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Quando Stephan divenne "il Faraone", sfiorando la Serie A: la stagione di El Shaarawy al Padova

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Il velodromo del “Franco Ossola” inganna la visione del telespettatore a tal punto da restituire un’immagine non veritiera di quel che sta accadendo sugli spalti, pieni, pienissimi in quello strano pomeriggio del 5 giugno del 2011.

I tifosi del Varese occupano praticamente ogni posto disponibile, dando corpo ai sogni che in quei giorni richiamano semplicemente al concetto di redenzione, dopo essere ripartito, poche stagioni prima, da un fallimento calcisticamente sanguinoso: in quel giorno di giugno, comunque, più di una persona ha pensato di essersi trovata di fronte alla possibilità di centrare la seconda promozione consecutiva, o almeno di giocarsi il ritorno in Serie A dopo 37 anni. Tutto questo, però, senza aver considerato un piccolo, ma sostanziale dettaglio, che si rifa’ spaventosamente al nome di Stephan El Shaarawy.

“Hai studiato?”, gli chiede qualcuno in conferenza stampa a maggio.

Non ha ancora compiuto 19 anni, quando Alessandro Dal Canto lo schiera titolare nel tridente del 4-3-3 del Padova, insieme a Marcos De Paula e Matteo Ardemagni: deve prendere la maturità, sta studiando per farlo. E, soprattutto, ha da poco iniziato a essere chiamato “il Faraone”, dalle parti dell’Euganeo.

“Sarò a Savona per i pre-esami: mercoledì, giovedì e venerdì. Salto alcuni allenamenti, purtroppo, ma gli esami sono obbligatori”.

È anche, e sostanzialmente, alla sua prima stagione da professionista: ha collezionato alcune presenze in Serie A con la maglia del Genoa, questo sì. Ha messo piede su un campo di massima serie a poco più di 16 anni, nel 2008, al Bentegodi contro il Chievo Verona: ma disputare un campionato completo è tutta un’altra storia.

Al Padova lo accoglie Alessandro Calori, ma è con Dal Canto che esplode definitivamente. Arriva dal “Grifone” con il pesante biglietto da visita di talento precoce lasciato “in officina” per due anni, nonostante la giovane età: succede questo, d’altronde, con quei giocatori che esordiscono molto presto, ma che vengono poi lasciati a crescere in Primavera. Gian Piero Gasperini, ad onor del vero, ogni tanto lo chiama in prima squadra, ma lo schiera per altre due volte: entra contro Juventus e Bari, ma la migliore soluzione è quella del prestito.

El Shaarawy Padova Reggina Serie BGetty

Oggi, per i suoi 30 anni, si può senza alcun tipo di dubbio affermare che senza quell’esperienza al Padova la carriera di El Shaarawy sarebbe stata parecchio differente. E in nulla, o quasi, ha inciso quella cresta così insolita, da essere sbattuta in homepage un giorno sì, e l’altro pure.

"A chi si concentra troppo sui miei capelli, ho consigliato di guardare un po' meglio la persona e il giocatore", ha raccontato a Repubblica dopo il suo trasferimento al Milan.

La stagione dell’esplosione di El Shaarawy inizia da titolare: pensate cosa voglia dire ritrovarsi in una squadra che ha come obiettivo quello di lottare per la promozione in Serie A, avere 17 anni ed essere alla prima esperienza da professionista. Fatto sta che alla quarta gara va in goal contro la Reggina.

Non è un Euganeo pieno, anzi: gira così, in quel periodo, da quelle parti. Calvarese prova a spiegare a Missiroli, prima del fischio d’inizio, che la sua scelta nel gioco della moneta non può essere cambiata. Stephan, invece, si presenta con un tiro a giro sparato in curva. È la prima occasione del match: il preambolo a quanto avviene alla mezz’ora. Davide Succi addomestica un pallone alto e disegna un corridoio per El Shaarawy che brucia sul tempo gli avversari, Francesco Acerbi compreso, e batte Puggioni per il vantaggio biancoscudato.

Le migliori premesse, quelle relative a una stagione costantemente in rete, si infrangono contro l’infortunio che dopo la sfida contro l’AlbinoLeffe, alla settima giornata, lo costringe a star fuori fino a gennaio 2011. Tendinopatia rotulea degenerativa bilaterale. Un nome inutilmente complesso e spaventoso. Ha 18 anni, Stephan. È stato da poco convocato dall’Under 19 dell’Italia e si parla persino di Under 21. Con calma, ma se ne parla. Tre mesi fuori sono una mazzata.

Torna a gennaio contro il Torino. Una settimana dopo va in goal contro il Novara. Rinasce definitivamente con l’arrivo della primavera: e, soprattutto, con la nomina di Dal Canto, avvenuta dopo il pesante ko contro il Cittadella, del 14 marzo 2011. Quante partite mancano? Ne mancano 10, alla fine del campionato: ecco, lui segna in 5 di queste, di cui 3 vittorie e 2 pari. La squadra con lui gira meglio: ma figuriamoci se è finita qui.

Avete presente il Torino? Sì, la partita del suo rientro dall’infortunio: simbolica, ma rimarrà l’unica in quel campionato per il “faraone”. Dopo essere stato premiato come miglior attaccante nel Gran Galà del Calcio, inserito nella Top 11 di Serie B, e nonostante la qualificazione agli Europei Under 19 sia stata ormai archiviata, la FIGC non lascia partire El Shaarawy per la sfida contro i granata. No. Senza El Shaarawy l’Italia avrebbe avuto solo 6 giocatori in panchina: siamo ai limiti del regolamento. Resta in Polonia.

L’episodio, se possibile, lo carica: l’attaccante italiano si presenta ai Playoff con una rabbia che gli si è vista, e riconosciuta, in parte del campionato. È famelico: ed è qui che arriviamo a quel 5 giugno. Il giorno in cui El Shaarawy è diventato, davvero, El Shaarawy: il pomeriggio del “Franco Ossola” che lo vedrà segnare una doppietta, quella che manderà il Padova in finale Playoff. Al secondo goal corre verso lo spicchio dei suoi tifosi e allarga le braccia: un gesto iconico, ai giorni nostri.

L’epilogo di quella stagione, l’ultimo atto degli spareggi contro il Novara, non è felice: i biancoscudati pareggiano in casa e perdono al “Silvio Piola”. Al 14’ Cesar viene espulso, al 17’ El Shaarawy viene tirato fuori da Dal Canto per mettere un difensore. È una scelta cruda e crudele, nei confronti di un ragazzo che, a 18 anni, avrebbe voluto spaccare il mondo, costretto ad aspettare l’occasione perfetta per la sua consacrazione che arriverà pochi mesi più tardi. Il resto è noto.

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