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Giovani promesse - Federico Chiesa, il futuro ha il colore viola

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Non è un caso, probabilmente, che la rete decisiva che sabato ha consentito alla Fiorentina di espugnare San Siro sia arrivata da Federico Chiesa. La vittoria simbolo di un rilancio dopo tante difficoltà, firmata dal giocatore simbolo. Sempre più padrone di quella maglia viola che un tempo era di papà Enrico, e che ora pare appartenergli come una seconda pelle.

Chiesa pare essere stato catapultato nel 2018 direttamente da un'altra dimensione: non ha l'ombra di un tatuaggio, non ha un taglio di capelli eccentrico, non porta orecchini stravaganti, non si lascia andare a esultanze discutibili dopo un goal. La normalità al potere. Quel che non è normale è semmai il suo modo di giocare, che in un paio d'anni lo ha portato a scalare vette su vette: l'esordio in Serie A, una maglia da titolare sempre più sua, addirittura la fascia di capitano viola (a fine novembre a Bologna), oltre naturalmente la convocazione in Nazionale. Alla faccia di tutte le ovvie – ma non giustificate – illazioni sul suo status di figlio d'arte, insomma.

E pensare che fino al 20 agosto di due anni fa, data dell'esordio in Serie A sul campo della Juventus, Chiesa non lo conosceva quasi nessuno. “Lo steward dello Stadium non mi aveva riconosciuto e non voleva farmi rientrare in campo per il secondo tempo...”,ha raccontato divertito lo stesso Federico. Che sì, aveva scalato le giovanili della Fiorentina, dopo essere stato scovato nel 2007 nella Settignanese, ma senza attirare l'attenzione sin da govanissimo come qualche collega.

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Paulo Sousa ha invece visto in lui la classe purissima di chi nel calcio non può far altro che sfondare, in concerto con la società ha ignorato l'offerta di prestito della SPAL e naturalmente ha avuto ragione. 27 presenze in campionato nella prima stagione, 36 nella seconda, già 17 – ovvero tutte – in questa. Media di 4 goal a campionato, migliorabile ma comunque accettabile da un ragazzo di appena 21 anni che di mestiere non fa la punta vera.

Quel ruolo spettava a papà Enrico, attaccante tra le altre di Sampdoria, Parma, Lazio e della stessa Fiorentina. Calciatore generoso, mai domo, uno che andava dritto alla meta – cioè la porta – e che da entrambi i piedi sapeva sprigionare la medesima potenza al tiro. L'eredità principale che Federico ha acquisito dal padre è proprio questa: la capacità di pensare e agire in verticale, come si faceva nel calcio di qualche anno fa, rifuggendo la logica di un finto tiki taka in cui se si muove il pallone non è tanto per seguire una filosofia, quanto perché non si sa bene che cosa farsene.

Il calcio moderno delle ragnatele un po' noiose di passaggi pare non appartenere a Chiesa. Puntare l'uomo è la sua missione, provare a saltarlo una tentazione continua. Partendo da destra oppure da sinistra è una sorta di ala vecchio stampo, con una minore propensione a cercare il fondo per il cross e una malcelata ossessione per il tiro in porta, proprio come il padre: nello scorso campionato si è classificato ottavo per conclusioni totali (109) e nella stagione in corso è quinto (64).

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Qualità che hanno convinto anche l'Italia a puntare su Chiesa, considerato uno dei cardini su cui poggiare un complicato rinnovamento. Con l'Under 21 a fungere da morbido trampolino di lancio per la Nazionale dei grandi. Gigi Di Biagio lo ha premiato con l'esordio contro Argentina e Inghilterra, poi Roberto Mancini ne ha fatto un punto fermo. Nel 4-3-3 tutto freschezza e palla a terra, gli strappi improvvisi toccano a lui. Gli manca solo il goal, cercato a più riprese nelle 11 presenze collezionate fin qui, ma sempre sfuggitogli.

In cosa può far meglio? Nella propria capacità decisionale, nel saper compiere le scelte giuste al momento giusto. Troppo spesso lo si vede ignorare freneticamente un compagno libero per la troppa voglia di andare sparato in porta. “E devo migliorare anche nella fase difensiva”, ha ammesso qualche tempo fa. Difetti da limare col tempo: l'età gioca a suo favore.

Difficile capire cosa riserverà il futuro a Chiesa. Non è un mistero che i club più ricchi del nostro campionato gli stiano facendo la corte: lui giura di pensare solo alla Fiorentina, ma dalla Juventus al Napoli, dall'Inter al Milan per finire con la Roma, un po' tutti sono stati avvicinati a turno al gioiello nato a Genova. Valutazione: 60-70 milioni. Nell'ipervalutazione post-Neymar del calciomercato, ci sta tutta. E nelle prossime estati potrebbe addirittura salire ulteriormente. Dipende tutto da Federico.

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