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Ferrante all'Inter: cinque mesi, un goal e il ritorno al Torino

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La lista dei giocatori che hanno scritto la storia del Torino è lunga, composta in gran parte dagli interpreti di quella grande squadra che nel 1949 conobbe un destino avverso: eppure, nella classifica dei marcatori granata più prolifici di sempre, c'è anche quel Marco Ferrante che di goal ne ha messi a referto ben 125, dato valevole il quinto posto tra i cannonieri all time della squadra davanti ad un certo Valentino Mazzola, fermo a quota 123. Solo questo basta per far capire quanto l'ex attaccante di Velletri abbia inciso sui risultati del Toro tra il 1996 e il 2004, otto anni di montagne russe e di sali e scendi dalla A alla B (e viceversa), oltre che di problematiche di natura societaria.

In mezzo a questo lungo periodo vissuto in maglia granata, trova spazio anche una piccola parentesi altrove: all'Inter di Massimo Moratti che, il 31 gennaio 2001, lo acquista con la formula del prestito con diritto di riscatto. Un'occasione, un'opportunità che il presidente nerazzurro non si lascia sfuggire: il Torino si trova in Serie B dopo la retrocessione dell'anno prima e al tecnico Marco Tardelli serve una punta affidabile e d'esperienza per completare il reparto avanzato. Per tutto il mese di gennaio si è parlato di un possibile approdo a Milano del 35enne Romario, profilo scartato però con decisione dall'allenatore. Da qui la scelta di virare su Ferrante, il migliore attaccante italiano in termini realizzativi del campionato precedente assieme a Vincenzo Montella (18 reti per entrambi).

Un cambio di rotta figlio delle difficoltà, da parte della dirigenza, di accontentare Tardelli che, in un primo momento, chiede Marcelo Salas, in fase calante con la Lazio e in odore di addio (poi soltanto rimandato all'estate con l'approdo alla Juventus). L'ex centrocampista ha ricordato questa sua richiesta in un'intervista concessa al 'Corriere dello Sport' nel 2015.

"Sono sincero: non mi trovai bene con qualche giocatore. Mentre vorrei dirle che, contrariamente a quello che molti pensano, Bobo Vieri è perfetto nella sua professionalità. Era serissimo negli allenamenti. Ma la verità è che quella squadra era combinata male. Avevo chiesto che venissero acquistati dei giocatori che poi, all’ultimo momento, non arrivarono. Per esempio, io Ronaldo non l’ho visto giocare tutto l’anno e al mercato di gennaio avevo chiesto come rinforzo Salas e mi arrivò Ferrante. Ottimo giocatore, ma non era Salas. Anno storto, capita".

Per strappare il prestito al Torino, Moratti si vede costretto a 'sacrificare' quattro promettenti giovani del vivaio interista, concedendo l'opzione per Semioli, Fissore, Peralta e Colombo. Per Ferrante - reduce da qualche frizione con il numero uno granata Cimminelli in merito ad una richiesta di ritocco dell'ingaggio - si tratta dell'occasione della vita: stesso stipendio percepito in Piemonte (2 miliardi e 800 milioni di lire) e tanta voglia di aiutare nella risalita una squadra in difficoltà, che concluderà la stagione al quinto posto in campionato e con una bruciante eliminazione in Coppa UEFA contro l'Alaves. Le prime parole di Ferrante da interista sono entusiastiche e denotano l'intenzione di mettersi immediatamente a disposizione di compagni e allenatore.

"Sono molto ambizioso, allo stesso tempo so bene che uno, il posto, in una squadra del genere deve meritarselo, senza mai distrarsi".

Ma a tutti questi buoni propositi non corrisponderanno mai ottimi risultati: vuoi per un contesto - come quello nerazzurro - ancora scosso dall'esonero di Marcello Lippi dopo il celebre sfogo andato in scena al termine della sfida con la Reggina, persa per 2-1, vuoi per la concorrenza in un reparto in cui a regnare incontrastato è Christian Vieri. Ferrante esordisce il 4 febbraio 2001 a Bologna, giocando gli ultimi 18 minuti a vittoria ormai acquisita; seguiranno i gettoni collezionati contro la Reggina (in campo dal primo minuto) e il Napoli, prima della sfida che, ad oggi, rappresenta il ricordo più positivo che il classe 1971 può annoverare in merito al suo soggiorno milanese. 

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Il 25 febbraio 2001 si gioca Inter-Udinese e i nerazzurri hanno l'obbligo di reagire dopo il passo falso del 'San Paolo' di una settimana prima: la Curva Nord è vuota, la panchina di Tardelli si fa sempre più traballante e la classifica non sorride affatto. Insomma, ci sono tutti gli ingredienti perfetti per un'altra domenica di passione e la rete del 'Pampa' Sosa dopo 16 minuti ne è la conferma: l'argentino anticipa Blanc sul primo palo e beffa Ballotta, per nulla perfetto nella circostanza. L'Inter inizia ad attaccare a testa bassa e trova il pari fulmineo, dopo soli 120 secondi: corner di Recoba, Blanc anticipa tutti e di testa batte Turci, facendosi perdonare la marcatura non irresistibile nell'azione del vantaggio friulano.

Da qui in poi - fatta eccezione per qualche sporadico attacco ospite - è un dominio assoluto da parte dei padroni di casa che hanno la grande opportunità di portarsi avanti: Turci interviene a valanga su Serena, costringendo l'arbitro Nucini ad assegnare il calcio di rigore; sul dischetto si presenta Di Biagio nel tentativo di esorcizzare una volta per tutte l'errore che nel 1998 era costato l'eliminazione dell'Italia ai Mondiali francesi, ma il suo destro è preda del portiere dell'Udinese che si allunga e devia con prontezza di riflessi. Sugli spalti di San Siro si respira un'aria rarefatta e la sensazione di un nuovo ribaltone si fa sempre più viva: Tardelli le prova tutte, compreso l'inserimento di Ferrante a cinque minuti dal termine, al posto di un fischiatissimo Hakan Sukur.

E' la mossa che si rivela decisiva per portare a casa i tre punti, che paga i dividendi proprio al 90': rimessa laterale di Brocchi per la spizzata aerea di Cordoba che pesca Ferrante, lesto ad insaccare con una girata che trova impreparati Sottil e Turci. L'esultanza è smodata, proprio sotto quella Curva Nord vuota in segno di protesta contro un rendimento non all'altezza, non da Inter. Poco male per Ferrante, che trova addirittura la doppietta nel recupero, cancellata da una posizione di fuorigioco rilevata dall'assistente. Resta, invece, la gioia per aver evitato al 'Biscione' l'ennesimo risultato negativo e, soprattutto, aver salvato la panchina di Tardelli, che a fine partita può tirare un lunghissimo sospiro di sollievo per essere riuscito a mantenere il posto con quella intuizione nel finale.

Questa, però, rimarrà l'unica marcatura di Ferrante con l'Inter che, a fine stagione e dopo undici apparizioni totali, lo rispedisce al Torino senza esercitare il diritto di riscatto. In granata giocherà per altre tre annate, prima dell'addio - stavolta definitivo - del 2004 per accettare la proposta del Catania. Nel 2013, qualche anno dopo il ritiro, nel corso di un'intervista rilasciata a 'ItaSportPress', Ferrante è tornato su quell'avventura che gli ha regalato solo pochi istanti di gloria e che avrebbe potuto essere decisamente più fruttifera: col senno di poi, una scelta sbagliata.

"Un altro passo sbagliato fu andare all’Inter a gennaio del 2001. La squadra nerazzurra non navigava in acque tranquille visto che Lippi non era riuscito a mantenere le premesse iniziali e successivamente fu allontanato. Con me in panchina c’era già Tardelli. Fu un anno terribile credo come quello appena concluso in termini di risultati perché quando un club come l’Inter non va in Europa è un fallimento. Perdemmo un derby 6-0, giocammo a Bari per la squalifica di San Siro e in coppa non andò meglio con l’Alaves. Mettete pure il motorino gettato in curva dai tifosi per capire che clima si respirava in quel periodo. Ognuno ha ciò che si merita e quindi non ho rimpianti. O forse sì".

Ferrante si trova, però, in ottima compagnia nella lista di coloro che all'Inter non hanno offerto il meglio: colpa, quasi sicuramente, di un ambiente ricco di tensioni e di 'primedonne', oltre alla confusione tecnica da cui derivavano stagioni gettate presto nel dimenticatoio dai tifosi. Strategie sbagliate e scelte affrettate, il mix 'perfetto' per il fallimento.

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