Capitan Tsubasa, o se volete più comunemente "Holly e Benji", ha fatto scuola: fonte di ispirazione per intere generazioni giapponesi cresciute con il mito di Oliver Hutton e degli altri componenti della New Team (la Newppy, o Nankatsu), storia tramandata da padre in figlio, fino ai giorni nostri.
Takefusa Kubo è un po' troppo giovane per aver guardato le prime serie dell'anime: magari, però, le avrà recuperate con gli anni. Sicuramente conosce Tsubasa e i suoi amici, le loro imprese con i club e con la nazionale giapponese: modello importante per chiunque nasca con il mito di un pallone che rotola in uno dei Paesi più affascinanti del globo.
Non ha vissuto i Mondiali condivisi con la Corea del Sud nel 2002: o meglio, non li ha vissuti con coscienza. A un anno appena compiuto, lui classe 2001, di quella competizione possiede solo l'eredità dei ricordi di chi gli sta intorno, compreso l'entusiasmo per un torneo che passerà alla storia come una delle pagine più belle scritte e firmate da Ronaldo, segno tangibile della sua venuta nel mondo.
GettyDi quell'anno, però, Kubo possiede anche una sorta di lascito, di proprietà del destino: da Yokohama a Madrid ci sono quasi 16 ore di volo e un'eternità di pensieri in mezzo. Milano compresa. L'impronta lasciata dal "Fenomeno" in Giappone, spinta per il suo passaggio al Real Madrid, è solo uno dei tanti intrecci del filo rosso che collega il vissuto del giovane Kubo al futuro.
La carriera del giapponese classe 2001, però, fin qui è stata tosta: non proprio quel che si addice a un predestinato, ma in linea con quanto accade ai vari "Messi del Paese X" che di tanto in tanto saltano fuori. A 10 anni il Barcellona lo preleva dal Kawasaki Frontale, squadra della sua città che milita in massima serie. La Masìa può dargli tutto: certe vicende, invece, possono toglierglielo.
La storia di Kubo si intreccia anche all’inchiesta della FIFA sui trasferimenti irregolari di calciatori minorenni del 2015, che lo costringono al ritorno in patria, all'FC Tokyo: in un certo senso, gli elementi per un anime a tema ci sono tutti. Gioca, giovanissimo, sia con il Tokyo che con gli Yokohama F-Marinos: ed è qui, nella città che ha rilanciato il mito di Ronaldo, che segna il suo primo goal tra i professionisti. Se non credete al destino, difficile da spiegare.
GettyTornando al Tokyo qualcuno deve aver pensato fosse ora di portarlo in Europa: il Barça ha continuato a seguirne le orme, il Real, però, gli offre l'opportunità per chiudere il cerchio.
Lo guardi e sembra uscito da un cartone animato: rispetto ai suoi compagni di squadra ha l'espressione di chi può lasciare la sua firma ovunque, quando e come vuole, con doti tecniche fuori dal comune. Ai Blancos, però, nonostante sia stato ingaggiato nel 2019, non ha ancora giocato una sola partita in prima squadra, se non in amichevole.
Il primo anno viene mandato in prestito al Mallorca, dove sigla 4 reti in 36 presenze, nella passata stagione gioca per metà anno al Villarreal (risulterà, alla fine, campione dell'Europa League, avendo collezionato 5 apparizioni e 1 goal), e per metà al Getafe. A 20 anni compiuti da poco, Takefusa Kubo vanta già 66 presenze e 5 sigilli in Liga. Non è uno qualunque.
GettyQuest'ultimo concetto, però, è anche ciò che sembra aver frenato la sua crescita esponenziale: fatta eccezione per l'esperienza al Mallorca, la scorsa stagione ha visto più ombre che luci. Lo slittamento delle Olimpiadi, in qualche modo, può aver dato un grosso aiuto a Kubo.
Con la nazionale olimpica giapponese ha messo a segno 3 goal in 4 partite, uno per gara contro Sudafrica, Francia e Messico, contribuendo alla qualificazione della selezione alle semifinali e con il primo che ben descrive quel che Barça e Real hanno visto nel ragazzo: palla al piede al limite destro dell'area di rigore, sfida l'avversario, rientra sul mancino e fa partire il tiro. Tecnica e rapidità.
E' senza alcun dubbio il suo momento, e quanto mostrato fin qui alle Olimpiadi lo conferma: resta da capire solo se Kubo sarà pronto ad affermarsi a livelli più importanti. Il prossimo futuro dovrebbe vederlo ancora in prestito, prima di rientrare alla base: il Real Madrid lo valuterà attentamente, poi deciderà se sarà arrivato o meno il momento di dar fiducia al giapponese con il sorriso sulle labbra e lo sguardo colmo di tranquillità. Uscito da un cartone animato, o quasi.
