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Foggia fansGetty

Foggia-Real Madrid: un Ferragosto da raccontare

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Immaginatevi una squadra di Serie C, con un buon passato in Serie A ma senza alcuna esperienza internazionale, che riesce a invitare per un torneo amichevole la squadra più famosa al mondo e i freschi campioni d’Europa in carica. Impossibile? Ebbene no, perché poco più di 30 anni fa una tifoseria abituata alle trasferte a Monopoli e Barletta si vide recapitato un Ferragosto da sogno. La storia dell’incredibile Ferragosto 1987 del Foggia è di quelle da raccontare. 

Innanzitutto, il contesto. Il Foggia nel 1987 è reduce dal suo quarto campionato consecutivo in Serie C1, terminato con un anonimo ottavo posto nonostante la guida tecnica di un 40enne Zdenek Zeman, destinato a tornare allo Zaccheria due anni più tardi per scrivere la Storia. Il presidente del club, Pasquale Casillo, è ancora lontano dal concepire Zemanlandia ma pensa in grande per altre vie: organizzare un torneo estivo, con la formula allora detta del “quadrangolare” che fa subito precampionato anni ’80. Semifinali poi finali, due partite a testa e tutti contenti, soprattutto gli ospiti che se ne tornano a casa come minimo con un sostanzioso assegno. 

Casillo organizza così la Coppa Durum, prendendo il nome da quello che 30 anni dopo verrebbe definito da quelli bravi il “core business” della sua azienda, ovvero il grano duro, da buon re della pasta. Per il torneo invita innanzitutto la Sampdoria, che pochi mesi prima ha perso contro il Milan lo spareggio per un posto in Coppa UEFA, ma che proprio nel 1987/88 avvia un ciclo che la porterà a vincere cinque titoli nei cinque anni successivi, scudetto incluso. 

I doriani incassano per il disturbo un assegno da 200mila dollari USA, circa 260 milioni di lire del tempo, la stessa cifra che viene elargita al Porto. Eppure i portoghesi sono un squadra di assoluto spessore: la primavera precedente hanno vinto la Coppa dei Campioni in una drammatica finale al Prater di Vienna contro il Bayern Monaco, sconfessando un quarto della maledizione di Bela Guttmann (“Da qui a cento anni nessuna squadra portoghese sarà due volte campione d'Europa”, ci penserà poi Mou nel 2004) e mostrando un calcio innovativo e spettacolare. Tuttavia, il mèntore di quell’impresa, Artur Jorge, ha già fatto le valigie destinazione Racing Matra Parigi (non andrà benissimo), sostituito da Tomislav Ivic, che due anni prima allenava così così l’Avellino e ora è al volante dei Campioni d’Europa in carica (spoiler: farà molto bene, vincendo in un anno tutto tranne la Coppa Campioni). 

Per completare il quartetto serve però l’invito col botto. Nel 1987 il Real Madrid è in una fase di rinascita dopo il periodo buio di fine anni’70. Reduce da due titoli nazionali consecutivi (ne seguiranno altri tre, per una clamorosa cinquina nella seconda metà degli anni’80) e da due vittorie nella sottovalutata Coppa UEFA, le Merengues si godono i frutti di un’eccezionale nidiata di talenti provenienti dalla “cantera”. Sono ben 5, il capobanda si chiama Emilio Butragueno, il “Buitre”, l’avvoltoio, e questo basterà a farli passare alla storia come la Quinta del Buitre.  

Una nuova fioritura su cui c'è in calce la firma di Ramon Mendoza, vulcanico e discusso presidente del Real. E' con lui che il Santiago Bernabeu da campo difficile diventa campo infernale, impossibile: prende forma in senso sportivo il concetto di "miedo escenico", incoraggiato da Mendoza ma consegnato poi alla cultura pop dagli scritti di Jorge Valdano. Così in Coppa UEFA per 6 volte tra il 1984 e il 1986 il Real rimonta al Bernabeu le sconfitte nella gara d’andata. 

Ma questa è un’altra storia. Casillo per convincere il Real offre un cachet doppio: 400mila dollari USA, circa 520 milioni di lire per due partite. Affare fatto, figurarsi. Un investimento da oltre un miliardo delle vecchie lire che Casillo giura di poter coprire con gli incassi allo Zaccheria, gli sponsor e la diretta TV sulla Rai: in questo modo, Foggia diventa a cavallo di Ferragosto il centro dell’Europa calcistica

Essendo nettamente la squadra meno forte delle 4, se proprio devi perdere tanto vale farlo con la squadra più prestigiosa. Ecco allora che la sera del 14 agosto 1987 allo stadio Zaccheria si gioca Foggia-Real Madrid. Non c’è il tutto esaurito ma poco ci manca, in compenso c’è Sua Maestà Bruno Pizzul a raccontare la partita in diretta su RAI3. In campo c’è poca storia e non potrebbe essere altrimenti, anche se al Real mancano tra gli altri Butragueno, Gallego e Camacho, ovvero una discreta spina dorsale. 

Sotto gli occhi di Ottavio Bianchi e Luciano Moggi, rispettivamente allenatore e ds del Napoli, i futuri avversari dei partenopei in Coppa dei Campioni segnano con Michel, Santillana e una sfortunata autorete di Abate su cross dello stesso Michel. Al Foggia resta la soddisfazione di un unico, platonico goal, che sigilla il punteggio sul 3-1 finale: al 67’ punizione dalla destra di Delio Rossi (proprio lui) e avvitamento in area di Marco Silvestri, che in una carriera spesa interamente tra C1 e C2 si recapitare dal cielo una serata da raccontare a figli e nipoti. 

L’unica nota, se non stonata, quantomeno singolare è legata alla maglia della formazione di casa: non il tradizionale rossonero con calzoncini neri, che sarebbe stata perfetta per immortalare una serata storica, bensì un improbabile bianco-rosso-nero con calzoncini bianchi e confusione garantita con il “blanco” Real e le immagini televisive ancora lontane dal Full HD. Un unicum, esattamente come la Coppa Durum e Foggia-Real Madrid, forse un motivo in più per farsi ricordare ancora a più di trent’anni di distanza. 

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