GOAL"Io non sono mai stato un calciatore forte, ma ce l'ho sempre messa tutta: il mio compito era correre e faticare, poi altra gente era deputata a vincere le gare con una giocata. È il concetto di squadra: non devi sentirti sminuito se il tuo compito è più faticoso e meno appariscente, semplicemente devi cercare di essere il migliore a farlo".
Per una volta ci pensa il diretto interessato a permettere a chi scrive di superare lo scoglio di una degna introduzione, sintetizzando in quattro righe quella che è stata l'interpretazione della sua carriera.
Nato a Crespo il 19 aprile del 1978 da papà tedesco e mamma italiana, Gabriel Heinze è stato il Gringo per antonomasia. Il termine, molto diffuso in Sudamerica, viene infatti usato in Argentina con particolare riferimento agli immigrati di ascendenza italiana.
Caratteristiche, quelle del soprannome, riportate in ogni singola partita giocata in carriera dall'argentino fin da quando era giovanissimo.
Nel 1996 Heinze approccia a livello professionistico con il pallone grazie al Newell's Old Boys, una delle formazioni storiche del calcio argentino. Qui resta una sola stagione, con le presenze si contano con le dita di meno di due mani. Sufficienti però per farsi notare e compiere il grande salto verso il calcio europeo.
Certo, il Valladolid non è certo tra i palcoscenici più prestigiosi. Ma è comunque un inizio, un primo step verso una carriera di primissimo piano.
Nel nord-est della Spagna le cose però vanno in maniera diversa dal previsto. Le buone intenzioni del Valladolid sul suo impiego cozzano con la stagione travagliata vissuta dalla squadra.
Sulla panchina si alternano in una sola annata ben tre allenatori: Vicente Cantatore, Antonio Sánchez Santos e Sergej Kresic. Ma nessuno dei tre concede al giovane Heinze di esordire in Liga.
Il primo anno europeo, malgrado il legame di sangue con il Vecchio Continente, si rivela un fiasco per il gringo Heinze. L'occasione di riscatto arriva sempre dalla penisola iberica, ma a svariati chilometri dal confine spagnolo.
Per la precisione da Lisbona, con lo Sporting che gli offre un anno di ingaggio in prestito. In Portogallo, Heinze cresce come calciatore pur giocando poco
A fine anno, torna a Valladolid un calciatore trasformato nella testa e nella tecnica. Il ragazzino argentino con gli occhi di ghiaccio è ormai diventato uomo ed è lo dimostra sul campo partita dopo partita.
La tecnica non è il massimo, ma ciò che manca a livello di fantasia ed estro viene colmato in abbondanza da grinta, determinazione e senso dell'anticipo sopra la media. Dopo tutto a un difensore non si chiede certo un lavoro di cesello con il pallone tra i piedi. O almeno non era consuetudine farlo fino a una decina d'anni fa.
Dopo altri due anni i biancoviola, arriva la chiamata del Paris Saint-Germain. I petroldollari degli sceicchi non hanno ancora riempito le casse del primo club della capitale francese, che però a inizio anni Duemila ha iniziato a costruire un accenno di percorso di crescita mettendo sotto contratto calciatori promettenti.
Tra loro un giovanissimo Ronaldinho, che all'ombra della Torre Eiffel si metterà in vetrina agli occhi di Mezza Europa per poi andare a fare le fortune del Barcellona.
Qui però parliamo di Heinze, che al primo anno parigino diventa il secondo calciatore della formazione con il maggior numero di minuti giocati dietro solo al compagno di reparto Cristobal Parralo.
Nel triennio francese Heinze diventa uno dei leader del Paris Saint-Germain, favorito dal grande numero di hispanohablanti presenti nello spogliatoio allenato da Luis Fernández.
Con il PSG arrivano anche i primi trofei della sua carriera: l'Intertoto del 2001 e la Coppa di Francia del 2004, successo con il quale si accomiata da Parigi dopo aver ricevuto la chiamata del Manchester United.
GettyA Old Trafford, il Gringo giova dei benefici derivanti dalla fiducia riposta in lui da Sir Alex Ferguson, che nei suoi piani ha quello di renderlo un titolare pressoché fisso nel reparto arretrato.
Pur mostrando uno spirito di adattamento alle nubi che caratterizzano lo skyline di Manchester, purtroppo l'esperienza di Heinze nel nord dell'Inghilterra è fortemente compromessa da una lunga sequela di infortuni.
Il più grave all'inizio della seconda stagione dopo l'approdo allo United: la rottura del legamento del ginocchio destro che lo tiene ko per l'intera annata tolte le ultime due gare, giocate con la fascia di capitano al braccio.
Il terzo e ultimo anno vede una graduale diminuzione del suo impiego, ma l'ampiamento della sua bacheca personale, visto che lo United mette le mani sulla Premier League, oltre che sulla Coppa di Lega.
Si deve al periodo britannico il suo graduale passaggio dalla fascia al centro della difesa. Un'intuizione che gli allungherà la carriera. Malgrado il triennio difficile ai Red Devils, nell'estate del 2007 Heinze compie un ulteriore passo in avanti nella sua carriera.
A cercarlo è il Real Madrid, all'affannosa ricerca di fondamenta per riportare al Bernabeu la Champions League. Un biennio senza infamia e senza lode per l'argentino, che mette le mani su campionato e supercoppa spagnola senza però riuscire a riportare i Blancos la coppa più ambita del calcio europeo.
Ormai arrivato a 30 anni, Heinze torna nel Paese in cui ha vissuto gli anni migliori della sua carriera: la Francia.
Resta ancora qualche anno prima che il PSG diventi l'asso pigliatutto della Ligue 1 e Heinze ha la fortuna di vivere da protagonista questa finestra temporale, accettando il biennale propostogli dal Marsiglia.
In biancoazzurro, colori che accomunano l'Olympique all'argentina, il difensore le gioca praticamente tutte aiutando i compagni a vincere il campionato e due edizioni della Coppa di Lega.
Alla scadenza del suo contratto, l'OM decide che le strade si possono separare. A 32 anni Heinze decide di mettersi alla prova in Serie A.
La primissima Roma a gestione americana lo tessera, sperando di portare esperienza e personalità a servizio dei più giovani compagni di reparto e di Luis Enrique, allenatore assurto a comandante della rivoluzione culturale che Franco Baldini e Walter Sabatini vogliono mettere in atto a Trigoria.
Malgrado il rendimento del Gringo sia al di sopra della sufficienza e il rapporto con i tifosi solido, la prima e unica stagione italiana di Heinze è un fiasco per il rendimento complessivo della stagione romanista.
GettyFuori ai preliminari di Europa League per mano dello Slovan Bratislava e estromessa anzitempo dalla Coppa Italia, la Roma chiude al settimo posto restando persino fuori dalle coppe della stagione successiva.
Inoltre il ritmo della Serie A è troppo alto per Heinze, che non ha più la tenuta di qualche anno prima e soccombe fisicamente al livello di pressione sul rettangolo verde degli avversari italiani.
E' così che alla fine dell'anno, il Gringo fa le valigie e torna a casa. Stavolta quella vera: il Newell's in Argentina.
Heinze gioca fino al 2014 per poi arrendersi all'inesorabile trascorrere nel tempo. Oggi fa l'allenatore, con risultati ancora lontani dalla gloria raggiunta in campo.
Ma la grinta e la determinazione sono le stesse. Anche oltre la linea del fallo laterale. Un Gringo resta sempre un Gringo, dopo tutto.


