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Eduardo Getty/Goal

Eduardo, il brasiliano di Croazia: "Canterà entrambi gli inni"

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Eduardo Alves da Silva non è mai stato il classico brasiliano. Non è mai stato uno di quelli che rubava l'occhio sin dall'adolescenza. Non è mai stato il prodigio venuto dalle favelas pronto a spiccare il volo. Forse perché, in fondo, non è mai stato solo un brasiliano.

La svolta della sua vita è arrivata quando giocava nel Bangu, la squadra del suo quartiere. Eduardo faticava a trovare spazio con regolarità, ma un osservatore croato si convinse che quel ragazzo poteva dargli qualcosa. A lui e alla Dinamo Zagabria. Così Eduardo ha fatto le valigie e si è trasferito in Croazia con tutta la famiglia e con il grande amico (nonché compagno di squadra) Leandro.

Inutile dire che passare dal Brasile alla Croazia, come clima e rapporti umani, si è rivelato inizialmente un vero trauma. Specialmente per Leandro, che dopo qualche mese ha detto: "Sai che c'è? Io me ne torno in Brasile", lasciando Eduardo da solo a lottare per il suo sogno. Un sogno che pian piano ha realizzato, goal dopo goal. Prima nelle giovanili della Dinamo e poi nell'anno in prestito all'Inter Zapresic, concluso con 10 reti in 15 presenze.

A quel punto la strada era spianata. A 20 anni Eduardo diventava un titolare della Dinamo Zagabria. Goal, grandi giocate. Praticamente già un idolo dei tifosi. Ci è voluto poco prima che la federazione croata si facesse avanti offrendogli la cittadinanza. Eduardo ci ha riflettuto su, ma nemmeno troppo. Quel Paese, la Croazia, che lui riteneva inizialmente straniero, gli aveva dato un'opportunità che forse, il suo Paese di nascita, il Brasile, non gli avrebbe mai dato. E quindi ha detto sì, datemi pure la maglia a scacchi.

Nel frattempo la media goal di Eduardo cresceva di anno in anno. L'Under 21, con cui ha segnato 8 goal in 12 presenze, gli stava già troppo stretta. E' così, nel 2004, il 'brasiliano di Croazia' è diventato realtà, con la convocazione e il debutto in nazionale maggiore contro l'Irlanda. E poi, è accaduto. Ci sono volute appena tre partite per il primo magico intreccio della sua carriera con il Brasile, in un'amichevole giocata a Spalato. Per circa una ventina di minuti lui è l'attaccante della Croazia, mentre dall'altra parte, l'attaccante del Brasile è un certo Ronaldo.

Nel 2006, si è perso per un pelo il secondo incrocio con i verdeoro nel Mondiale tedesco. Se si fosse giocato un anno dopo, infatti, non ci sarebbero stati dubbi sulla sua presenza. Perché la stagione 2006/2007 di Eduardo è stata praticamente perfetta. Un'ode al goal. 34 centri in 32 presenze con la Dinamo Zagabria e primo posto nella classifica dei bomber europei insieme ad Afonso Alves che, solo per una questione di coefficiente maggiore, arriverà secondo nella classifica della Scarpa d'Oro dietro Francesco Totti.

Se aggiungiamo i 10 goal segnati nelle qualificazioni a Euro 2008 (vice capocannoniere dietro il nordirlandese Healy), l'annata in questione ha giustificato pienamente l'investimento di 8 milioni di sterline da parte dell'Arsenal per portarlo a Londra. Tutto andava alla grande, tutto girava per il meglio. Eduardo nei Gunners partiva dietro il duo Van Persie-Adebayor, ma è riuscito presto a farsi strada, segnando goal pesanti e contribuendo al primo posto in classifica della squadra di Wenger.

Tutto bellissimo, dicevamo. Fino a quel maledetto 23 febbraio 2008. Il giorno più doloroso e cupo della carriera di Eduardo. L'Arsenal giocava a Birmingham ed Eduardo partiva titolare al fianco di Adebayor. La sua partita, però, è durata appena 3 minuti. Un intervento folle del difensore Martin Taylor gli ha provocato la frattura di tibia e perone. Uno shock, già soltanto a vederlo. Figuriamoci a provarlo sulla propria pelle.

Eduardo Getty

Quel giorno ha cambiato tutto. E' stata la peggiore delle sliding doors. Eduardo ci ha messo un anno per tornare in campo, tra una serie di interventi chirurgici e il rischio concreto di non poter più giocare a calcio. Ha festeggiato a suo modo, con una doppietta in FA Cup al Cardiff, ma nei mesi successivi si è capito che la migliore versione di Eduardo era rimasta per terra sul prato di Birmingham.

Nel 2014, però. il destino gli ha voluto tornare in parte ciò che gli aveva tolto. In estate era in programma il Mondiale in Brasile, proprio in Brasile. Eduardo, che nel frattempo era diventato un leader allo Shakhtar, non ci sperava più di tanto in una convocazione. E invece la chiamata è arrivata. E sempre quello stesso destino ha voluto che la prima partita del Mondiale fosse proprio Brasile-Croazia.

"Ho parlato con mio figlio - il retroscena raccontato dalla madre - e mi ha detto di voler cantare entrambi gli inni, quello croato per lavoro, quello brasiliano perché il Brasile gli è sempre rimasto nel cuore”

Il 12 giugno 2014 la scena è tutta per il Brasile, ma in parte anche per lui. Le telecamere lo hanno ovviamente inquadrato durante l'inno verdeoro, nonostante fosse in panchina: occhi chiusi ed emozioni contenute a fatica. La Croazia gli ha dato una carriera, ma il Brasile sarà sempre casa sua. Ed è lì che, infatti, terminerà la sua carriera.

Eduardo

Quel Brasile-Croazia, invece, non lo giocherà. Il suo esordio ai Mondiali arriverà nella partita dopo contro il Camerun, con un assist per il goal del definitivo 4-0 di Mandzukic. Una soddisfazione che meritava. Un cerchio che è chiuso nel modo più giusto. Lì, ai Mondiali, nel suo Brasile. Con la maglia della sua Croazia.

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