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Marko Livaja Inter CroatiaGetty/GOAL

Genio e sregolatezza in Italia, devastante in patria: Livaja è rinato

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Nella stagione 2011-2012 la Primavera dell'Inter centra un clamoroso 'Double'. Il vivaio nerazzurro è al punto di massimo splendore e tra i tanti nomi interessanti e futuribili della 'cantera' interista uno su tutti sembra avere le carte in regola per poter emergere anche tra i grandi.

Stiamo parlando di un attaccante di 18 anni, già ben strutturato fisicamente, che dimostra da subito una spiccata confidenza con il goal. Il suo nome è Marko Livaja. L'Inter lo ha acquistato soltanto pochi mesi prima dall'Hajduk Spalato, per poi parcheggiarlo in prestito al Lugano e successivamente al Cesena, squadra con la quale esordisce in A il 16 ottobre 2011.

La parentesi in Riviera dura giusto una manciata di partite, sufficienti però per spingere Marco Giampaolo - che lo allena per un breve periodo - ad azzardare un paragone decisamente ingombrante:

"Ha temperamento, grande personalità, è forse il classe 1993 più forte che abbia mai allenato. Chi mi ricorda? Io l’ho soprannominato il Piccolo Rooney, lui davanti alla porta è cattivo, proprio come Rooney, per me può crescere tanto e diventare fortissimo". Il pensiero dell'allenatore riportato da 'PianetaEmpoli.it'.

Nel corso della seguente sessione invernale di mercato fa rientro all'Inter e viene dirottato in Primavera dove cresce sotto i dettami tattici di Andrea Stramaccioni che ne fa da subito un elemento imprescindibile all'interno del proprio undici. I meneghini macinano risultati e consensi sia in campionato che sul palcoscenico della NextGen Series, una sorta di torneo precursore dell'attuale Youth League. L'Inter supera agevolmente la fase a gironi di prima di mandare al tappetto in serie Sporting, Marsiglia e Ajax, con i 'Lancieri' sconfitti in finale ai calci di rigore.

Livaja gioca, alza il trofeo ma non segna. Ma si rifarà presto. Il 9 giugno, a Gubbio, arriva anche il succulento bis. I nerazzurri piegano 4-3 la Lazio nella finalissima Scudetto e il classe 1993 sblocca il risultato dopo pochi minuti. Dopo l'affermazione europea arriva anche il titolo nazionale nonostante la partenza di Stramaccioni - chiamato in extremis in prima squadra al posto di Claudio Ranieri - che viene sostituito da Daniele Bernazzani.

L'anno successivo 'Strama' si guadagna la conferma al timone della Beneamata e tra le prime mosse del tecnico romano c'è proprio la promozione tra i big del giovane attaccante con cui ha trionfato l'anno precedente. In prima squadra Livaja si scopre 'bello' di notte: gioca sei partite in campionato senza mai trovare la via del goal, ma in Europa League è tutta un'altra musica. Segna all'esordio nella fase a gironi contro il Rubin Kazan e si ripete due settimane dopo contro il Neftchi Baku. E sempre contro gli azeri segnerà una doppietta anche nel match di ritorno.

Quattro goal alla prima esperienza europea sono un bel biglietto da visita in vista di una seconda parte di stagione nella quale l'attaccante croato è chiamato ai primi sigilli anche tra i confini nazionali. E' però il mercato di gennaio ad aprire uno scenario inaspettato: Livaja finisce 'coinvolto' nell'ambito di un'operazione di mercato tra Inter e Atalanta con i meneghini che rilevano il cartellino di Schelotto, cedendo il croato in comproprietà proprio ai bergamaschi.

Marko Livaja Atalanta Serie AGetty

I primi goal in A, dunque, arrivano a Bergamo grazie alla doppietta realizzata sotto la neve contro la Roma, ma in terra orobica iniziano ad emergere anche gli 'spigoli' di un carattere piuttosto controverso. Un mese dopo i primi palloni in fondo al sacco viene escluso per motivi disciplinari dalla partita contro la Sampdoria, come spiegato dal tecnico Stefano Colantuono a 'Repubblica':

"Resta fuori per motivi disciplinari. Non conta quello che è successo, conta solo che nello sport ci sono delle regole che, anche se si è giovani, bisogna rispettare. Livaja è andato fuori dai binari, ma non è nulla di grave: può capitare. Martedì sarà di nuovo qui ad allenarsi con noi''.

In realtà sarà soltanto il primo campanello d'allarme. Il 7 maggio, infatti, durante un allenamento colpisce il compagno Radovanovic con un pugno in pieno volto.

"Dopo un contrasto, lui mi ha colpito in faccia. Quando ho cercato di fare un passo indietro e allontanarmi, il suo pugno mi ha colpito alla mascella. Non riuscivo a crederci quando l'ho visto ridere di me, che col volto insanguinato andavo in infermeria. Davvero sono rimasto deluso. Per persone così non c'è posto nel calcio". Il racconto del difensore serbo a 'Sportske'.

Il rapporto con la piazza bergamasca è ai minimi storici e il trend prosegue anche nella stagione successiva, l'ultima con i colori nerazzurri dove segnerà 4 goal in 23 apparizioni. Nel corso di Udinese-Atalanta rifiuta l'invito del tecnico romano a scaldarsi in funzione di un imminente ingresso in campo. Mossa che scatena l'ira dei vertici nerazzurri che decidono di metterlo fuori rosa per due settimane:

"Atalanta B.C. comunica che il calciatore Marco Livaja è stato momentaneamente collocato fuori rosa per motivi disciplinari. Il predetto calciatore, durante il secondo tempo della gara di Serie A Udinese-Atalanta, si rifiutava di prendere parte agli esercizi di riscaldamento dei calciatori in panchina".

L'essenza di Livaja è questa. Un talento inespresso con un potenziale enorme ma che va abituato alla disciplina. La società nerazzurra ci prova usando la carota, passando poi al bastone ma entrambi gli approcci si rivelano vani e non riescono ad invertire la rotta di un rapporto ormai impossibile da ricomporre.

Il 19 aprile 2014 l'Atalanta perde in casa 2-1 contro il Verona di Luca Toni ma a finire nell'occhio del ciclone è di nuovo l'attaccante croato. Al momento del cambio, Livaja risponde in malo modo alla contestazione dei suoi tifosi arrivando addirittura a 'replicare' a suon di manate contro la vetrata che separa gli spalti dal terreno di gioco. Finita qui? Neanche per sogno. L'alterco si trasferisce poi sull'arena dei social network.

A chi lo invita a lasciare l'Atalanta lui risponde attraverso un post Facebook decisamente sopra le righe:

"Speriamo m***e. Venite con me in Crozia italiani b*****i".

Il post verrà poi rimosso e seguito da un altro chiarificatore nel quale Livaja spiega i motivi della sua reazione decisamente borderline. Ma il dado ormai è tratto. Atalanta e Inter se ne liberano senza troppi problemi alla prima occasione buona cedendolo al Rubin Kazan, la squadra a cui segnò il primo goal della sua carriera, incassando tre milioni a testa.

Nelle settimane successive, il calciatore spiegherà a 'La Gazzetta dello Sport' i perché della sua tumultuosa parentesi in quel di Bergamo svelando anche il retroscena della rissa sfiorata con lo stesso Colantuono:

"Non sono io che non ho rispettato le regole ma altri, che hanno usato i tifosi. Arrivavo dall'Inter, mi hanno preso di mira, c'era invidia tra i compagni. E Colantuono non mi ha aiutato, anzi. In un allenamento ci siamo presi, se non ci dividevano i compagni non so come sarebbe finita".

"È iniziato tutto a gennaio, sono rientrato dalla Croazia con un virus, non mi sono allenato, dopo 4 giorni è passato. Erano venuti a trovarmi i miei genitori, mi hanno visto a pranzo con loro al ristorante e sui giornali mi hanno massacrato: Non si allena e va al ristorante? Immaginate i tifosi. Insulti su facebook, alla mia famiglia anche dopo Atalanta-Verona. L'allenatore mi aveva sostituito dopo 6' nel secondo tempo, ero arrabbiato, dietro la panchina i tifosi mi hanno dato dello zingaro, insulti razzisti, minacce alla famiglia: ho detto basta. Sì, ho scritto italiani bastardi ma ce l'avevo solo con quei quattro tifosi, io la faccia la metto sempre".

MARKO LIVAJAGetty Images

La sua avventura in Russia - dove viene accusato di scarso impegno - durerà appena una stagione e farà da preambolo al ritorno in Serie A all'Empoli (in prestito) dove ritrova il suo primo mentoreGiampaolo. Non basterà nemmeno questa reunion per rilanciarlo. Durante la sfida contro il Frosinone, il tecnico toscano lo manda a scaldarsi insieme a Mchedlidze ma con i suoi sotto decide di inserire il georgiano al posto di Zambelli per tentare l'assalto finale. 

La reazione di Livaja è, appunto, da Livaja. Il croato si toglie la giacca e la scaraventa contro la panchina avviandosi, inverecondo, verso il tunnel degli spogliatoi. Il finale è scontato. Il finale è sempre lo stesso. Livaja lascia definitivamente il Belpaese con il misero bottino di 9 goal in 55 gettoni di presenza.

Si chiude un percorso a dir poco impervio, inizia il suo girovagare tra Spagna e Grecia dove veste le maglie di Valencia e AEK Atene, alternando come di consueto lampi di un talento mai in discussione a 'uscite' deplorevoli come lo spintone ad un arbitro spagnolo - che gli costa cinque giornate di squalifica - o il calcio al petto rifilato ad un avversario durante la sfida AEK-Mol Vidi. 

Nel febbraio 2021, dopo undici anni, torna a casa e soprattutto torna a vestire la maglia dell'Hajduk Spalato. Al termine della stagione rinnova fino al 2024 ereditando anche la maglia numero 10. E l'Italia? Soltanto un ricordo, reso ancor più pallido e sbiadito dalla felicità per il primo goal in nazionale nel 3-0 alla Slovenia e dunque per la qualificazione ai Mondiali 2022.

Non solo, visto che per la prima volta in carriera Livaja è riuscito ad andare in doppia cifra: a Spalato, infatti, l'ex Inter è assolutamente devastante con 32 reti segnate nella passata stagione, capocannoniere nonostante il secondo posto in campionato dieci anni dopo il torneo Primavera portato a casa in quel di Milano.

Grazie alla mole di reti in patria, Livaja è stato convocato ai Mondiali 2022. Dove ha trovato il goal contro il Canada, il quarto nella sua storia in Nazionale. Nella stagione 2022/23 si sta confermando a suon di goal con la maglia del club di Spalato: 18 goal in 33 presenze stagionali sin qui. Numeri destinati ad essere ritoccati molto presto.

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