di quello non c’ho capito ancora tanto. Direi che è bello, nella sua forma. In qualche senso è arte: solo un’altra installazione in questa galleria.
I palloni che piovono dal cielo sono gialli. Sopra c’è appiccicato l’adesivo “sit and talk”. La protesta si esaurisce in un minuto, al massimo un paio. Ma poi lo stadio si pittura di blu: tutti hanno in mano un volantino di Tsunami e io c’ho addosso i brividi.
Sapete quando il Camp Nou è veramente magico? Quando prega per Messi. Tutti dicono “Meeeeeesssiiiii Meeeeeeessssiiii Meeeeeesssssiii” e in quel momento il popolo sfrutta il collettivo per diventare un vento solo. Lì capisci il senso di Mes que un club, capisci il potere di questo teatro spropositato e quasi spiraliforme. Un megafono verso il cielo.
Ecco. Ora sta succedendo la stessa cosa, ma i catalani non stanno pregando il loro dio, ma cercando l’attenzione di un paese. Chiedono un dialogo sfruttando una potenza comunicativa unica al mondo: il Camp Nou e il Clasico.
Indipendentemente dalle ideologie, indipendentemente dalla tua idea di bellezza: arte moderna esposta in galleria.




