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George Forsyth PerùGetty Images

George Forsyth, il 'Ken' dell'Atalanta candidato a presidente del Perù

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Diventare presidente di uno stato come il Perù a soli 38 anni è già di per sé qualcosa di raro. Diventare presidente a 38 anni dopo aver avuto un passato da calciatore con discreto successo sembra invece decisamente più unico. Rincariamo la dose. Diventare presidente a 38 anni dopo aver giocato una Copa América, aver fallito in Europa, aver vinto il campionato nazionale e aver partecipato a un reality show sembra quasi fantasia. E invece no. Chiedete a George Forsyth.

Classe 1982. Nelle sue vene scorre sangue britannico, per la precisione scozzese. Le sue origini, però, sono peruviane da parte di padre, cilene da parte di madre. È nato su suolo venezuelano. Ha anche passaporto tedesco, per le origini materne della famiglia. Ma si sente pienamente peruviano. Tanto dall’esser ad un passo dal governare il paese. I sondaggi lo danno come il favorito alle elezioni dell’aprile 2021. E pensare che tra il 2007 e il 2008 aveva fatto la riserva all’Atalanta. E a casa, tra i suoi cimeli, ha anche i guanti e la divisa di Gianluigi Buffon.

Un passo per volta. Per capire il percorso di Forsyth, bisogna conoscere la sua famiglia. Perché la sua ispirazione politica viene da papàHarold. Ha fatto parte del congresso del Perù, dal 2000 è ambasciatore. È stato un giramondo sin dai suoi primi anni in politica: George è nato in Venezuela proprio perché il papà si trovava lì per ragioni di lavoro. Poi Colombia, Stati Uniti, Italia, Cina, Giappone, tra le ambasciate. Sempre con la moglie Veronica, ex miss Cile.

George Forsyth, al contrario, ha concentrato la propria attività politica nel suo Perù, in particolare a Lima, nella capitale. Da bambino ha vissuto un’infanzia privilegiata, lontano dalla povertà che dilania il paese. Il calcio lo ha avvicinato ai coetanei meno fortunati. Mossa che, col senno di poi, è stata vincente anche in termini politici. Si è diplomato, avrebbe voluto laurearsi in ingegneria: ha lasciato l’università a metà per scegliere di concentrarsi sulla sua carriera tra i pali. Anche se non si è negato esperienze lontano da casa.

George Forsyth Alianza LimaGetty Images

Nel 2002 aveva deciso di tornare in Germania, dove aveva già vissuto, per accettare la chiamata del BorussiaDortmund. Aveva vent’anni, aveva completato la trafila nelle nazionali giovanili del Perù, aveva giocato il campionato Under-20 Sudamericano. In Germania risultati esigui: diversi allenamenti con la prima squadra aspettando un’occasione che non sarebbe mai arrivata. Ufficialmente era il terzo portiere, ha ottenuto qualche presenza con la seconda squadra e poco altro, con lo spettro del fallimento che incombeva sulla società.

Nel 2003 è tornato all’Alianza Lima, dove era cresciuto. È diventato un titolare, vincendo anche titoli nazionali (in bacheca ne ha quattro), fino ad esordire in CopaLibertadores e conquistarsi un posto nella nazionalemaggiore, esordendo in Giappone. Paese nel quale lavora attualmente il papà. Addirittura, nell’estate 2007, ha preso parte alla CopaAmerica, anche se soltanto da riserva. Fu anche quella chiamata a convincere l’Atalanta a puntare su di lui.

George Forsyth

Al suo arrivo in Italia, aveva trovato una squadra che aveva aspirazioni europee. Doveva fare il secondo di FerdinandoCoppola, chiamato a rimpiazzare Alex Calderoni, ceduto al Treviso. Alla seconda partita ufficiale della stagione, però, il nuovo allenatore LuigiDelneri lo aveva buttato nella mischia. Era il 29 agosto 2007, la Dea giocava contro l’Ascoli in trasferta nel terzo turno di Coppa Italia. George Forsyth titolare.

Oltre che la prima, sarebbe rimasta l’unica presenza del portiere peruviano con gli orobici. Anche perché non è stata propriamente la miglior giornata della sua carriera. Sconfitta per 2-1. Partita tutt’altro che memorabile: indecisione in uscita su Bernacci che è costata il goal del vantaggio del club marchigiano di Di Donato, poi pareggiato da Padoin, prima che decidesse Soncin al supplementare.

Da lì, panchina o tribuna, stabilmente dietro al titolare Coppola. Spesso senza neanche riuscire ad andare in panchina. Con annesso problema al menisco per complicare ulteriormente le cose. In un’Atalanta che puntava all’Europa trascinata da Cristiano Doni e da Ferreira Pinto - sarebbe arrivata nona in quel campionato - Forsyth è rimasto un oggetto misterioso. Anche se si è tolto una soddisfazione: quella di portare a casa maglia e guanti del suo idolo Gianluigi Buffon.

“Giocavamo contro la Juventus in trasferta, vedere Buffon era qualcosa di speciale. Non scambio spesso la mia maglia, ma lui per me è sempre stato un idolo. A fine partita l’ho inseguito per dargli la mia maglia e i miei guanti. Gli dissi che sarebbe stato meraviglioso se mi avesse dato i suoi, ma mi ha detto che glieli aveva già chiesti un mio compagno. Ci siamo rivisti al ritorno a Bergamo. Non gli chiesi nulla, se no sembrava che lo stessi pedinando. Senza che gli chiedessi nulla, a fine partita Buffon è venuto in spogliatoio a cercarmi e chiese di me. Mi ha dato i suoi guanti e la sua maglia. Questo riflette il tipo di persona che è”.

La sua esperienza in Italia si è conclusa soltanto nel 2008, per fare ritorno nel club della sua vita, l’Alianza Lima. Non sarebbe più tornato ad essere il gran portiere che si pensava potesse diventare: qualche passaggio in nazionale e poco altro, anche per il declino della squadra che non è più riuscita a vincere il campionato. Forsyth era comunque un volto noto già al tempo: veniva soprannominato ‘Ken’ per la sua somiglianza con l’uomo delle Barbie. Anche perché era un personaggio ‘da tabloid’. ‘Colpa’ anche del suo passato come modello.

La sua vita, però, non era destinata ad essere soltanto nel calcio. Nonostante fosse quella la strada che aveva scelto. Nel 2010 il classe 1982 si è candidato come membro del consiglio del quartiere La Victoria di Lima, uno dei più popolosi e difficili della città. Da lì è iniziato il suo cursus honorum, la sua scalata politica. Quattro anni dopo sarebbe salito di rango, fino a diventare sindaco ad interim e poi entrare ufficialmente in carica nel 2018. Nessun ex calciatore peruviano era mai arrivato a ricoprire incarichi pubblichi di così alto rango. Prima di essere eletto aveva simbolicamente lavato la bandiera, una metafora del ripulire il quartiere dalla corruzione.

Nel mentre, continuava a giocare. Fino a quando la vita politica ha preso il sopravvento e Forsyth ha deciso di appendere i guantoni al chiodo. Nel frattempo, ha investito i suoi guadagni fondando brand di abbigliamento, aprendo catene di ristoranti di pesce, investendo in un’agenzia di sicurezza, nonché nella moda e nell’abbigliamento. Nel 2017 ha anche preso parte al reality “El Gran Show”, particolarmente popolare in Perù, una sorta di ‘Ballando con le stelle’ in salsa sudamericana.

Proprio in televisione ha conosciuto l’ex moglie VanessaTerkes, popolare attrice peruviana. Il loro rapporto è stato nuovamente carne da tabloid. Sono stati insieme per otto mesi durante il mandato da sindaco di Forsyth, periodo nel quale la coppa ha ricevuto anche diverse minacce di morte che hanno spinto la moglie a fuggire in Messico. La stessa lo ha denunciato per violenza domestica dopo il divorzio avvenuto nel 2019, ma non ci sono mai state conseguenze.

Nell’ottobre 2020, dopo essersi allenato con l’Esercito per tre mesi per conseguire una carica militare, ha deciso di rinunciare al ruolo di sindaco e candidarsi a presidente del Perù con il suo partito ‘Victoria Nacional’. A 38 anni.

La sua popolarità lo ha spinto in testa alle preferenze: Bloomberg a novembre riportava che i sondaggi di Ipsos lo davano avanti agli altri ventidue candidati con il 16%. Tutti gli altri, dal 7% in giù. Anonymous negli scorsi mesi ha diffuso un video sulla corruzione politica peruviana e ha definito Forsyth come l’unico candidato pulito. Sembra che il suo futuro sia già scritto: è destinato ad essere un capo di stato. E pensare che a Bergamo lo ricordano, di fatto, soltanto per una papera.

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