Marco FortinGetty

Fortin, dagli albori all'Inter al mito della maglia 'fourteen'

Per molti grandi volti, siano essi musicisti, attori o sportivi, è dura rimanere nella storia per un solo episodio, un solo ruolo, una sola traccia. Ah, quello. Sì, quella canzone. Ah, quel personaggio. Ah, quella parata. C'è tanto dietro all'unico momento passato alla storia per la massa. Riesce a scovarlo chi è oltre la patina di ciò che rimane ancorato superficialmente. Ad alcuni protagonisti piace essere comunque ricordati, seppur per un punto e non l'insieme dei puntini, variegati, più piccoli e grandi, fatti col cuore, con adrenalina e fatica.

Una storia, come detto, che accomuna decine di nomi, soprattutto nel campo discografico e cinematografico, ma che spesso affonda le sue radici anche in quello sportivo e nel caso specifico, calcistico. Prendiamo ad esempio Marco Fortin, portiere che ha vissuto Serie A e B, ma non solo. Non una carriera esaltante, oggettivamente, ma comunque di chi ce l'ha fatta a realizzare parte dei propri sogni calcistici. Del resto uno su mille, bla bla bla. Non serve finire la frase.

Nel mondo del web, Fortin è avvolto da quell'alone di nostalgia come tanti suoi colleghi in campo negli anni 2000. La sua particolarità? Il suo cognome. Nessun Fort Apache, nessun accento, semplicemente il suono che ricorda 'Fourteen', ovvero 14 in lingua inglese. Per questo motivo il ragazzo veneto, nato a Noale, decise di indossare proprio tale numero di maglia durante la carriera, andando oltre il ridotto schema dell'1 e del 12 per i suoi colleghi estremi difensori.

A 'gianlucadimarzio.com', Fortin racconta la nascita del tormentone:

"Quando sentono il mio nome dicono "Ah, Fourteen" ricordando il gioco di parole tra Fortin e fourteen, che in inglese è proprio il 14. La curiosità sul binomio numero-cognome, come sia nato, ancora oggi mi permette di essere ricordato con un sorriso. Uno dei miei più cari amici mi chiamava quattordici e da quel momento tutti hanno iniziato a chiamarmi così. Quando è iniziata la possibilità di scegliere la maglia non ci ho pensato due volte".

Non dispiace essere ricordato solo per questo, o comunque nella maggior parte dei casi, proprio perchè Fortin riesce a strappare un sorriso a chi si ricorda di lui. Nel profondo, però, probabilmente, avrebbe voluto andare oltre, anche considerando le giocate importanti nella sua carriere di Serie A con le maglie di Siena e Cagliari. Se si pensa al signor Marco (visto che oramai la carta d'identità recita classe 1974), si pensa in particolare a Fortin-fourteen-14, la massa decide, il popolo più largo possibile e mainstream manda avanti la 'leggenda' di colui che decise di giocare con le parole e non solo in campo, come portiere.

Lui, però, qualcosa in più ha fatto:

"Kakà, Totti, Signori, sono alcuni dei grandi a cui ho parato un rigore. A volte c'è stata anche qualche 'papera', ma capitano anche ai super come Neuer e Buffon: fanno parte di una carriera. L'attaccante più forte? Inzaghi, Vieri, Totti, Del Piero, Shevchenko, Ibrahimovic... prego, scegli! Ibra, era nel periodo di massimo rendimento e aveva uno strapotere fisico fuori dal comune. Come eleganza dico Zidane, Del Piero, Totti: quando li vedevi da vicino capivi perché li definiscono di 'di un altro pianeta'. Ma se devo proprio scegliere un avversario su tutti, e mi pesa dirlo da interista, scelgo Maldini: un campione in campo e un signore fuori. Esempio perfetto di capitano: serietà, professionalità, umiltà".

Già, interista. Perchè se nella carriera di Fortin ci sono state sopratutto Cagliari e Siena, le squadre che ricorda la percentuale più bassa di tifosi oltre il titolo di 'fourteen', a inizio anni '90 cresceva nelle giovanili dell'Inter, guardando da lontano i campioni tedeschi, lo Zio Bergomi, ma anche altri connazionali come Berti, Baresi e Delvecchio. Arriva così il 1994/1995, a vent'anni. Venti di gloria, lontani dal quattordici, in termini di tempi e di futuri soprannomi e numeri scelti.

Viene inserito in prima squadra, come terzo portiere, dietro Mondini e Pagliuca, Si allena con sua maestà Dennis Bergkamp e capitan Bergomi, ha gli occhi scintillanti e le mani pronte ad essere usate. Il destino lo porterà però via da Milano, senza mai esordire in prima squadra, senza avere la possibilità di una piccola e unica presenza. Del resto l'Inter vive una deludente annata, a terra nelle coppe, al sesto posto in campionato. Non c'è posto per gli esperimenti:

"Non voglio essere retorico, ma fu un sogno ad occhi aperti. Fui catapultato di colpo in uno dei club più importanti del mondo, non me l'aspettavo: pensavo di fare la Berretti. Invece il primo anno che arrivai feci diverse presenze in panchina e tanti allenamenti in prima squadra. Ho realizzato solo con il tempo l'opportunità che mi capitò. Sfortunatamente non feci mai l'esordio, però mi allenai con Zenga e Pagliuca, allora i migliori, e con l'umiltà giusta: questo mi ha permesso poi di sviluppare una carriera".

E così per Fortin inizierà la gavetta, tra Torres, Treviso, Giorgione e Pro Sesto. Poi la Serie A, dando la possibilità ai tifosi di essere ricordato per i rigori parati a Kakà o per il geniale 14.

Marco Fortin-

Chiusa la carriera in Serie A, Fortin milita nel Vicenza e prova l'ebbrezza di trasfersi persino a Cipro per giocare con l'AEK Larnaca, in cui si toglierà la soddisfazione di militare in Europa League. Non con un grande clun italiano o del gotha continentale, ma comunque in una competizione d'elite. Poi, a 38, anni senza la minima voglia di appendere gli scarpini al chiodo, sceglie il Thermal Abano Teolo in Eccellenza, ottenendo la promozione in Serie D, e dunque il Calvi Noale. Un ragazzino nel corpo di un over 40:

"E' tornato un divertimento, come agli inizi, quando giocavo nella stradina davanti a casa. Sono un bambino di 43 anni. Il campo sembra essersi fermato? Magari! Ma in campo è un'altra cosa: mi diverto, allo stesso modo di quando ho iniziato.

Il calcio è tornato a essere una passione più che un mestiere, un'attività che mi fa star bene. Ma Impegno, responsabilità e professionalità sono le stesse. Anche da un punto di vista 'logistico' mi sembra di essere tornato indietro nel tempo, perché gioco a Noale, il mio paese, nello stesso campetto in cui ho iniziato. E' il quinto anno nel Calvi Noale, diciamo che provo a restituirgli in parte ciò che mi ha dato. Due anni di Eccellenza, poi tre di serie D: ci stiamo levando le nostre soddisfazioni".

Gioca fino al 2018, Fortin, prima di puntare su una nuova vita:

"Da grande non rimarrò nel mondo del calcio, non farò l'allenatore. Ho già intrapreso da qualche anno una carriera nel network marketing e ho già creato una rete piuttosto importante. Il mio futuro sarà in questo settore".

Mito nostalgico assoluto per il gioco di parole, sicuro nell'accettare l'offerta da Cipro, tra i dilettanti con un goal segnato. Un mondo veramente interessante. Tornando indietro, ah già, una rete: sì, perchè Fortin con il Calvi Noale si è tolto la soddisfazione di segnare dagli undici metri, aggiungendo motivazioni da sbrilluccichìo a chi legge la sua vita particolarissima. L'Inter, il marketing, un figlio d'arte di nome Mattia che prova a farsi strada nelle giovanili del Padova. Per molti sarà sempre e solo il giocatore con il nome similare al '14 inglese', per pochi, ma buoni, un giocatore e un uomo sfaccettato. Oltre la sfera del cult.

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