Manolo non sorride mai davanti alla telecamera. Ha una strana capacità di controllare le emozioni. È lo strumento di difesa che accompagna il senso di inadeguatezza; quello che ti prende quando non sai fare una cosa. L’ho conosciuto l’anno scorso a Bogliasco, dove si allena il Doria. È un tipo semplice, genuino. Mi ha parlato di Genova, dell’Inghilterra e della sua famiglia. Ho capito che è uno autentico, perché gli occhi non hanno la maschera nemmeno durante un’intervista.
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Mancano 5 minuti all’inizio del derby, Gabbiadini attraversa il prato che dal tunnel di Marassi porta alle panchine. Ha il capo chino, in mano una pettorina verde e i parastinchi coi nomi dei suoi bimbi. Dalla nord partono fuochi d’artificio, ma lui ha occhi solo per la gradinata blucerchiata. Mi vede accanto all’area tecnica di Ranieri: “Ciao Bomber...” gli dico: “Sarà un grande derby!”. Sorride.
Non in campo, visto che è la partita più fallosa del campionato, e nemmeno per il Grifone, perché perdere con un solo tiro concesso è peggio che tornare a casa con un’imbarcata. Ranieri si arrabbia col quarto uomo perché vorrebbe qualche giallo in più, poi toglie Quagliarella sullo 0-0. Roba che se poi perdi, domani i giornali ti massacrano. Non succederà: dentro Gabbia, l’uomo derby. Indicazioni chiare: esplodi il mancino, calcia appena puoi. Detto fatto: arma letale. Raramente l’abbiamo visto esultare così. Scatto in panchina a prendersi il calore umano. Poi una domanda ripetuta più volte: Quanto manca? Poco.
La Sampdoria è sotto la gradinata sud a festeggiare coi suoi tifosi. Manolo arriva in ritardo per l’intervista a bordocampo. Si scusa e mi abbraccia con un sorriso a mille denti: “Non te lo levare mentre ti faccio le domande!”, mi raccomando. Parte serio, contratto, come se avesse perso. Arrivano Linetty e Quagliarella a baciarlo, si scioglie: “Ti ricordi cosa è accaduto il 28 settembre 2014?”. Certo che sì, mi dice, il mio ultimo gol nel derby. Anzi penultimo. Ride. 1-0 anche lì. Entriamo insieme nella pancia di Marassi, lo saluto dopo avergli fatto i complimenti. Sento vibrare la tasca della giacca, è il messaggio di una collega: “Sei riuscito a farlo sorridere...”. Davanti alla telecamera? Sì, davanti alla telecamera.


