Pubblicità
Pubblicità
Francesco BaianoGetty Images

Francesco Baiano, da Maradona a Sarri passando per Zemanlandia e Batistuta

Pubblicità

Se giochi a pallone e il tuo nome viene ‘sudamericanizzato’, evidentemente vuol dire che non solo ci sai fare, ma che hai nei tuoi movimenti e nel tuo modo di trattare la sfera un qualcosa di speciale: quel qualcosa che ricorda i funamboli sudamericani. Se però a ‘sudamericanizzare’ il tuo nome non sono gli amici, con i quali condividi ogni giorno un campo spesso fatto di asfalto e con due zaini a fungere da pali per delimitare le porte, bensì il più forte giocatore di ogni tempo, che tra l’altro sudamericano lo è davvero, allora dal semplice complimento si passa ad un grado successivo.

Chiedere per conferma a Francesco Baiano, uno che a pallone ci ha giocato davvero e ai più alti livelli e che quando era ragazzino si è visto soprannominare ‘Baianito’ da un certo Diego Armando Maradona. Basterebbe questo per capire di quanto talento fosse dotato ‘Ciccio’, questo il suo nome ‘ufficiale’ nel mondo calcio, e del perché poi si è riuscito ad imporre come uno dei più forti attaccanti italiani in quella che per il calcio nostrano è stata forse la vera età dell’oro: gli anni ’90.

Nato e cresciuto a Napoli, Baiano ha realmente mosso i suoi primi passi nel mondo del calcio per strada e grazie appunto ad un talento fuori dal comune, ha poi ben presto capito che con il pallone poteva realizzare i suoi sogni.

Lui che viveva a Soccavo, a poche centinaia di metri dal ‘Centro Paradiso’, ovvero il centro sportivo nel quale si allenava la sua squadra del cuore, il Napoli, la maglia della compagine partenopea è arrivata a vestirla prestissimo. Basterebbe solo questo per coronare il sogno di molti, ma a lui il destino ha riservato un qualcosa di diverso. Quando era infatti un giovanissimo attaccante che gonfiava le prime reti nel settore giovanile, è finito sotto l’ala protettrice di Maradona che, non solo gli ha dato dei consigli, ma gli ha fatto anche capire che per emergere in quel mondo non doveva perdere l’umiltà. Proprio come aveva fatto ‘El Pibe de Oro’ che, nonostante il suo status di re del calcio, mai ha fatto pesare il fatto di essere speciale a nessun compagno di squadra.

“Quando giocavamo con la Primavera, lui si metteva dietro la porta e dava consigli a tutti. Per noi era una cosa meravigliosa avere un maestro come lui. Quando poi arrivai in prima squadra mi accolse e diventò la mia guida. Ricordo che nel vedere le mie scarpe tutte rattoppate mi mise a disposizione le sue, visto che entrambi portavamo il 40. Alla fine mi vennero le vesciche perché lui aveva una pianta più larga e le sue scarpe erano fatte su misura. Mi disse di non preoccuparmi e pochi giorni dopo mi fece firmare un contratto di sponsorizzazione. Avevo appena diciassette anni e venivo dalla Primavera, ma lui non ti faceva mai sentire inferiore, anzi faceva dei passi indietro proprio per non metterti a disagio”.

Gli anni nel suo Napoli sono indimenticabili e coincidono con l’esordio in prima squadra ad appena diciassette anni, i primi goal in Serie A con la maglia dell’Empoli, compagine alla quale era stato girato per ‘farsi le ossa’, poi il ritorno in azzurro per un altro debutto indimenticabile: quello in Coppa Campioni contro il Real Madrid in un Santiago Bernabeu vuoto a causa di una squalifica comminata dalla UEFA.

A vent’anni non ancora compiuti ‘Baianito’ ha già ampiamente dimostrato di essere pronto per il calcio dei ‘grandi’, ma c’è un problema: il suo è il Napoli più forte di tutti i tempi e la cosa si traduce in una concorrenza più che spietata. Ottavio Bianchi può contare in attacco su Maradona, Careca, Giordano e Carnevale e quindi per lui non c’è spazio. Deve lasciare ancora la sua Napoli per esplodere davvero.

Si trasferisce in prestito prima al Parma, poi di nuovo all’Empoli, poi all’Avellino, ma quando sembra ormai pronto per entrare a far parte in pianta stabile della rosa della squadra che intanto si è laureata campione d’Italia e a prendere in organico il posto lasciato da Carnevale, il club decide di guardare altrove.

Baiano non indosserà mai più la maglia del Napoli, ma ad attenderlo c’è un secondo grande incontro: quello con Zdenek Zeman. Il tecnico boemo infatti nel 1990 individuerà in lui l’ultimo pezzo mancante di quello che sarà poi ricordato il ‘Trio delle Meraviglie’. Lo sistema tra Signori e Rambaudi e il resto sarà spettacolo.

Al primo anno con i ‘Satanelli’ segnerà 22 reti in campionato che gli consentiranno di vincere la classifica dei cannonieri in Serie B (a pari merito con Balbo e Casagrande, non propriamente due attaccanti qualunque) e che soprattutto spingeranno il Foggia e Zemanlandia in Serie A.

Se i consigli di Maradona sono stati importantissimi, quelli del tecnico boemo gli consentiranno di diventare un attaccante realmente letale. Da Zeman imparerà che la velocità non è tutto, anzi serve a poco se poi giochi spalle alla porta. Imparerà che per fare la differenza sono fondamentali i tempi e i movimenti, perché sono quelli che poi ti consentono di attaccare veramente la profondità. Ma non è tutto.

A Foggia apprende un’altra cosa importante: se vuoi veramente restare a certi livelli devi lavorare. Lo sperimenta sulla sua pelle perché gli allenamenti ai quali Zeman sottopone i suoi uomini sono così massacranti da togliergli il sonno nel vero senso della parola. C’erano notti nelle quali non riusciva a dormire perché pensava a ciò che l’avrebbe atteso il giorno successivo.

Parlando anni dopo la chiusura della sua esperienza in rossonero a Goal, Baiano ricorderà quegli allenamenti estenuanti.

“Erano infernali. Ricordo i famosi gradoni dello Zaccheria con i sacchi di sabbia. Ogni giocatore ne aveva uno in base al suo peso e Zeman ci faceva scalare le gradinate a scatti. Era un lavoro necessario perché dovevamo puntare tutto sulla corsa. Tecnicamente eravamo più scarsi degli altri, se avessimo sfidato i nostri avversari sotto il profilo tecnico le avremmo perse tutte ed invece è stato lavorando sulla corsa che siamo riusciti a fare così bene. Il campo d'allenamento? Lavoravamo sul cemento…”.

L’unica annata vissuta in Serie A con il Foggia sarà anche quella della consacrazione. Mentre la squadra allenata da Zeman stupisce il calcio italiano con un gioco che mai si era visto prima, lui trascorre le domeniche ‘fulminando’ i portieri avversari. Alla fine del campionato i goal saranno ben 16: meglio di lui riusciranno a fare solo Marco Van Basten (25) e Roberto Baggio (18).

Con l’esplosione definitiva arrivano l’approdo nella Nazionale guidata da Arrigo Sacchi e la chiamata della Fiorentina che, pur di farlo suo, versa nelle casse del Foggia 10 miliardi di lire.

Si tratta di una cifra importante per l’epoca, ma a Firenze sognano in grande e non vogliono porsi limiti. Con lui arriveranno in riva all’Arno altri campioni come Effenberg, Brian Laudrup, Di Mauro e Carnasciali, ma è proprio il suo acquisto a far sognare più di qualunque altro ed il motivo è semplice: Baiano è per caratteristiche fisiche e tecniche la miglior spalla possibile per un giovane argentino che ha già fatto innamorare Firenze e che sembra avere tutte le doti necessarie per diventare un fuoriclasse. Giocherà al fianco di Gabriel Omar Batistuta.

Francesco Baiano FiorentinaGetty

Quello col ‘Bati’ sarà un altro incontro importante, perché i due insieme si amalgamano realmente alla perfezione e formano una coppia straordinaria. Anche la squadra è forte e infatti si spinge fino al secondo posto in campionato ma, quando ormai il popolo viola inizia a credere che nulla può essere precluso, arriva la svolta impensabile: Vittorio Cecchi Gori vorrebbe vedere qualcosa di diverso a livello di gioco ed esonera in maniera del tutto imprevista Gigi Radice per affidare la panchina ad Aldo Agroppi.

La squadra che sognava in grande si sfalderà nel giro di poche settimane e la stagione si chiuderà con una drammatica retrocessione.

“Si creò una spaccatura tra la società e la squadra. Una partita dominata ma persa contro l’Atalanta diventò il pretesto per cacciare Radice. Se mandi via un allenatore amato dallo spogliatoio poi è normale ritrovarsi a fare i conti con dei problemi. Eravamo secondi e siamo retrocessi”.

La Fiorentina tornerà subito in Serie A, ma nel frattempo Baiano è costretto ad uno stop di sette mesi per un brutto infortunio e perde definitivamente il treno di una Nazionale che intanto ha già cominciato il percorso che la condurrà a USA ’94.

La sua avventura in viola si chiuderà nel 1997 dopo aver messo in bacheca una Coppa Italia ed una Supercoppa Italiana, ma molti anni dopo, quando i riflettori del grande calcio saranno ormai lontani, avrà ancora una possibilità di entrare nella storia della Fiorentina: sarà infatti lui a segnare alla neonata Florentia Viola il primo goal subito in campionato.

E’ la stagione 2002-2003 e Baiano, che nel frattempo ha vestito le maglie di Derby County (l’altra tappa importante della sua carriera), Ternana e Pistoiese, milita nella Sangiovannese e di lì a poco vivrà un altro incontro importante, forse l’ultimo da calciatore, quello con un giovane allenatore che fin dal primo giorno cercherà di proporre un calcio che nelle trame offensive ricorderà in un certo senso quello di Zeman: Maurizio Sarri.

Da Maradona a Sarri, passando per Zeman e Batistuta, ma anche Bianchi, Sacchi e la Premier League. ‘El Pibe de Oro’ ci aveva visto giusto: ‘Baianito’ aveva realmente le carte in regola per fare una grande carriera.

Pubblicità

ENJOYED THIS STORY?

Add GOAL.com as a preferred source on Google to see more of our reporting

0